Dopo il crollo della bolla immobiliare americana che portò alla crisi finanziaria del 2008-2009 e la successiva severa recessione che l’ha seguita, altri diversi focolai stanno per scoppiare in tutto il pianeta. Gli Stati Uniti furono il caso da manuale con la crisi dei mutui “subprime”, parto scellerato della finanza allegra degli ultimi decenni; ma l’insieme di scarsi controlli sulle banche e tassi di interesse molto bassi generò simili bolle nello stesso periodo anche in Gran Bretagna, Irlanda, Spagna, Islanda e Dubai.
Cinque anni dopo segnali di surriscaldamento se non di vere e proprie bolle sono riapparsi nel mercato immobiliare in Svizzera, Svezia, Norvegia, Finlandia, Francia, Germania, Olanda, Belgio, Canada, Australia, Nuova Zelanda ed a Londra. Nei mercati emergenti bolle stanno montando ad Hong Kong, Singapore, in Cina ed Israele e nelle principali aree urbane in Turchia, India, Indonesia, Tailandia e Brasile.
In alcuni Paesi quali Danimarca e Olanda la bolla si sta già pesantemente sgonfiando con conseguenze già significative nel Paese scandinavo per il sistema finanziario molto esposto verso il mercato immobiliare.
I segnali che i prezzi delle abitazioni stiano entrando in territorio di bolla vanno dalla velocità di salita delle quotazioni all’elevato rapporto prezzo/reddito disponibile fino al livello di indebitamento ipotecario sempre in rapporto al reddito disponibile.
In quasi tutti i paesi indicati, sia sviluppati che emergenti, le bolle sono state inflazionate dalla possibilità di ottenere finanziamenti a tassi di interesse molto bassi e con una estensione temporale prolungata. Considerando la crescita anemica e la decrescente inflazione il mercato immobiliare avrebbe dovuto mantenere quotazioni costanti o addirittura in discesa per il calo del reddito disponibile di molte famiglie, almeno in Europa e negli Stati Uniti.
Tuttavia l’oleodotto di liquidità generato dalle politiche convenzionali e non (quantitative easing) delle Banche Centrali ha spinto al rialzo i prezzi di molti “assets”, iniziando proprio da quelli immobiliari.
La situazione è più variegata nei paesi emergenti: Israele, Hong Kong e Singapore hanno un elevato reddito pro–capite e bassa inflazione ma mantengono I tassi di interesse molto bassi per evitare un apprezzamento del tasso di cambio. Altre economie quali Turchia, India, Indonesia e Brasile invece soffrono un elevato aumento dei prezzi al consumo ben oltre gli obiettivi delle rispettive banche centrali. In Cina ed India, invece, sono i risparmi privati che trainano il mercato immobiliare che è visto come bene rifugio proprio contro l’inflazione con l’aggiunta della rapida urbanizzazione in alcune aree dove la domanda di nuove case supera l’offerta sostenendo il rialzo delle quotazioni.
Con le banche centrali – soprattutto nelle economie avanzate ed in quelle emergenti ad alto rischio – non disponibili ad alzare I tassi per combattere le bolle, molti Paesi fanno affidamento sull’utilizzo di interventi fiscali e finanziari per cercare perlomeno di raffreddarla. Parliamo di una leva finanziaria più contenuta in rapporto al valore periziato dell’immobile, restrizioni sul finanziamento della seconda casa, fino alle limitazioni dell’utilizzo dei fondi pensioni privati per i pagamenti delle rate arretrate dei mutui.
Ma in molti Paesi queste politiche prudenziali non vengono applicate o sono inefficaci o spesso vengono addirittura controbilanciate da manovre domestiche di stimolo della domanda. In Olanda ad esempio gli interessi sui mutui sono interamente deducibili (100%) ma il mercato si sta sgonfiando velocemente nell’ultimo biennio con i prezzi scesi del 10% nel 2012. In Gran Bretagna il Governo, non soddisfatto della debole crescita economica, ha introdotto nel 2012 il “funding for lending” attraverso il quale erogava denaro alle banche allo 0,25% a condizione che venisse utilizzato per finanziamenti immobiliari. I prestiti venivano sottoscritti dai privati con l’esenzione degli interessi sul 20% dell’importo dietro versamento di un deposito del 5%. L’evidente successo dell’operazione ha fatto lievitare i prezzi degli immobili saliti a novembre del +6,5% su base annua con il rialzo di Londra in doppia cifra. Il Governo è corso ai ripari cancellando inaspettatamente il programma di incentivi dall’inizio del 2014.
Ma una tattica prudenziale non è vincente se la strategia rimane invece dissennatamente aggressiva. E’ come tentare di impostare una partita di calcio sulla difensiva con un numero di attaccanti eccessivo.
