La notizia è quasi scontata ed anche noiosa: il nuovo record storico dello S&P500 e del Dax. In Ucraina continuano ad ammazzarsi, ma sostengono di avere raggiunto una tregua che è partita da domenica 15. La Grecia è, invece, allo stremo con la banche in grave crisi di liquidità e dovrà in qualche modo trovare un accordo con l’Europa per evitare un rovinoso fallimento. Sempre in Europa, anche la Svezia si è aggiunta a Svizzera e Danimarca abbassando i tassi di interesse sotto zero.
Infine, anche i dati americani, usciti in settimana, confermano un malessere generalizzato dell’economia a stelle e striscie con un inizio anno assai deludente.
Euforia fuori luogo per la crescita Europea, a macchia di leopardo. Stiamo parlando ancora, tuttavia, solo di decimi di punto ed ottenuti in virtù del calo del petrolio e dell’euro, con tassi a zero ormai da anni.
MERCATI FINANZIARI: Anche il Nasdaq, l’indice tecnologico amaericano, si avvicina alla soglia dei 5.000 punti ed al famoso record del marzo 2000 pochi punti sopra.
Il grafico seguente evidenzia la bolla anche dei mercati azionari europei, mai così elevata in relazione al crollo sulle aspettative sugli utili aziendali.
Recupero del mercato azionario greco ed anche dei titoli di stato sulla speranza di un accordo con l’Europa nei prossimi giorni. Titolo decennale soto il 10%, fino al 9,2% dal 11% della scorsa settimana. Anche la scadenza a tre anni scende al 17,2% dopo aver sfiorato il 20%.
Si avvicinano, invece, fino ad annullarsi gli spreads tra Italia e Spagna per poi riallontanarsi ma solo di cinque basis points. L’effetto Syriza/Podemos e la fame di rendimenti spingono maggiori acquisti sul BTP domestico, rispetto al BONOS spagnolo.
Continua invece l’imprevista risalita del Tresuary americano. Il titolo a dieci anni è passato dal rendimento di 1,65% al 2,01% in sole due settimane.
MERCATI EMERGENTI
Non cambiano i temi dalla scorsa settimana. L’anarchia in Libia è sempre più dilagante e gli estremisti islamici hanno conquistato anche la città di Sirte. Si parla di un intervento armato internazionale nel Paese, presente anche l’Italia.
In Turchia, invece, la lira ha toccato nuovi minimi storici verso il dollaro fino quota 2,5.
KAZAKHISTAN: Il presidente kazako Nazarbaiev ha annunciato tagli di bilancio drastici respingendo, tuttavia, la possibilità che vi sia una nuova svalutazione del tenge, la moneta locale, in un momento in cui il Kazakistan sta subendo in pieno i contraccolpi della caduta dei prezzi del petrolio e della crisi economica in Russia. Il presidente ha chiesto all’esecutivo di diminuire del 10 per cento la spesa pubblica senza intaccare le prestazioni sociali e ha chiesto alle società locali di “rispettare gli interessi comuni”, conservando i loro depositi in valuta locale.
Nazarbaiev, inoltre, ha escluso una nuova svalutazione della moneta, come quella che è stata decisa a febbraio scorso in reazione all’indebolimento del rublo, provocando manifestazioni nella più grande città del paese, Almaty.
RUSSIA: leggero recupero del rublo in settimana, solo grazie alla debolezza del dollaro USA. La crisi economica sta iniziando veramente a farsi sentire, a causa del crollo del prezzo del petrolio, mentre l’inflazione oltre il 10%, incide sul già precario potere di acquisto della popolazione.
UCRAINA: non è chiaro se il Paese abbia firmato l’accordo per un finanziamento da $17 miliardi dal Fondo Monetario Internazionale, denaro che non finirà ad aiutare l’economia, ormai in bancarotta, ma sarà dirottato probabilmente nelle operazioni belliche.
Le riserve in valuta sono scese in soli cinque mesi dai $16 miliardi a poco più di $6.
Il governo alza le stime dell’inflazione per il 2015 al 26%, dal precedente 13%. E’ previdibile che non sarà l’ultima revisione al rialzo.
