Quella trascorsa è stata una settimana nera con la peggiore apertura annuale dei mercati azionari mondiali della storia.
Gli indici azionari del pianeta sono crollati ovunque con perdite comprese tra il 5 ed il 15% trascinati al ribasso dalle preoccupazioni per la crescita cinese. Il dato positivo sulla occupazione americana, a fine settimana, non è stato infatti sufficiente a risollevare le sorti dei mercati finanziari.
Lunedì si parte con la nuova stagione di trimestrali americane, previste in calo per il terzo trimestre consecutivo.
MERCATI FINANZIARI: lo S&P500 chiude la settimana con un calo del 6%, il Dow Jones del 6,2% ed il Nasdaq del -7,3%. Peggio ancora il bilancio delle Borse asiatiche e di quelle europee, la cui discesa si avvicina al 5%. Gli indici azionari hanno rotto i primi supporti importanti e potrebbero proseguire il ribasso, anche nelle prossime settimane.
L’obbligazionario governativo americano diventa un bene rifugio, in momenti di forte turbolenza, ed il rendimento del titolo decennale cala al 2,14%.
MERCATI EMERGENTI
Si dimostrano ancora una volta il vero focolaio della crisi con economie troppo indebitate e dipendenti, in misura eccessiva, dall’estrazione ed esportazione delle materie prime.
BRASILE: non c’é pace per l’economia carioca che continua a pubblicare numeri sconsolanti. L’ultimo riguarda la produzione industriale a novembre che cala del 12,4% rispetto allo scorso anno.
RUSSIA: Pil in declino del -4.1% nel terzo trimestre rispetto al 2014, dopo un calo del -4.6%, sempre annuale, nel secondo trimestre.
ARABIA SAUDITA: economia in crescente difficoltà a causa del persistente crollo del prezzo del petrolio, che rappresenta il 90% delle entrate fiscali, del crescente deficit pubblico previsto al 15% del Pil e dall’escalation della tensione geopolitica nell’area Medio Orientale con l’Iran, nemico di sempre.
Il governo saudita ha confermato la possibilità di privatizzare parte del colosso pubblico petrolifero Aramco per fare cassa.
EUROPA (AREA EURO)
Inflazione in rialzo del +0,2% a dicembre sull’anno precedente ed invariata rispetto a novembre.
Indice Pmi composito (manifattura + servizi) sale a 54.3 a dicembre da 54.2 di novembre.
Indice di fiducia economico cresce a 106.8 a novembre dai 106.1 di ottobre.
Vendite al dettaglio scendono dello 0,3% a novembre rispetto ad ottobre quando registrarono una diminuzione dello 0,2%.
Disoccupazione al 10,5% a novembre, in miglioramento dal 10,6% segnato ad ottobre ed al 11,5% dello scorso anno.
GERMANIA: produzione industriale in calo del -0,3% a novembre sul mese ed invariata sull’anno precedente.
Ordini manifaturieri in rialzo del 1,5% mensile a novembre e del +2,2% annuale. Esportazioni in ripresa del +0,4% a novembre, rispetto ad ottobre quando scesero, invece, del -1,6%. Uguale destino anche per le vendite al dettaglio che salgono dello 0,2% a novembre, dopo il calo dello 0,1% ad ottobre.
FRANCIA: produzione industriale in calo dello 0.9% a novembre sul mese precedente. Il dato bilancia il precedente +0,7% di ottobre.
SPAGNA: accordo in extremis per un governo in Catalogna tra le forze indipendentiste, mentre nessuna intesa si palesa tra le quattro forze politiche principali per costruire un nuovo governo politico a Madrid.
NORD AMERICA
CANADA: indice PMI in contrazione a dicembre. Crolla a 63.6 dai 49.9 punti di novembre. Si tratta del peggior risultato in due anni che conferma la recessione del Paese, piegato dal crollo dei prezzi delle materie prime e dallo scoppio della bolla immobiliare che sta penalizzando anche le Banche canadesi.
