La riunione della Federal Reserve è avvenuta, ancora una volta, nel picco dei mercati azionari a stelle e strisce, che hanno registrato performance a doppia cifra e record in serie anche nei primi nove mesi dell’anno, malgrado il rialzo dei tassi di interesse in corso e le promesse elettorali di Trump per ora non ancora materializzate.
Pur consapevoli che sia ancora lo stimolo monetario a trainare e condurre questa euforia dei listini. i quali non accennano ad una benché minima debolezza, eventualmente recuperata assai velocemente, il ciclo economico americano presenta alcune anomalie, che potrebbero in un futuro, più o meno breve, interrompere il secondo periodo economico più espansivo dalla seconda guerra mondiale ad oggi, almeno per estensione temporale.
Pil, indici manifatturieri, dei servizi e fiducia dei consumatori rimangono i capisaldi di questa crescita che ha superato gli otto anni, ma che non ha mai evidenziato la forza e la capacità di crescere in modo autonomo rispetto ai massicci aiuti monetari messi in capo dalla Federal Reserve, dal 2008 al 2015, ora azzerati e che saranno dimezzati lentamente nel corso del prossimo quadriennio.
Al contrario, ci sono alcuni settori e/o indicatori micro economici che vanno tenuti presenti, in quanto in passato sono stati precursori delle recessioni manifestatesi nei mesi o negli anni successivi.
Tra i settori merceologici, l’indebolimento delle vendite al dettaglio è emblematico di un rallentamento economico già presente e da monitorare. La chiusura massiccia del numero dei centri commerciali è impressionate e l’entità dovrebbe, di questo passo, superare quella già disastrosa del 2009, l’anno successivo allo scoppio della Grande Recessione.
L’auto, invece, grazie al salvataggio pubblico di General Motors e Chrysler nel 2009, è stato il settore trainante della ripresa economica, raggiungendo nel 2016 il picco di vendite superiore anche agli anni precedenti l’ultima crisi.
L’incapacità delle catene distributive di contrastare l’ascesa delle vendite online è evidente già da almeno un triennio, al pari del settore automobilistico, che ha ritardato il declino grazie alla necessità di sostituire un parco auto assai vetusto, finanziandolo con sempre più generosi, in termini di durata, prestiti personali.
Passando, invece, agli indicatori stupisce la caduta dei prestiti sia alle imprese industriali che commerciali da parte del sistema bancario statunitense.
Il grafico seguente, elaborato dalla Federal Reserve, testimonia che anche nelle due precedenti recessioni di questo secolo, il livello dei prestiti aveva incominciato a decrescere per poi addirittura flettere nel pieno della recessione.
Un altro indicatore da monitorare con attenzione è l’inclinazione della curva dei tassi e più, nel dettaglio, lo spread tra il rendimento del titolo governativo decennale e quello con scadenza a due anni. La dinamica dell’attuale situazione con uno spread che tende a ridursi è stato il segnale che ha preceduto sette delle ultime otto recessioni.
Infine, non è solo il rallentamento del ciclo creditizio ad allarmare gli economisti, in un momento nel quale la Fed inizia la sua strategia di “tapering” riducendo l’attivo di bilancio, ma in particolare la stagnazione della crescita degli utili aziendali.
I profitti delle società quotate sono, con oscillazioni piuttosto contenute negli ultimi anni, sulla linea del primo trimestre 2014, mentre il mercato azionario nello stesso periodo (tre anni e mezzo) è ancora salito. Le previsioni parlano di un ulteriore indebolimento nei prossimi tre trimestri e gli investitori stanno pagando un prezzo elevato per prospettive inferiori nel futuro.
CONCLUSIONI
Il mostruoso stimolo monetario immesso nel circuito finanziario da parte della Federal Reserve dal 2009 al 2015, sotto forma di diverse opzioni, ha permesso all’economia americana di uscire dalla più grave crisi subita dalla seconda guerra mondiale, ma non di superarla.
L’espansione creditizia, in tutte le sue diverse forme (mutui, carte di credito, finanziamenti auto e allo studio) ha superato i livelli del 2008 e la qualità dei crediti inizia di nuovo a deteriorarsi.
L’economia è ancora sostenuta dal settore dei servizi che riesce ad assumere ancora personale, per quanto con salari assai modesti in quasi tutte le sue componenti, ma incomincia a dare segnali di stanchezza in quello manifatturiero.
L’ago della bilancia è ancora una volta la Banca Centrale che dovrà contrastare un possibile rallentamento, plausibile dopo otto anni di espansione economica, con la necessità di alzare i tassi di interesse per poter fronteggiare la prossima crisi con l’inflazione che resta al di sotto delle stime e quella finanziaria (assets class sopravvalutate), invece, sempre più fuori controllo.
Un dilemma ancora irrisolto e di difficile soluzione anche per la prima Banca Centrale al mondo.