In molti Paesi poi le politiche prudenzali indicate sono osteggiate da costruttori, associazioni di categoria, privati e ovviamente politici che difendono determinati privilegi. Essi contestano le autorità fiscali o monetarie ogni qualvolta in un Paese si tenti di ridurre la abbondante liquidità che si è riversata sul settore immobiliare negli ultimi anni.
Queste restrizioni sono state spesso invocate invece dai sostenitori della formazione di una bolla immobiliare di dimensioni epocali e mondiali con una trentina di Paesi coinvolti ma si sono rivelate quasi del tutto inefficaci per limitare la salita, in alcuni casi anche parabolica, dei prezzi. Con i tassi a breve e a lunga a scadenza così bassi le restrizioni sul credito ipotecario sono un modestissimo deterrente sul desiderio di indebitarsi per finanziare l’acquisto immobiliare.
In sintesi questa gigantesca bolla immobiliare potrebbe però anche non esplodere in tempi brevi in quanto alimentata dalle politiche monetarie espansive che ora trovano ulteriore sostegno nella necessità di dover combattere il rischio di un ciclo deflattivo. Inoltre molte banche, anche se non tutte, sono meglio capitalizzate rispetto a precedenti crisi immobiliari e dovrebbero riuscire a sostenere un numero anche elevato di sofferenze ipotecarie.
Nei Paesi nei quali la legge consente ai debitori di non pagare più il mutuo quando il residuo debito supera quello dell’immobile ipotecato lo scoppio della bolla provocherà massicci “defaults” e una crisi bancaria. In altri, come ad esempio in Svezia, dove invece la differenza di valore obbliga il debitore ad integrare la differenza i consumi potrebbero crollare provocando una nuova recessione.
In questo contesto molto fosco e ad alto rischio di detonazione si può cercare di vedere qualche bagliore di ripresa di alcuni mercati. Si tratta però di rimbalzi che temo siano temporanei e fisiologici a seguito di un ribasso devastante delle quotazioni che in qualche caso cominciano a diventare allettanti. Poi arrivano anche fondi di investimento e investitori speculativi che intravedono opportunità per veloci operazioni di trading.
Accade così negli Usa dove le quotazioni sono salite di un incredibile +12% nel 2012 ma il trend sta già rallentando con il rialzo dei tassi e il calo delle compravendite immobiliari.
Mercati analoghi anche se ben più contenuti per dimensione ma simili per il significativo crollo delle quotazioni sono l’Irlanda e la Spagna. Nel Paese anglosassone già da alcuni mesi i prezzi sono in ripresa in particolare a Dublino nella quale però erano scesi anche del 50%. In Spagna invece ad ottobre si è visto un primo mese di rimbalzo delle quotazioni nell’area di Madrid e delle Baleari anche in questo caso per l’ingresso di investitori istituzionali mentre i privati sono ancora più venditori che compratori.
E l’Italia ? Mercato non considerato in bolla perché le quotazioni nella prima decade del millennio sono cresciute solo del +80% rispetto anche al +200% della Australia. Ma il mercato è completamento ingessato con quotazioni nominali in lenta ma continua discesa. Chi deve vendere poi abbassa il prezzo anche del 20-30% rispetto alle quotazioni di fine 2008. Manca infatti il credito e chi acquista non riesce ad accendere un mutuo per importi significativi. Ci sono poi le banche che hanno parecchi immobili ma che ancora faticano a venderli a forte sconto per problemi di bilanci interni. Per ora le transazioni sono crollate anche del 40-50% mentre i prezzi sono scesi meno del 10% per gli immobili di pregio e oltre il 20% per quelli in periferia. Ma l’aggiustamento è solo all’inizio e quando la necessità di vendere emergerà i prezzi si aggiusteranno ancora verso il basso.
La ripresa e la tenuta del mercato va testata poi con la probabile salita dei tassi di interesse che, indipendentemente dalle volontà delle banche centrali, tenderanno a crescere anche se lentamente.
La finanza allegra ha poi creato altri mostri che si presenteranno all’incasso. Negli Stati Uniti ma anche in altri Paesi anglosassoni, quali Gran Bretagna e Australia, le banche hanno concesso mutui con durata media intorno ai 30 anni che prevedono per i primi dieci il pagamento dei soli interessi. Molti di questi mutui sono stati stipulati all’apice della precedente bolla immobiliare tra il 2004 e il 2008. Nei prossimi cinque anni i debitori, già in affanno con le attuali rate, dovranno iniziare a pagare anche l’ammortamento del capitale. Parliamo di oltre 220mld di debiti che potrebbero essere a rischio default.
In conclusione stiamo assistendo in molti Paesi ad una ripetizione al rallentatore della crisi immobiliare del 2008 e come quella volta più grande la bolla si costruisce più amara sarà la ricaduta sul’economia reale.