Il tremendo sell-off al quale sono stati sottoposti i titoli del debito pubblico italiano riporta alla luce ricordi di altri movimenti, alcuni dei quali anche piuttosto recenti, altrettanto violenti ed in numero molto limitato di sedute.
All’interno del comparto valutario, nel quale peraltro gli attacchi alle divise di qualche Paese emergente che mostra debolezze strutturali o contingenti sono più frequenti, abbiamo proprio negli ultimi mesi assistito al crollo del peso argentino e della lira turca.
Prima di soffermarci sulla Caporetto delle quotazioni dei titoli di stato domestici, non dobbiamo dimenticarci la correzione sui mercati azionari mondiali di inizio febbraio, partita da Wall Street. Gran parte di quella discesa è stata recuperata dal nuovo record storico a marzo del Nasdaq e dal Russell 2000 nell’ultima settimana di maggio.
La correzione è stata, in alcuni momenti anche drammatica: il Dow Jones ha evidenziato anche oscillazioni di 1.000 punti in alcune sedute.
Contemporaneamente la volatilità è schizzata: l’indice VIX navigava prima dello storno intorno a nove punti, minimi assoluti, ed è balzato fino a 37 in meno di una settimana.
In questo contesto si è assistito a discese degli indici anche oltre il cinque per cento in una seduta, associate spesso ad altrettanti prodigiosi recuperi.
IL CROLLO DEI BTP
La violenta discesa del reddito fisso domestico ha tutte le caratteristiche di un attacco speculativo ben orchestrato.
Le quotazioni dei nostri BTP erano salite sensibilmente negli ultimi mesi prima delle elezioni, portando lo spread con il Bund tedesco intorno ai 110 punti base. I livelli di prezzo erano sicuramente artificialmente elevati, ma nulla poteva far presagire una simile débacle in presenza del paracadute della Bce.
L’entità del crollo non ha eguali, neanche paragonandolo alla salita dello spread a 700 punti base nell’autunno 2011 che fu, tuttavia, più progressiva e meno drammatica.
In contemporanea, abbiamo assistito ad un “flight to safety” verso i rifugi più sicuri nel comparto obbligazionario quali il Tbond ed il Bund, che hanno registrato un sensibile apprezzamento ed un altrettanto calo sensibile dei rendimenti. Il decennale americano ha ceduto 16 punti base in una sola seduta e nel giro di due settimane ne ha persi quasi trenta. Stessa sorte per il Bund il cui rendimento è sceso dallo 0,65% allo 0,22% in meno di dieci sedute.
ANALISI INTERMARKET
In questo contesto di crescente volatilità ci sono stati anche altri movimenti, sicuramente meno violenti, ma altrettanto importanti, che hanno contribuito ad accelerare questi fenomeni di massiccia vendita in alcuni mercati. Oltre alla speculazione che sente l’odore del sangue e sfrutta ogni situazione di debolezza a suo favore, quale quella dell’instabilità politica italiana, il dollaro ha continuato a rafforzarsi, ma non a danno dello yen, il quale, a sua volta, è riuscito ad apprezzarsi verso il biglietto verde. Tale cambiamento di rotta, rispetto agli ultimi mesi, ha costretto diversi traders a chiudere le operazioni speculative sulla valuta nipponica (carry trade), spostando la liquidità verso lidi più tranquilli.
Molto più strisciante, altresì, ma non proprio indolore è stata la rivalutazione della divisa americana nei confronti dell’euro, scivolato da 1,25 di inizio anno fino a 1,16.
Infine, anche lo yuan cinese ha iniziato a deprezzarsi lentamente da metà marzo in avanti.
COME PROTEGGERSI
I rovesci su alcune asset class si sono intensificati negli ultimi mesi ed è quasi impossibile prevenirli, in particolare quando si manifestano con tale intensità.
Tuttavia, alcuni di questi assets si erano rivalutati a tripla cifra negli ultimi sette/otto anni e voler ottenere a tutti i costi un’ulteriore remunerazione dagli stessi può diventare pericoloso, a scapito di perdite consistenti in caso di cambiamenti repentini del “mood” o del “trend”.
Limitandoci ad un esempio di questi giorni, in un paio di sedute sono stati spazzati via i guadagni di cinque anni sul BTP a due anni e stiamo parlando del mercato obbligazionario della settima potenza economica mondiale.
La diversificazione rimane, di conseguenza, sempre la regola alla base della prudenza dell’investitore, a scapito anche di guadagni più contenuti ma a protezione di pericolosi e dolorosi rovesci, che possono richiedere anni prima di essere recuperati.