Al giro di boa del primo quadrimestre dei mercati azionari, nel complesso molto movimentato, lo S&P500 si conferma come il miglior indice mondiale, in quanto a performance da inizio anno e distanza molto contenuta dai massimi storici.
Il grafico evidenzia come l’indice americano sia l’unico, rispetto ai principali listini mondiali, a non essere sceso in zona di correzione (-20%) e ad avere recuperato la quasi totalità delle perdite registrate rispetto ai massimi storici od ai picchi del primo semestre 2015.
I listini europei registrano al contrario disavanzi in doppia cifra, superiori al 10%, rispetto ai massimi storici dello scorso anno, mentre nelle retrovie vi sono le Borse asiatiche, la gran parte delle quali evidenziano recuperi modesti ed indici in piena correzione con discese, rispetto ai massimi del 2015, anche superiori al 20%. L’ultima settimana di aprile ha confermato questo trend con il Nikkey, fanalino di coda, in ribasso del 5,16%, deluso dall’esito della riunione della Bank of Japan di fine mese. Nella prima settimana di maggio, invece, con Tokyo chiusa tre giorni per festività, il testimone dell’andamento negativo è passato a Shanghai.
La tabella seguente mostra, nell’ultima colonna, le performance degli stessi indici da inizio anno, confermando la forza relativa del principale listino americano che si mantiene in territorio positivo, malgrado la performance negativa dell’ultima settimana (-1,26%), una delle peggiori da metà febbraio.
La rotazione settoriale ha aiutato l’indice statunitense nel suo recente tentativo di scalata verso i nuovi massimi ed è sicuramente un segnale di forza del mercato. Ora il testimone dovrebbe passare alle small caps, ma potrebbe non essere più sufficiente a sostenere i listini.
La Federal Reserve rimane uno dei principali garanti del rialzo del mercato, in virtù della sua politica accomodante ed estremamente dipendente dalla pubblicazione dei dati macro economici. L’altra componente fondamentale di forte sostegno alle quotazioni è rappresentata dai buy backs azionari che anche nel 2016 rovesceranno quasi mezzo trilione di dollari sui listini a stelle e strisce.
Gli investitori rimangono preoccupati. Cina e petrolio sembrano aver perso lo smalto dei mesi precedenti e riprendono a scendere, mentre solo i tassi di interessi americani mostrano qualche segno di stabilità, dopo un inizio d’anno burrascoso.
Con la fine di aprile, questo “bull market” è diventato il secondo della storia per durata, ma forse il primo per mancanza di fiducia ed il più odiato da molti investitori che non vi hanno mai creduto. Rimane, infatti, dopo oltre sette anni di cavalcata, il più incompreso ed il più disallineato dai fondamentali, anche ora che tenta di nuovo di inanellare l’ennesimo record.