In basso è rappresentata la zona controllata dai ribelli filorussi i quali, avendo recentemente guadagnato una buona fetta di territorio, difficilmente accetterano la tregua siglata, invece, dagli statisti internazionali. Anche i nazionalisti ucraini non intendono comunque lasciare le loro posizioni ed il conflitto è destinato ad estendersi, invece di affievolirsi. In questo contesto l’Italia latita con una posizione molto ambigua, mentre la Grecia si è già schierata contro nuove sanzioni alla Russia e l’abolizione di quelle già applicate.
EUROPA (Zona Euro): economia del vecchio continente rinfrancata dalla crescita trimestrale del Pil, migliore delle attese, e dal proseguimento della crescita delle vendite al dettaglio negli ultimi mesi.
GERMANIA: Pil della Germania nel quarto trimestre sale del + 0,7%. L’aumento è superiore alle attese degli analisti che solo poche settimane fa stimavano invece un +0,3%.
L’inflazione in Germania scende sotto zero a gennaio per la prima volta da 5 anni, soprattutto a causa dei bassi prezzi del petrolio. I prezzi al consumo si attestano a -0,4% annuale, secondo i dati finali dell’ufficio nazionale di statistica. I dati preliminari indicavano -0,3%, dopo il +0,2% di dicembre. L’ultima volta che l’inflazione e’ scesa in negativo in Germania e’ stato nel settembre 2009.
In rialzo il saldo della bilancia commerciale tedesca a 19,1 mld di euro; nel 2014 avanzo record a 217 mld, grazie ad un incremento delle esportazioni del +3.7%. Nel grafico si realizza l’impressionante progressione che mette in difficoltà gli altri Paesi della zona euro, i quali importano deflazione nel tentativo di reggere la competitività teutonica.
OLANDA: vendite industriali -8.4% a gennaio, sull’anno precedente, rispetto al -5.4% di dicembre. Produzione manifatturiera in calo a dicembre del -0,1% rispetto al +0,3% previsto; -2,2% su anno contro una stima di +0,2%.
FRANCIA: indice di fiducia dell’attività economica sale a gennaio a 98 dai 97 di dicembre. Il Pil del quarto trimestre si attesta a +0,1%, sul mese precedente, in linea con attese e stime governo.
AUSTRIA: emessi 450 milioni di titoli a 30 anni al tasso dell’0,827%, in sensibile calo rispetto all’1,8% dell’asta precedente.
PORTOGALLO: Pil sale del +0,9% nel 2014, dopo il calo di -1,4% nel 2013, ma grazie anche ad una ripresa della domanda interna.
ITALIA: Nel 2014 il Pil italiano corretto per gli effetti del calendario è diminuito del -0,4%, mentre nell’ultimo trimestre è rimasto desolatamente invariato. Produzione industriale in Italia a dicembre +0,4%, secondo mese consecutivo di crescita.
Il Pil pro capite nel Mezzogiorno è la metà di quello del resto del Paese. Lo afferma l’Istat, che ha reso noti i Conti territoriali relativi al 2013, che mostrano al Sud un livello di Pil pro capite di 17,2 mila euro, pari al 45,8% rispetto al Centro-Nord”. Nel 2013 il Pil per abitante risulta pari a 33,5 mila euro nel Nord-ovest, a 31,4 mila euro nel Nord-est e a 29,4 mila euro nel Centro.
Al 31 dicembre del 2014 il debito pubblico italiano è stato pari a 2.134,9 miliardi di euro. Nel 2013 il debito è aumentato di 66,2 miliardi. Alla fine dell’anno precedente il debito era di 2.068,7 miliardi, pari al 127,8% del Pil. Sul fabbisogno ha inciso per 4,7 miliardi il sostegno finanziario ai paesi dell’area dell’euro (13 miliardi nel 2013). Complessivamente nel quinquennio 2010-14 il contributo italiano al sostegno finanziario ai Paesi dell’area dell’euro è stato pari a 60,3 miliardi: sono stati concessi prestiti bilaterali alla Grecia per 10 miliardi nell’ambito del primo programma di aiuti; il contributo al capitale dello European Stability Mechanism (Esm) è stato pari a 14,3 miliardi (2,9 nel 2014); la quota di pertinenza dell’Italia degli aiuti erogati dallo European Financial Stability Facility (Efsf) è stata pari a 36 miliardi (1,8 nel 2014). Di questi ultimi, 27,2 miliardi sono stati concessi alla Grecia nell’ambito del secondo programma, 5,2 al Portogallo e 3,5 all’Irlanda. Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è cresciuto di 75,6 miliardi, a 2.035,6, mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 9,4 miliardi, a 99,2; il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato.
