E’ la più grande kermesse tedesca e una delle più importanti e conosciute in tutto il mondo giunta quest’anno alla 180esima edizione. Sfilano personaggi famosi e dello spettacolo in tipico costume bavarese quali l’ex pilota di formula 1 Michael Schumacher e tutta la squadra locale del Bayern Monaco, neo campione europea.
Passando dal glamour all’economia reale questa fiera di due settimane è un interessante indicatore dell’andamento della locomotiva tedesca.
Nei 16 giorni di apertura sono stati registrati quest’anno 6,4mln di visitatori che hanno bevuto 6,7mln di litri di birra. L’evento è stato sicuramente sottotono con presenze in linea con l’anno precedente ma in calo del -7,2% rispetto al 2011. Anche i consumi di birra sono diminuiti del -3% verso il 2011 e del -10,6% rispetto all’anno prima (2010) l’anno con 6,9mln di visitatori ed il record storico di 7,5mln di litri bevuti.
Sono diminuiti anche il numero di mucche e vitelli – 2,6% e -1,7% arrostiti rispetto al 2011.
E come sempre il colpevole è il clima. Il direttore della festa ha concluso che la pioggia ed il freddo nella seconda settimana hanno penalizzato le presenze.
Il 1985 registrò la massima presenza con 7,1mln di persone mentre il livello pre-crisi di 6,94mln di bicchieri (tutti da un litro) bevuti è stato superato sia nel 2010 che nel 2011 ma non nei due ultimi anni.
E solo un problema di sete o di clima o dobbiamo trarre qualche altra conseguenza. Forse l’economia tedesca non è tutto oro o birra che cola.
La prima considerazione e che l’economia teutonica è troppo dipendente dalle esportazioni ed i consumi interni languono per la stagnazione dei redditi come in quasi tutte le economie sviluppate e non solo europee (gli Stati Uniti hanno lo stesso problema).
Nei giorni scorsi abbiamo avuto la conferma di un mercato del lavoro interno molto sostenuto ma con forti diseguaglianze. Le tanto acclamate riforme del lavoro che stanno implementando anche nei Paesi mediterranei consentono in Germania di assumere lavoratori per mini-jobs con salari mensili intorno ai 400 euro. Il numero di queste posizioni è in continua crescita e danneggia (dumping) anche i lavori meglio retribuiti per la opportunità dei datori di lavoro di poter scegliere tra una domanda di lavoro anche qualificata ma disperata. Così si spiega un tasso di disoccupazione del 6,9%, tra i migliori in Europa, ma con diseguaglianze sociali sempre più marcate.