Ancora la Fed e Volkswagen le protagoniste di una settimana sull’ottovolante in attesa delle elezioni regionali in Catalogna e dell’evoluzione della situazione politico bellica in Siria.
La Yellen è in confusione ed evidenzia anche qualche problema di salute fisica. Mentalmente, invece, non sa dove andare. Dopo aver depresso i mercati la scorsa settimana non alzando i tassi di interesse è stata costretta a comunicare che ci sarà un rialzo entro la fine dell’anno.
A parte la revisione in crescita del Pil dal 3,7% al 3,9% del secondo trimestre, i dati americani regionali usciti durante la settimana puntano ad una recessione in un futuro non troppo lontano.
MERCATI FINANZIARI: La giornata di venerdì rimette in sesto una settimana complicata, almeno per i mercati europei. Più complicata, invece, la situazione a Tokyo, mentre a New York solo il Dow rimbalza.
Tutti i principali mercati sono comunque negativi nella settimana, malgrado il rimbalzo dell’ultima seduta.
Invariati i rendimenti dei titoli di stato governativi decennali dagli USA (2,17%), al bund tedesco, al nostro BTP (1,79%), mentre il Bonos spagnolo ritorna sopra il 2% al 2,04%, dopo una sola settimana sotto questa soglia, a causa delle preoccupazioni per l’esito delle elezioni in Catalogna.
In crescita oro ed argento per la seconda settimana consecutiva.
MERCATI EMERGENTI
La continua svalutazione delle moneta rimane il principale focolaio di tensione in molte economie mondiali. Non si ferma la crisi del real brasiliano che registra in settimana nuovi minimi storici e tenta un rimbalzo sulle dichiarazioni della Banca Centrale di applicare una sorta di Quantitative easing.
BRASILE: gli investitori sembrano aver perso la pazienza con il Paese latino americano e la possibilità di default sul titolo a cinque anni è cresciuta del +26% in poche sedute.
Il Paese rischia, infatti, un nuovo abbassamento del rating dopo quello di metà mese, a seguito del quale la divisa nazionale ha perso oltre il -6%. Purtroppo la situazione macroeconomica è destinata ulteriormente a deteriorarsi e le previsioni del Pil per il corrente anno sono scese a -2,7%, in continuo calo dal -2,55% della scorsa settimana ed allo -0,8% nel 2016. Era dai tempi dell’elezione di Lula nel 2002 che il Brasile non soffriva una simile crisi economica, ma soprattutto una così grave sfiducia dei mercati.
Lo spread sul credit default swap a 5 anni è salito di altri 14 bps a 430, mentre il tasso ufficiale di sconto è al 14,25% dal 2 settembre, il livello più alto dal novembre 2008. Le misure del governo per contrastare la crisi economica sono inefficaci e gli analisti pensano che il real continuerà a scivolare.
EUROPA (AREA EURO)
L’eurozona continua a mostrare segni di recupero, malgrado un rallentamento a settembre dell’attività nel settore privato (indice PMI).
Tuttavia, il dato del terzo trimestre si ferma a +0,4%, esattamente lo stesso di quello precedente.
Delude, invece, l’indicatore francese che registra una crescita piatta.
SPAGNA: le elezioni regionali in Catalogna riportano la vittoria dei partiti indipendentisti che conquistano la maggioranza assoluta (72/135) dei seggi nel Parlamento locale, ma non quella dei consensi (48%). Ora partirà una fase molto delicata per il Paese con il serio rischio che la regione economica più importante proceda in modo irreversibile verso la secessione, anche se spaccata in due.
GRECIA: il controllo dei capitali ha bloccato l’esodo dei depositi bancari dopo aver perso €43 miliardi negli anni precedenti. I risparmi sono cresciuti a settembre per la prima volta in 11 mesi.
EUROPA (NON EURO)
NORVEGIA: la corona crolla ai minimi di 13 anni verso il dollaro giovedì, dopo la decisione della Banca Centrale di tagliare il tasso di sconto dall’1% allo 0,75%. per dare slancio ad una economia colpita dal crollo del prezzo del petrolio, prima fonte di esportazione per il Paese scandinavo, ed influenzata da una bolla immobiliare gigantesca, ancora inesplosa.
NORD AMERICA
STATI UNITI: la vendita di case esistenti crollano al livello del marzo 2011. La revisione al rialzo del Pil del secondo trimestre, grazie ai maggiori consumi privati, non è sufficiente a cancellare i dubbi sul reale stato dell’economia americana visto che gli indicatori delle diverse sedi regionali della Fed continuano a segnalare una prossima recessione.
ASIA e OCEANIA
GIAPPONE: la politica di ultra stimolo della Banca centrale sta diventando un boomerang. I prezzi al consumo cadono per la prima volta dall’introduzione dell’Abenomics.
CINA: aumentano le perplessità sul reale stato dell’economia asiatica. L’indice manifatturiero scende a settembre a 47, il livello più basso dal 2009.
L’attività economica non cresce da sette mesi. Il World Economics vede il Pil in espansione del +3,5%, non del +7% come vogliono far credere autorità. Non sono sicuramente le cifre economiche che il leader cinese avrebbe voluto presentare al suo arrivo in Usa. Anche in settembre la produzione manifatturiera della seconda potenza economica mondiale ha subito una contrazione delle attività. Ormai è da sette mesi che non c’è crescita.
MATERIE PRIME: con il petrolio stabile in una forchetta tra $45 ed i 47, sono stati i metalli preziosi a proseguire nel loro tentativo di rimbalzo.
BANCHE: il programma di acquisto di titoli di stato della BCE ha fallito nello scopo di stimolare i prestiti bancari.
VALUTE: recupera il dollaro fin sotto ad 1,12 dall’1,14 della settimana precedente. Nessuna novità nel rapporto, invece, tra la debolezza del dollaro e lo yen che scambia in una forchetta molto ristretta tra 119 e 121 contro dollaro.
SINTESI: i mercati hanno smarrito la bussola e sembrano più inclini a scendere che a salire. In realtà non hanno ben chiaro se sia meglio un rialzo dei tassi americani od un nulla di fatto. In realtà, i fondamentali economici di diversi Paesi si stanno quotidianamente deteriorando, dalla Cina al Brasile. Dax (Francoforte) alla prova del test a 9.450 toccato il 24 agosto.