Nel mese di dicembre l’indice destagionalizzato della produzione industriale è salito del +0,4% sul mese precedente. È la prima volta dal bimestre settembre-ottobre del 2013 che la produzione mostra un incremento per due mesi consecutivi: a novembre 2014 l’indice era infatti aumentato di 0,3 punti su base congiunturale. L’indice corretto per i giorni lavorativi ha registrato un incremento dello 0,1% su base annua dal -1,9% di novembre, rivisto da -1,8%.
SPAGNA: prezzi al consumo in forte calo anche a gennaio -1.3% sull’anno, ma in rialzo (+0,2%) nella componente CORE che esclude oil & food. Si tratta comunque del settimo mese di deflazione consecutivo per il Paese iberico.
GRECIA: settimana delicata per le sorti economiche del Paese. Nessun accordo ancora raggiunto sul salvataggio o l’estensione del piano o riduzione del debito. Le reciproche posizioni sono ancora distanti ed è tutto rimandato a lunedì 16, ma la liquidità nelle banche già scarseggia. Secondo recenti indiscrezioni, il ritmo dei prelievi giornalieri ha raggiunto il miliardo.
Riprende a scendere il Pil del quarto trimestre del -0,2%, rispetto al +0,7% del terzo, ma in crescita rispetto allo scorso anno (+1,8%). Tuttavia, in sei anni di crisi, il Pil ellenico è sceso in termini reali del -26%.
Scende la produzione industriale a dicembre del -3,8% su anno, rispetto al +2,5% di novembre. Altri dati recenti nell’articolo sul rischio GREXIT.
EUROPA (extra Euro)
SVIZZERA: Il bilancio federale della Svizzera è finito in deficit per la prima volta da 10 anni, con un passivo da 124 milioni di franchi sul 2014. Una cifra comunque trascurabile, quella comunicata dal governo, ma che si è rivelata di natura opposta alle attese che stimavano un avanzo di bilancio da 121 milioni. L’asta settimanale del titolo a 3 mesi fa registrare un nuovo rendimento minimo a -1.373%, rispetto al precedente -1.301%.
SVEZIA: la corona crolla ai minimi da sei anni rispetto al dollaro, a seguito della decisione della Banca Centrale di tagliare i tassi al -0,1% e di effetuare un mini-QE di titoli di stato governativi per $1,2 miliardi. Solo cinque anni fa i tassi di interesse erano al 5%.
Questa manovra è molto pericolosa perchè inflazionerà la già evidente bolla immobiliare nel Paese.
Il tasso di inflazione a gennaio è calato al -0,3%.
DANIMARCA: ci si aspettava il quinto taglio dei tassi in un mese, rimasti invece al -0,75%. E’ arrivata invece nel weekend la notizia di un attentato di matrice islamica con morti e feriti nella capitale danese
NORD AMERICA
STATI UNITI: l’economia americana non è così in salute come i mass-media finanziari la dipingono. Infatti, i dati macroeconomici rilasciati da inizio anno mostrano il peggior deterioramento dal 2006 ed inizio anno dal 2009.
Crollano i prezzi all’importazione del -8% sull’anno precedente e del -2,8% sul mese, a causa della discesa del prezzo del petrolio. Si tratta comunque di un nuovo forte impulso deflazionistico, anche negli USA.
Dopo sei mesi di continua ascesa ed aver toccato il livello massimo da 11 anni, inizia a scendere anche l’indice di fiducia dell’Università del Michigan, termometro dei consumi privati. L’indice si inabissa a 93.6, rispetto al 98.1 previsto ed al 103 raggiunto nei mesi precedenti.
