Nuovi record per gli indici azionari di New York e Francoforte, ma anche spread dei periferici che continuano a ridursi. Trimestrali delle società americane che deludono in molti casi e aprono scenari inquietanti sul futuro dei mercati azionari e dell’economia USA.
MERCATI FINANZIARI: Non si ferma l’euforia per le borse del vecchio continente. Nuovi massimi storici aggiornati quasi quotidianamente per Francoforte, malgrado il deludente dato sul Pil del 2013: +0,4%. Parigi, Madrid e Milano segnano i nuovi massimi da diversi anni.
Continuano i successi per le aste dei titoli di stato dei Paesi periferici. In settimana i titoli spagnoli toccano nuovi minimi di rendimenti. Il Portogallo ritorna nelle liste di investimento di alcuni fondi ed il rendimento del titolo decennale cala fino al 5,07%.
VALUTE: Impennata della sterlina nella seduta di venerdì grazie ai buoni dati sulle vendite al dettaglio di dicembre, i migliori dal 2004. Contro euro sale a 0,824, massimo da oltre un anno.
Euro in calo contro dollaro sempre a fine settimana. La valuta scende a 1.353, minimo da cinque settimane.
Movimenti anche sullo YEN, oggetto di pesante “carry-trade”. Il cross con il dollaro si è rafforzato lunedì salendo fino a 103 e mandando in negativo gli indici azionari. Pesantemente difeso è poi scivolato oltre 104 consentendo la corsa dei mercati ai nuovi record.
Ancora forti pressione su molte valute emergenti. Oltre alla lira turca (vedi sotto), il rand sudafricano segna il minimo da oltre cinque ed il rublo russo dal 2009 sempre contro il biglietto verde.
USA: fiducia dei consumatori in calo a dicembre, mentre le vendite al dettaglio inaspettatamente migliorano. Scendono sensibilmente anche i nuovi permessi abitativi e le nuovi costruzioni ma rispetto a novembre, mese nel quale erano saliti in misura eccezionale.
TRIMESTRALI USA: Pesanti delusioni nel settore della grande distribuzione. BEST BUY, uno dei leader nella vendita dell’elettronica di consumo, ha dichiarato volumi in calo del -0,8% rispetto allo scorso anno e fatturato -2,6%. Nulla di così grave se non fosse che le aspettative erano diverse con una crescita prevista del +2%. Calano i margini per gli eccessivi sconti che tutte le catene di distribuzione sono costretti ad applicare per attirare i consumatori e ridurre le scorte invendute. Il titolo è crollato di oltre un terzo in due sedute, bruciando 4 miliardi di capitalizzazione. Il mercato era convinto che la catena di negozi sarebbe uscita dalla crisi ed il titolo aveva segnato un +300% del titolo nel 2013, la migliore performance tra i 500 dell’indice principale. E’ l’ennesima testimonianza della insana follia raggiunta dal mercato azionario americano. Nello stesso comparto JC PENNEY, catena storica di abbigliamento con oltre 1.000 punti vendita, chiuderà 33 negozi e licenzierà 2.000 persone. Idem per Macy’s che ne lascerà a casa 2.500, chiudendo 5 grandi magazzini e per Sears, altro colosso storico della grande distribuzione, piombato in una crisi finanziaria che sembra irreversibile.
Tutte le cinque grandi banche hanno emesso le loro trimestrali con il solito trucco: hanno utilizzato riserve per mascherare perdite evidenti. Il numero di mutui è crollato in media del 50% rispetto alla metà dello scorso anno. Quasi tutte, a parte Citigroup, hanno battuto le attese pesantemente già ribassate.
Deludenti anche UPS (trasporto espresso) e INTEL (tecnologia) con crescita modesta rispetto al trimestre. La prima ha accampato la scusa del freddo (ma a dicembre è sempre freddo e non in tutti gli Stati), mentre la seconda sostiene che il mercato dei PC si stia stabilizzando, quando invece le vendite sono crollate di un altro -6,9% nel 2013 e per il settimo anno consecutivo. Va tutto così bene che il giorno successivo la società ha annunciato il licenziamento di oltre 5.000 lavoratori, pari al 5% della forza lavoro.
Era dal 2009 che la stagione delle trimestrali non iniziava così negativa. I presupposti sono preoccupanti non tanto per i sempre ottimisti mercati finanziari, ma soprattutto per l’economia reale. Se le aziende riprendono pesantemente a licenziare i consumi, già sotto pressione, incominceranno a calare.
TURCHIA: la lira turca continua a svalutarsi registrando nuovi record contro dollaro. La crisi politica è ormai insanabile. Il primo ministro sta eliminando gli oppositori, ma gli investitori che conoscono la situazione scappano con i loro capitali.
TAILANDIA in pieno stallo politico. Gli oppositori rifiutano le nuove elezioni previste per il 2 febbraio e bloccano parti strategiche della capitale. Aumentano gli scontri tra opposte fazioni e contro la polizia con ferite ed alcuni morti. Si rischia che il governo possa intervenire militarmente provocando un bagno di sangue.
AUSTRALIA: a dicembre calano i posti di lavoro per -22,6k contro una previsione di crescita di +10k. Scende di conseguenza anche il dollaro australiano ai livelli di tre anni fa verso il dollaro usa. Il movimento, iniziato già a metà 2013, è destinato a proseguire per la debolezza dei prezzi delle materie prime, delle quali il Paese è un grande produttore ed esportatore.
CINA: Una banca ombra, il circuito parallelo di finanziamenti utilizzato dalla aziende cinesi, ha dichiarato che non riuscirà a rimborsare un prestito di 492 milioni di dollari in scadenza a fine mese. Per ora la banca centrale ha smentito qualsiasi intervento a sostegno e si attende di verificare quali possano essere i rischi di contagio.
BRASILE: banca centrale alza a sorpresa i tassi di ben mezzo punto contro i 25 centesimi previsti, portando il tasso ufficiale al 10,5%, uno dei più alti al mondo.
EUROPA: tassi Portogallo ancora in forte discesa sulle aste a 3 e 12 mesi. Il trimestrale è stato fissato al 0,495% (precedente a novembre 1,076%) ed il titolo annuale al 0,869% (1,493%).
EURIBOR: riprende a salire tornando ai massimi da agosto 2012. In settimana il tasso a tre mesi è passato da 0,282% al 0,30%. Manca liquidità sul mercato interbancario e questo è il principale motivo del rialzo.