Alla fine dell’estate 2008, il settore finanziario statunitense e, di conseguenza anche quello mondiale, soffrì uno dei maggiori shock della sua recente storia culminando con il fallimento della banca di affari Lehman Brothers e la successiva crisi globale.
Siamo ora in un periodo post-crisi, forse uno dei più difficili, in quanto molti Paesi non sono mai usciti dalla Grande Recessione. Ripercorrendo gli anni dal 1945 al 2008, una nuova crisi economica scoppia in media ogni 58 mesi. Quindi, secondo la statistica, la prossima potrebbe arrivare nell’aprile 2015 e durare un anno fino a marzo 2016.
La domanda d’obbligo è se siamo in un periodo post o pre-crisi. Rispetto alle precedenti crisi, l’economia mondiale è sempre più interconnessa e globalizzata. Il settore bancario è diretto verso una maggiore concentrazione; nuove economie emergenti crescono velocemente in Asia e Sud America, mentre i tradizionali BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) deludono, dopo anni di vorticosa ed inarrestabile ascesa. L’Europa tenta la ripresa, con la Germania che cerca di non affogare nella palude continentale. Gli Stati Uniti rimangono invece ancora il Paese più competitivo al mondo, malgrado la più debole crescita post recessione di sempre.
Il processo di “deleverage” di banche, privati e società è tuttora in corso, mentre i rendimenti dei titoli governativi registrano ogni giorno nuovi minimi storici, che si alternano con i nuovi massimi battuti dagli indici azionari.
Sembrerebbe pertanto tutto magnifico, ma ci sono diversi scenari che potrebbero provocare la prossima crisi finanziaria. Ecco i principali non ordinati per priorità o gravità. Per alcuni è possibile ancora intervenire, per altri invece non c’è più nulla da fare. Infine, mentre alcuni rappresentano delle minacce pressoché immediate, altri sono fattori di instabilità più a lungo termine.
LA BOLLA AZIONARIA
Tra giugno 2013 e 2014, i mercati azionari mondiali sono saliti del +18%. Ovviamente le performance sono state differenziate tra i diversi Paesi: +30% in India e -8% in Cina. Anche all’interno del più brillante indice mondiale, lo S&P500, molte società hanno deluso le attese degli analisti e sono scese pesantemente, mentre poche altre si sono gonfiate a dismisura con multipli da capogiro, che ricordano i fantasmi di precedenti crolli borsistici.
La causa è nota ed è sempre la stessa. L’eccesso di liquidità immesso dalle banche centrali è finito nei mercati azionari, in rialzo da cinque anni e mezzo. La differenza tra i prezzi delle azioni e gli utili aziendali è ora più marcata che nelle precedenti crisi azionarie del 2000 e del 2007. Per tornare a livelli normali, il mercato dovrebbe correggere di almeno il 30%.
IL SISTEMA BANCARIO CINESE
Le banche ombra (finanziarie che prestano denaro fuori dal sistema di controllo delle autorità monetarie) rappresentano ora più del 100% del Pil in USA ed il 70% in Cina, ma sono un problema più nel Paese asiatico che in quello americano per due ragioni.
In primo luogo, in Cina il settore bancario è protetto dalla concorrenza straniera e solo le banche domestiche possono operare autonomamente nel Paese. Senza alcuna minaccia, le più grandi istituzioni finanziari mondiali sono ormai cinesi e sono diventate anche “too big to fail”
La seconda ragione è che gran parte dei finanziamenti delle “shadow banks” finisce nelle tasche pubbliche (governo e province). I controlli sono diventati più stringenti, ma forti dubbi persistono considerando l’elevato conflitto di interessi. Senza dubbio la prossima crisi bancaria scoppierà in Cina.
NUOVA BOLLA IMMOBILIARE
Le stesse condizioni che furono alla base della bolla americana del 2005-07 sono di nuovo presenti: bassi tassi di interesse, domanda in crescita e prezzi in salita in alcune aree.
Inoltre il settore immobiliare, al pari con quello azionario, rimane l’unico interessante per i fondi istituzionali, che beneficiano del basso costo del capitale per finanziarsi a leva. Di conseguenza, questa domanda fa lievitare artificialmente le quotazioni.