TRIMESTRALI USA: la stragrande maggioranza delle società dell’indice S&P500 che sono già uscite con i dati ha confermato cali di fatturati, anche imbarazzanti, ma ignorati dai mercati. Molte società stanno proseguendo in silenzio a licenziare personale: dal settore della grande distribuzione nel quale Target ha annunciato altri 500 esuberi nel quartier generale di Minneapolis, all’energia con Halliburton (trivellazioni) che elimina 5-6000 persone, alla finanza con Bank of America che taglia altri 250 unità nel settore mutui nella sede di Charlotte, fino alla tecnologia, dove anche un gigante come Yahoo ha soppresso, in settimana, quasi 200 posti di lavoro (1% del totale) per ridurre i costi.
ASIA
GIAPPONE: -18,8% surplus partite correnti 2014, minimo dal 1985. Pesano indebolimento yen e importazioni combustibili fossili. Tassi in ascesa nell’ultimo mese nel Paese del Sol Levante. Vedremo, nelle prossime settimane, se si tratta solo di un rimbalzo correttivo o, invece, la Banca del Giappone ha perso il controllo sul debito e gli investitori cominciano a vendere i bond giapponesi, i rendimenti dei quali potrebbero salire esponenzialmente, mettendo in difficoltà la sostenibilità del gigantesco debito pubblico.
CINA: crollano le importazioni cinesi a gennaio, mentre l’export registra il peggior inizio anno dal 2009. Import – 19,9%, rispetto ad una previsione del -3,2% ed export -3,3%, contro una stima del +5,9%. La crisi sta iniziando a mordere anche in Cina, malgrado la si continui a negare.
E import….
INDIA: esportazioni scendono del -11.2% a gennaio sull’anno precedente ed importazioni -11.4%. Tuttavia l’India sembrerebbe in ripresa ed avvicinarsi ai ritmi di crescita della Cina (6% circa), ormai molto rallentati.
AUSTRALIA: tasso di disoccupazione sale al livello più elevato degli ultimi 13 anni al 6,4% dal precedente 6,1%. Tuttavia il mercato azionario è salito del +11% nelle ultime diue settimane, raggiungendo il massimo dal maggio 2008.
MATERIE PRIME: petrolio che tenta il rimbalzo chiudendo poco sotto i $53. I licenziamenti nel settore energetico per la caduta degli investimenti hanno già superato, nel mondo, le 100.000 unità.
Oro ancora sotto pressione, piegato dalla euforia dei mercati che non lascia spazio al bene rifugio. Si sgancia, invece, l’argento, che tenta di risalire.
BANCHE: secondo Banca d’Italia i depositi a vista sono cresciuti a dicembre del +1,1% sul mese precedente e del + 9.2% su anno, con un rendimento medio del +0.3%
Il dato di dicembre ha confermato il lento rallentamento della flessione dei prestiti bancari. Nell’area euro la variazione su base annua del credito al settore privato è stata pari al -0,4% (-1,9% nel 2013), sintesi di un calo dei prestiti alle imprese dell’1,3% (-3% nel 2013) e di una sostanziale stabilità di quelli alle famiglie (-0,3% rispetto al -0,1% del 2013).
VALUTE: l’euro tenta ancora un rimbalzo, trascinato dalla volontà di cercare una soluzione alla crisi greca e grazie anche al rimbalzo del petrolio. Chiusura di settimana a 1,14. La debolezza settimanale del dollaro da un po’ di respiro alle disastrate valute emergenti, ma probabilmente solo temporaneamente.
Sterlina britannica registra invece il nuovo massimo da sette anni contro euro, sotto a 0,74.
SINTESI: i debiti mondiali, questo noioso argomento sul quale spesso ritorno. Già, ma non sono l’unico ora a preoccuparsene. Negli ultimi sette anni i debiti governativi sono saliti sia in valore assoluto che percentualmente rispetto al Pil, come mostra il grafico dell’Economist.
I debiti sono un fardello pesante per la crescita delle attuali e future generazioni. Anche a tassi di interesse, ora modesti, vanno pagati e restituiti, ma ci vuole una crescita sostenuta che ora latita. E’ quello che manca a moltissimi Paesi, troppo indebitati, i quali sono spendono una fetta sempre maggiore del bilancio pubblico solo per gli interessi sul debito.
La Grecia sta alzando bandiera bianca: due tagli del debito in quattro anni non sono stati sufficienti. Troveranno una soluzione pasticcio, anche questa volta, per accontentare i mercati, ma ormai il problema è conclamato e una soluzione dolorosa andrà comunque negoziata.