Segnali positivi dal mercato del lavoro con 23.000 nuovi occupati a dicembre (-35.700 a novembre), rispetto ai +10.000 previsti con tasso di disoccupazione invariato al 7,1%
STATI UNITI: le nuove buste paghe a dicembre aumentano di 292.000 unità rispetto alle 200.000 previste. Anche il dato di novembre è rivisto al rialzo a 257.000 dai precedenti +211.000. Tasso di disoccupazione invariato al 5%.
Indice ISM manifatturiero scende a 48.2 a dicembre rispetto ai 48.6 di novembre, ai minimi dal luglio 2009.
La sede regionale della Fed di Atlanta rivede al ribasso le stime per la crescita del quarto trimestre ad un 1% annuale. Infine Goldman Sachs, la banca d’affari americana, abbassa le previsioni di utili per il prossimo biennio a causa di margini sotto pressione, basso prezzo del petrolio che penalizza il settore energia e ulteriori rischi di rallentamento economico mondiale.
ASIA e OCEANIA
GIAPPONE: scendono i salari dello 0.4% a novembre, sull’anno precedente, mentre erano aumentati della stessa dimensione ad ottobre. La speranza dell’’Abenomics di produrre una crescita dei salari stabile si rivela ormai evanescente.
CINA: la grande malata è la principale responsabile dell’imprevisto tracollo dei mercati da inizio anno.
L’indice PMI manifatturiero scende a 48.2 a dicembre, rispetto al 48.6 di novembre, al minimo da tre mesi. Il dato è in recessione dallo scorso marzo, mentre la produzione è in calo per la settima volta in otto mesi. Lo yuan continua a svalutarsi e la Banca Centrale cinese sta bruciando ingenti quantità di riserve valutarie nel tentativo di controllarne la discesa.
Unico dato non negativo è l’inflazione di dicembre che sale del 1,6% sull’anno precedente rispetto al +1,5% di novembre, ma rimane ben al di sotto dell’obiettivo del governo al 3%.
SINGAPORE: Pil in rialzo del 2% sull’anno precedente nel quarto trimestre, in linea con il +1,9% del trimestre precedente.
TAIWAN: prezzi al consumo salgono a dicembre dello 0,7% mensili e del +0,1% annuali, rispetto al +0,5% mensile di novembre.
MATERIE PRIME: settimana disastrosa per il petrolio con i prezzi di WTI e Brent che scendono entrambi del 10%, ai minimi da 14 anni, sotto la soglia dei 33 dollari al barile.
L’oro rimbalza, invece, a ridosso di quota 1.100 dollari l’oncia. Più sostenuta l’ascesa dell’argento che supera la media a 50 giorni.
BANCHE: entra in vigore il “bail-in” europeo, ma il Portogallo cancella due miliardi di euro di obbligazioni dalla Bad Bank di una della sue banche già in precedenza salvate, sollevando una sonora protesta dei risparmiatori, in larga misura fondi istituzionali esteri.
Non si ferma, invece, la lunga lista di Banche europee che annunciano nuove migliaia di licenziamenti.
VALUTE: il biglietto verde continua ad indebolirsi dalla fine dello scorso anno, in particolare nei confronti dello yen salito a 117,3. Meno evidente, invece, il calo verso la moneta unica che si attesta a 1,092.
SINTESI: il cigno nero, anzi rosso in quanto proveniente dalla Cina, sembra arrivato. Dopo quasi sette anni di rialzi incontrastati, alimentati dal denaro facile delle Banche Centrali, i mercati azionari iniziano seriamente a tremare spazzati via dalla sopravvalutazione di gran parte dei titoli che non trovano sufficiente sostegno tra gli inguaribili ottimisti. Tutti sperano che anche questa volta la situazione possa essere recuperata per i capelli, ma ora la Cina fa veramente paura.
La tempesta perfetta sembra arrivata e sarà molto difficile fermarla.