Il mondo brucia in una serie di conflitti anche cruenti, spesso dimenticati dalle cronache televisive. Solo i morti, se numerosi, fanno ancora notizia, anche se solo per qualche ora. Ogni continente ha ormai almeno un pericoloso focolaio di guerra civile. L’Europa ha l’Ucraina, oltre ai soliti Balcani in rivolta (Serbia e Bosnia), l’Asia ha la Tailandia, l’America Latina ha il Venezuela, l’Africa né è sempre stata costellata, ma ora i più pericolosi e preoccupanti sono nella parte settentrionale in due Paesi strategici: la Libia e soprattutto l’Egitto. Tensioni che partono da lontano e sono spesso frutto di decenni di separazione o condivisioni coatte di popoli. Le divisioni e le secessioni sono state frequenti anche in Europa in un recente passato. Alcune cruente, come la disgregazione della ex-Jugoslavia, ed altre pacifiche come la separazione tra Cechia e Slovacchia. Persino impensabili regioni come la Catalogna e la Scozia sembrano volere una loro identità nazionale separata.
Non c’è da stupirsi pertanto della rivolta ucraina di questa settimana. Un popolo che non ha mai avuto una propria identità, essendo stato governato prima da i polacchi e poi dai russi nell’ultimo secolo. Dietro le spinte nazionaliste, russe, europeiste e neo naziste, si celano intrecci politici ma anche economici e finanziari con banche e società di investimento, che giocano spesso un ruolo autorevole nella gestioni delle crisi nazionali. Se pensiamo che le dimissioni e la successiva fuga del presidente filo russo Yanukovic ed il ritorno in auge della imprigionata Tymoshenko siano la risoluzione dei problemi e la fine delle ostilità, non conosciamo la storia recente del Paese e della Russia. La spaccatura politico-etnica è così evidente che una nuova scissione europea è molto probabile. Tutti i leader hanno sbagliato nelle crisi politiche che sfociano nel sangue e non solo in Ucraina. La madre di tutti i problemi è la corruzione e l’avidità dei gerarchi al potere. Dietro a politiche populiste applicate dagli ultimi governi o pseudo dittatori in Tailandia, Ucraina e Venezuela ci sono anni di malversazioni e ruberie che depauperano le casse degli Stati. Condotte reiterate e cicatrizzate negli anni passati, ma sempre nascoste dalla forte crescita economica.
Poi di colpo si abbatte la mannaia con la recessione mondiale ed i nodi vengono al pettine repentinamente. I leader politici vengono detronizzati o contestati. Molti vengono cacciati democraticamente attraverso libere elezioni, altri invece resistono facendo uso della forza. Ma la fame e la disperazione sono uno tsunami inarrestabile. La situazione precipita rapidamente in molti contesti regionali già molto deboli.
Scappano gli investitori e con loro la finanza, artefice in alcuni casi di un boom irreale. Turchia e Tailandia sono i casi più lampanti. Il rubinetto si chiude ed il flusso di denaro si blocca. I soldi cercano altri lidi che pensano al momento più sicuri. Sembra uno scenario molto concreto, anche se molto cinico e poco romantico.
Mai negli ultimi anni abbiamo avuto crisi politico economiche così eclatanti e numerose a livello planetario.
Fra le ultime, alcune sono scoppiate in Paesi ricchi come il Venezuela e la Libia, tra i primi produttori di petrolio al mondo. Viceversa, non possiamo dire che Tailandia ed Ucraina siano due Paesi poveri, se fossero stati meglio amministrati.
In tutto questo la finanza ha le sue gravi responsabilità, anche maggiori degli stessi governanti corrotti ed in malafede. Sin dallo scoppio della crisi, un nuovo fiume di denaro è stato creato dal nulla ed i tassi a zero hanno alimentato la propensione al rischio. I capitali in eccesso hanno preso la via di nuovi mercati emergenti, alimentando solo la speculazione finanziaria. Questo accade però anche nei mercati più evoluti, dove l’industria ha lasciato il passo alla finanza ed il guadagno facile alla fatica e al sudore. La crisi sembra non averci insegnato proprio nulla se una società tecnologica come Facebook, nata solo un decennio fa e con un fatturato ancora modesto, acquisisce un potenziale concorrente (Whatsapp) pagandolo quasi 1.000 volte il fatturato. Altri tempi direte, ma la moderna finanza “creativa” è la madre di tutte le bolle e delle principali crisi politico ed economiche che stanno scoppiando come palloncini intorno a noi. Le diseguaglianze sociali ed economiche si sono ampliate dal 2008 ad oggi in quasi tutto il mondo e questo sarà fonte di nuove tensioni sociali nel prossimo futuro.