La debolezza del settore immobiliare registrata in aprile si aggiunge alle preoccupazioni già evidenti su un serio rallentamento, il cosiddetto “hard landing” o atteraggio duro, della prima economia asiatica.
L’economia cinese ha rallentato ulteriormente in aprile, a causa del forte ed inaspettato crollo delle vendite e degli investimenti nel settore immobiliare, uno dei più cruciali. Gli analisti temono lo scoppio della bolla immobiliare, già in essere da diversi anni, dopo che le vendite a livello nazionale sono calate del -7,8% nei primi quattro mesi dell’anno, rispetto al 2013.
Gli investimenti nel settore immobiliare sono diventati, anno dopo anno, il pilastro principale della crescita economica cinese, fino a concorrere alla produzione del Pil per la quota del 23%, una dimensione mai raggiunta neanche da Spagna, Irlanda e Stati Uniti all’apice delle loro rispettive bolle immobiliari. Inoltre gli investimenti in edilizia privata e pubblica hanno fatto da volano all’aumento di consumi e di prezzi delle materie prime correlate al settore, dal cemento al rame, dall’acciaio al ferro, fino al petrolio per i trasporti delle stesse. La sbornia sembra infinita. Per renderci conto della gravità del fenomeno, basti pensare che la Cina ha prodotto, nel biennio 2011-2012, la stessa quantità di cemento degli Stati Uniti in tutto il XX secolo. Sono numeri impressionanti, ai quali si aggiunge una spaventosa bolla creditizia per sostenere questa mole di investimenti e nella quale sono coinvolte non solo le banche, ma tutto quel sistema di finanziatori “shadow banking”, che hanno dato liquidità al settore immobiliare e che sono garantiti da collaterali ipotecari, quotati a prezzi stellari. Si teme il rischio di un crollo disordinato con conseguenze non indifferenti sul sistema finanziario del Paese e non solo.
Nel primo quadrimestre le nuove costruzioni sono calate del -22,1% su base annua.
Anche altri indicatori economici sembrano confermare un brusco rallentamento. La vendita di beni di lusso (oro, argento e gioielli) cade del -30% ad aprile rispetto allo scorso anno, mentre anche la produzione elettrica, cartina di tornasole dell’economia cinese, è cresciuta del +4,4% lo scorso mese, il più basso tasso di crescita in un anno, rispetto al +6,2% di marzo.
Si è molto parlato del lancio di nuovi “mini-stimoli” per rilanciare la crescita economica, prevista quest’anno poco sopra al 7% – dato ovviamente gonfiato artificialmente dal Governo – il minimo in 30 anni.
Il governo aspetta, in quanto non vuole alimentare la bolla creditizia per innalzare gli investimenti. In una recente intervista il presidente Xi ha affermato che il Paese dovrà adeguarsi a questi nuovi livelli di crescita, sicuramente meno elevati. Vale a dire che dovrà smettere di fare il passo più lungo della gamba e sopravvivere con i mezzi a disposizione.
Il Governo cinese ha chiesto alle principali banche di accelerare l’offerta di mutui, un segno che gli sconti dei costruttori ed altri incentivi sono insufficienti per rallentare la forte caduta delle vendite, privilegiando gli acquirenti di prime abitazioni, ma elevando il controllo sui crediti erogati.
La correzione del mercato immobiliare è solo agli inizi e si presume che perdurerà almeno per tutto l’anno. Non si tratta di una convinzione, ma di una certezza, visto che i costruttori locali hanno ridotto il numero dei cantieri edilizi del -25% nel primo trimestre, la maggior riduzione della storia.
Per incentivare gli acquisti, i prezzi sono scesi anche del -15%, in particolare nelle città di terza e quarta fascia, mentre cali si registrano anche nelle megalopoli, ma ad una singola cifra.
RAFFREDDAMENTO DELLA BOLLA IMMOBILIARE.
Il Governo ha provato in diversi modi a calmierare la salita delle quotazioni, ma il controllo gli è sempre sfuggito di mano. Nello specifico, negli ultimi quattro anni ha incrementato la percentuale di capitale richiesto al 60% per l’acquisto di seconde case. Le città di prima fascia quali Pechino, Shanghai, Shenzhen e Guangzhou, l’hanno addirittura elevata al 70% lo scorso anno, dopo il rialzo dei prezzi. Anche quest’anno i prezzi sono saliti del +9,1% ad aprile, rispetto allo scorso anno, in contrazione però per il quarto mese consecutivo. L’eccesso di inventario è impressionante ed il periodo necessario per smaltirlo è arrivato a 25 mesi, rispetto ad una media di 9 negli anni precedenti. Sono state identificate 10 “ghost cities” (città fantasma), con interi quartieri completamenti disabitati.
CASE VUOTE
Oltre 10 milioni di appartamenti sono stimati vuoti in Cina e si presume che possano arrivare a 18 milioni nei prossimi due o tre anni. Le banche tirano il freno a mano nel settore immobiliare, anche se la crescita dei finanziamenti nel settore rimane sostenuta: +20,1% nel primo trimestre, rispetto al +21% dello scorso anno, ma in alcune città per ottenere un mutuo si aspettano anche due mesi, mentre anche i tassi sono saliti al 10%, rispetto al tasso di riferimento della banca centrale al 6,55%.
Non serve pertanto un economista per confermare che il settore immobiliare cinese è nei guai e la bolla è già definitivamente scoppiata.
Poiché il settore bancario ha finanziato l’80% della crescita immobiliare, si teme una pericolosa ricaduta sul numero di insolvenze, con conseguenze nefaste sulla stabilità economica della seconda economia mondiale.
Malgrado il tasso di risparmio sia elevato nel Paese, molti cinesi, ed in particolare i primi acquirenti, necessitano di un finanziamento per comprare un appartamento mentre il capitale richiesto arriva anche al 40%.
Il mercato è sempre molto ottimista e pensa che più peggiora il mercato immobiliare, maggiore sarà lo stimolo monetario iniettato dalla banca centrale.
Ma questa volta potrebbe sbagliarsi, se la Cina decidesse di gestire la bolla immobiliare e controllare il suo scoppio, invece di spostare come al solito il problema agli anni futuri.