A livello mondiale tra il 2007 ed il 2013 gli immobili residenziali sono cresciuti di oltre l’80% in Brasile, del +60% in Cina e del +15% in Canada. Ci sono poi altri focolai di bolle in altri Paesi come la Svizzera e gli Emirati Arabi. Come tutte le bolle, diventerà unica quando esplode, indipendentemente dall’area geografica dove scoppierà, malgrado gli incauti tentativi delle banche centrali di contenerla.
FALLIMENTI AZIENDALI
La media delle aziende ha un rating pari a tripla BBB. Negli Stati Uniti solo tre aziende hanno la tripla AAA: Johnson & Johnson, Exxon Mobil e Microsoft. Erano invece 61 nel 1982. Ora le società sono fortemente indebitate, a causa dei bassi tassi di interesse che le spingono a finanziarsi anche per riacquistare le proprie azioni (buybacks) o pagare dividendi.
E’ evidente che le aziende diventano, di conseguenza, molto sensibili ad un aumento dei tassi di interesse. In media il 4% delle aziende con un rating BBB fallisce in un periodo di cinque anni. Su queste basi, 16 società nell’indice S&P500 sono a rischio, tra le quali potrebbe esserci la futura Enron o Worldcom.
CRISI GEOPOLITICHE
Libia, Iraq, Ucraina, Siria, Venezuela, Argentina e Medio Oriente sono le principali aree a rischio di esplosione di una crisi mondiale. Al momento, i mercati finanziari sembrano ignorare o sottovalutare questo rischio, ma la globalizzazione potrebbe portare ad un incendio globale, qualora scoppi la vera scintilla in una o più di queste zone di sofferenza.
DISEGUAGLIANZE SOCIALI
Negli ultimi decenni il mondo è diventato più ricco e benestante. Mentre la percentuale della popolazione mondiale in assoluta povertà ha toccato i livelli più bassi, il numero totale dei poveri continua a crescere. In questo contesto le diseguaglianze continuano a prosperare e nuovi disordini sociali sfoceranno, prima che qualunque azione venga intrapresa per attenuare le differenze economiche e sociali. Non è facile inoltre adottare un sistema efficiente per combattere questa crescente piaga. Tipicamente la maggior imposizione fiscale sulle classi più abbienti deprime i consumi e distrugge la crescita, come evidenziato in molti Paesi europei nell’ultimo quinquennio. Sarebbero necessari leader politici illuminati con visioni di lungo periodo e non viziate da interessi elettorali di breve periodo.
CRISI DI LIQUIDITA’
Troppo denaro in giro per il mondo per colpa delle banche centrali. Banche e società sono così ricche che possono comprare interi Paesi (inteso come Pil al netto del debito). Se il settore privato investisse questa liquidità nell’economia, si creerebbe una iperinflazione e di conseguenza una grave crisi finanziaria. Inoltre sappiamo che l’enorme liquidità iniettata nel sistema economico dalle autorità monetarie dovrà essere drenata presto o tardi. Purtroppo non abbiamo precedenti esperienze di come possa accadere e di quali potrebbero essere le conseguenze.
Evidenziati i più probabili focolai di crisi internazionale, non resta che analizzare quali siano i possibili rimedi. Apparentemente nessuno o quasi, in quanto le politiche economiche già attuate, fiscali e monetarie, hanno già sparato tutte le rispettive cartucce con risultati molto deludenti, mentre le decisioni politiche intraprese dalle grandi potenze hanno aumentato il numero di conflitti bellici sul nostro pianeta in modo esponenziale nell’ultimo triennio. Non è del tutto casuale che ciò sia avvenuto con l’aggravarsi della crisi economica per distrarre gran parte dell’opinione pubblica mondiale dai veri problemi. Il margine di manovra dei Governi rimane di conseguenza molto limitato e si lascia alle autorità monetarie il controllo della sovranità economica, sperando nel miracolo che però non si avvera.
In questo modo aziende e governi rimandano la ristrutturazione interna, spostando a tempi indefiniti la fine della crisi o almeno la sua stabilizzazione.