La siccità in California e le continue nevicate sulla costa Atlantica e nel Midwest. Da est a ovest due situazioni diametralmente opposte. Che cosa comporta per l’economia a stelle e strisce questa pazza stagione climatica ?
Partiamo dal freddo. Gli ultimi due inverni particolarmente miti ci hanno fatto dimenticare l’esistenza delle temperature rigide e dei blizzard, le tempeste di neve e gelo, che colpiscono tutta la regione centro orientale, dai confini canadesi fino a sud dei grandi laghi (Chicago) e alla costa atlantica (grande mela compresa).
Quest’anno New York è stata sommersa da cinque nevicate con temperature molto rigide, Chicago ha visto il lago Michigan ghiacciarsi ed un manto di neve pari a tre volte la media stagionale. In alcune cittadine del Midwest si sono superati i 30 giorni di nevicate da metà novembre, un vero record. Una vera odissea che però si è allargata anche ad alcuni stati del sud, nei quali il clima ostile non è abituale e di conseguenza la popolazione non è abituata a sopportarne i disagi. Si è visto il ghiaccio per le strade di Dallas inTexas ad inizio gennaio, con auto che pattinavano come birilli, un evento inconsueto fino all’ingorgo di Atlanta della scorsa settimana con autostrade bloccate con migliaia di macchine e persone costrette a dormire nei supermercati, perché non potevano rincasare. Il freddo, ma non la neve, è arrivato anche ad ovest. Nella California settentrionale sono andate distrutto metà delle coltivazioni di limoni con danni per $250 milioni.
Ovviamente si cerca di monetizzare l’entità dei danni in termini di mancato Pil nel trimestre passato ed in quello corrente, visto che il vortice polare è iniziato a fine novembre proprio in coincidenza con la festività del Thanksgiving (il giorno del ringraziamento che ricorre sempre il terzo giovedì di novembre) e ad inizio settimana ancora nevicava pesantemente a New York.
Le conseguenze più immediate colpiscono i trasporti. Decine di migliaia di voli sono stati cancellati negli ultimi due mesi. Aggiungiamo il trasporto stradale in tilt ed in parte anche quello ferroviario e tutte le persone che hanno disertato il lavoro non solo per problemi di viabilità, ma anche di salute. Il prezzo del gas è schizzato nell’ultimo bimestre del 20% per la forte domanda di riscaldamento e questo contiene la capacità di consumo degli americani penalizzati dal rialzo delle bollette domestiche. Nella disperazione generale c’è anche chi fa aumentare il proprio business sfruttando il clima avverso: i produttori di sale e le società di sgombero neve.
E’ evidente inoltre che in tali situazioni climatiche si preferisce o si è costretti a stare in casa. Le persone coinvolte sono meno inclini a frequentare ristoranti ed altri luoghi di divertimento, visitare un concessionario per cambiare l’auto od un agente immobiliare per vedere un appartamento. In parte si possono giustificare alcuni dati macroeconomici particolarmente negativi usciti nell’ultima settimana e relativi a gennaio, quali le vendite di auto (male Ford e GM, per la prima volta in calo sull’anno precedente dopo mesi di consecutivo rialzo) e l’indice manifatturiero che è crollato da 57 a 51,3 (ma rimane sempre sopra il 50, spartiacque tra espansione e recessione) provocando la caduta delle Borse nella seduta del 3 febbraio.
Tuttavia, l’incidenza di questo inverno sulla crescita economica non dovrebbe superare il mezzo punto di Pil nell’attuale trimestre. Diversamente, i dati negativi sono stati strumentalizzati dai media finanziari per giustificare l’imprevisto rallentamento: tutta colpa del freddo, come se l’inverno negli Stato Uniti non fosse mai esistito, per poter alimentare incessantemente il rialzo del mercato azionario domestico.
Ma la tempesta di neve ha colpito circa 22 Stati, mentre nei rimanenti 28 la vita ed i consumi non sono stati danneggiati.
Gli Stati del sud-ovest del Paese sono invece alle prese con la più terribile siccità dalla metà degli anni ’70 e quella che diventerà sicuramente, visto che continua a non piovere, la più severa da mezzo secolo.
Le immagini che giungono dalla California sono inquietanti. Laghi prosciugati per l’80%, invasi di acqua semivuoti (nella foto si vede il tubo di trasmissione dell’acqua ed il lago quasi completamente asciutto in fondo), fiumi in secca e montagne senza un filo di neve. La situazione sta degenerando negli ultimi mesi, ma il problema è reale già da diversi anni e si è aggravato negli ultimi due. Los Angeles ha avuto 12cm di pioggia nel 2013 contro una media stagionale di oltre 40. Alcune contee dell’interno ne hanno avuto invece non più di quattro centimetri.
Al terzo anno consecutivo di siccità i disagi e l’impatto economico negativo si stanno moltiplicando. In California è stato dichiarato lo stato di emergenza, l’acqua è razionata in molte città del sud ed a Los Angeles, il sindaco ha invitato i cittadini a ridurre i consumi del 20%, prima di dover imporre misure più drastiche. La città potrà avere acqua fino al 2015, incluso, ma non oltre, mentre ci sono aree (17 comunità con una popolazione di 40k abitanti) dove l’acqua finirà tra meno di 100 giorni, qualora non piova. L’ulteriore aggravante è che, anche quest’anno, nel periodo più piovoso (dicembre-febbraio,) le precipitazioni sono scarsissime. Sulla Sierra Nevada non c’è un filo di neve e questo acuirà il problema anche nei prossimi mesi. Gli agricoltori hanno rinunciato alla semina ed i raccolti dell’anno in corso saranno di conseguenza ridotti.
Tutti o quasi identificano la California con le città di Los Angeles e San Francisco o la Silicon Valley, sede delle più famose società tecnologiche al mondo (Facebook, Apple, Google, Twitter, etc..). Questo Stato incredibile che da solo è l’ottava economia del mondo, quindi superiore anche al Pil italiano, è anche molto agricolo ed è uno principali produttori di frutta e ortaggi e di allevamento di tutti gli Stati Uniti. Qui si coltivano l’80% delle fragole, il 95% dei broccoli, il 90% dei carciofi e così via. In sintesi il 50% della produzione agricola statunitense arriva dalla California nella quale sono presenti 80.500 fattorie (i famosi ranch).
I prati, utilizzati per il foraggio del bestiame, sono aridi quando normalmente, in questo periodo, hanno erba alta quattro metri. Gli allevatori sono stati costretti a vendere molti capi di bestiame per non doverli sopprimere per mancanza di cibo. La produzione di latte ovviamente si è contratta e tutta la catena alimentare è sotto pressione. Preoccupa non tanto il danno economico, difficile da stimare ma già superiore ai $5 miliardi e in probabile lievitazione, ma soprattutto le conseguenze future qualora la siccità, come sembra, dovesse protrarsi. Da metà anno ci sarà carenza di frutta e verdura disponibile in tutto il Paese ed i prezzi probabilmente saliranno.
La zona è a rischio di forte desertificazione e quindi ci potrebbe essere una emigrazione di massa di gran parte della popolazione nei prossimi anni, qualora la scarsità di acqua dovesse persistere.
Speriamo che sia sufficiente la danza della pioggia fatta dai Cow Boys californiani ad inizio settimana per profetizzare l’arrivo dell’acqua. Vedere secca ed arida una regione del mondo così bella, è assai desolante.