Con il rallentamento economico mondiale in essere, più o meno evidente in diversi Paesi sviluppati ed anche emergenti, si moltiplicano le previsioni sull’approssimarsi della prossima recessione e sui segnali che arrivano dai mercati finanziari, in qualità di anticipatori puntuali dell’avvicinamento di questo scenario economico.
Di solito, prima dei segnali che vengono dal mercato, gli economisti cercano di interpretare quelli macro economici, che indubbiamente sono in calo, in particolare nel settore manifatturiero.
Il rallentamento mondiale è già in essere dalla seconda metà del 2018, in particolare in Europa, ma ha accelerato inaspettatamente in scia alle tensioni commerciali scoppiate tra Stati Uniti e Cina.
Gli indici manifatturieri sono già scesi al di sotto della soglia dei 50 punti, spartiacque tra espansione e recessione, in alcuni Paesi europei ed anche negli Stati Uniti sono calati poco al di sopra, ma si trovano al minimo dal 2011.
Meno evidente, invece, la caduta del settore dei servizi, più dinamico e flessibile, che ha finora dribblato le incertezze della guerra commerciale.
Passando invece alle logiche dei mercati finanziari, che tentano di prevedere l’orizzonte temporale della prossima recessione, ci sono almeno quattro variabili che debbono essere analizzate:
- L’atteggiamento delle Banche Centrali
- L’inversione della curva dei tassi di interesse americana
- I tassi negativi
- La guerra valutaria
L’ATTEGGIAMENTO DELLE BANCHE CENTRALI
Da inizio anno è cambiata radicalmente, persino negli Stati Uniti, che continuano a crescere ad un tasso superiore al 2% annuo, l’impostazione sia della Fed che della Bce, che stanno tornando aggressive, soprattutto a parole, verso una nuova massiccia e duratura politica espansiva. Il cambio di direzione riflette sicuramente un lieve rallentamento economico e le pressioni di Trump sulla Federal Reserve, in vista della sua prossima campagna di rielezione, nonchè i timori della conclusione del ciclo economico espansivo più lungo della storia dell’economia a stelle e strisce.
è Un altro segnale di allarme, che nei precedenti casi è sempre sfociato in una recessione nei 6-9 mesi successivi, è l’inversione della curva dei tassi di interesse negli Stati Uniti – il rendimento della scadenza decennale è sceso al di sotto di quella biennale – e comunque il generale appiattimento della curva dei tassi.
Tuttavia, il ruolo della Fed nella gestione del mercato obbligazionario può avere avuto, in quest’ultimo caso, un effetto distorsivo, che potrebbe essere meno premonitore di una crisi nei prossimi mesi rispetto ai precedenti casi.
La nuova discesa in campo delle Banche Centrali nel sostenere l’economia ha provocato una massiccia corsa degli investitori verso i bond, con rendimenti che sono diventati negativi lungo tutta la curva dei tassi in diversi Paesi: dalla Svizzera alla Danimarca, fino alla stessa Germania.
Alla fine della scorsa settimana, oltre 16 trilioni di dollari di obbligazioni quotavano a rendimenti negativi nel mondo. La prima impressione è che il fenomeno sconti un prossimo effetto recessivo, ma potrebbe essere anche un parcheggio verso porti più sicuri, in vista delle incertezze economiche planetarie sempre più diffuse.
Infine, dopo la guerra commerciale si sta scatenando anche quella valutaria, forse ancora più dannosa per le sorti dell’economia mondiale. La riduzione dei tassi di interesse da parte di tutte le banche centrali mondiali ha l’obiettivo non solo di stimolare le rispettive economie, ma anche di svalutare le monete nazionali per rendere le esportazioni più competitive, nella speranza di creare anche un po’ di inflazione.
Questo meccanismo perverso è ormai diffuso e sta già provocando un pericoloso effetto domino nel tentativo di indebolire il più possibile la propria valuta a scapito delle altre.
RECESSIONE QUANDO ?
In Europa sembra già più vicina, ma negli Stati Uniti, con un mercato in piena occupazione ed una crescita ancora superiore al due per cento, sembra ancora un miraggio.
Tuttavia. anche la Fed sta anticipando la prossima crisi, sperando di evitare errori passati. Secondo molti osservatori, il suo tempismo non è adeguato, nemmeno in questo caso, in quanto troppo prudente, con il rischio di bruciare quelle poche munizioni ancora disponibili.
Diversi economisti incominciano a convergere sulla possibilità di una prossima recessione anche negli Usa, magari al traino della debole Europa o dell’impatto negativo della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, e che ben poco possa fare la Federal Reserve per evitarla.
Di conseguenza sembra che il dubbio sul “se” ci sarà una prossima recessione sia risolto, ma rimane l’enigma sui tempi del suo scoppio e sugli eventuali effetti negativi sui mercati finanziari in regime di massiccio intervento delle Banche Centrali.