Wednesday 30th October 2024,
Pinguinoeconomico

IL DECLINO MONDIALE DEL SETTORE MANIFATTURIERO

A torto si pensa che la crisi che attanaglia il settore industriale da alcuni anni sia una esclusiva solo americana. In realtà, il malessere è diffuso su scala planetaria, come i dati di aprile e maggio hanno evidenziato.

La ricerca di un colpevole ha indicato nel dollaro il principale responsabile delle difficoltà del settore manifatturiero statunitense. In verità, la forza del biglietto verde avrebbe dovuto agevolare il resto del mondo ed in particolare i Paesi emergenti o almeno non penalizzarli. Al contrario, il settore industriale è malato e si indebolisce in quasi tutte le principali economie mondiali, come dimostrato dalla pubblicazione degli ultimi indici degli acquisti: il ben noto PMI.

Negli Stati Uniti, l’indicatore che viene elaborato assemblando una ricerca inviata ai responsabili degli acquisti, scende a 50.5 punti a maggio, la più debole lettura dall’ottobre 2009.

La produzione è scesa per la prima volta dal settembre 2009 al livello dell’ultima crisi finanziaria. Le aziende lamentano un calo degli ordini esteri per il secondo mese consecutivo, mentre anche gli ordinativi scendono ininterrottamente da gennaio, allo stesso ritmo che nel mese di aprile, che ha aveva già registrato un record negativo post recessione.

La debolezza evidenziata conferma i dubbi sulla capacità dell’economia americana di rimbalzare nel secondo trimestre, in scia ad un inizio anno deludente.

Il Giappone presenta il collasso della bilancia commerciale:  le esportazioni  ad aprile sono crollate del 10,1%, rispetto all’anno precedente, a causa della debolezza della Cina e dei Paesi emergenti. Ancora peggiore è l’andamento delle importazioni che precipitano del 23%, trascinate dalla caduta dei prezzi delle materie prime e dalla debolezza della domanda interna. L’indice PMI manifatturiero scivola a 47.6 punti, mentre l’output scende al minimo da 25 mesi ed i nuovi ordini registrano il maggior calo in 41 mesi. Le ragioni della caduta sono imputabili più alla contrazione della domanda estera che al terremoto nel sud del Paese.

Calo evidente, seppur modesto, anche nell’Eurozona, dove il PMI nel mese di maggio scende a 51.5 punti, ancora in zona espansiva. Il tasso di crescita dell’output è il secondo più debole negli ultimi quindici mesi e si aggiunge alla caduta dei nuovi ordini, mentre le esportazioni sono cresciute al ritmo più basso da 16 mesi e si pensa che possano ulteriormente decelerare.

In cima alle cadute più evidenti dell’indice PMI si trovano Cina, Russia e Brasile, quasi l’intera filiera dei BRIC, ad eccezione dell’India.

A maggio, il Caixin China Manufacturing risale a 50.2, rispetto ai 49.4 del mese di aprile. Tutti i sotto indici evidenziano che le condizioni del settore industriale continuano a peggiorare di mese in mese e non si intravedono solide fondamenta sia per un recupero che per una stabilizzazione. I nuovi ordini sono stagnanti, mentre le esportazioni calano per il quinto mese consecutivo, principalmente a causa della debole domanda mondiale. In generale, i profitti sono in calo e l’occupazione decresce in quasi tutti i settori economici, non solo industriali.

In Brasile, la crisi del settore manifatturiero è lo specchio di quella più grave che attanaglia il Paese nella più severa recessione da diverse decadi. L’indice PMI di aprile si è infatti inabissato a 42.6 punti, il livello più basso dalla Grande Recessione. Il calo negli acquisti è il più rapido negli ultimi 85 mesi e  le aziende  tagliano lavoratori a velocità impressionante, a causa del peggioramento delle condizioni economiche. L’inflazione ha raggiunto il picco degli ultimi 93 mesi ed il numero di nuovi occupati scende per il 15esimo mese consecutivo al ritmo più veloce dal marzo 2009.

Non dissimile è la situazione in un’altra economia emergente come la Russia, in severa recessione da inizio 2015. L’ultimo PMI, relativo al mese di aprile, è sceso a 48 punti, minimo da otto mesi ed evidenzia il peggioramento del settore produttivo che si contrae al ritmo più veloce dal maggio 2009. In aggiunta, anche tutti i sotto indici riportano una discesa significativa, mentre gli imprenditori licenziano per il 34esimo mese consecutivo. Anche gli ordini continuano a calare, riflettendo anche una mancanza di liquidità tra i clienti.

SINTESI

Il fatto che la quasi totalità delle economie stia sperimentando un rallentamento del settore manifatturiero o persino una più marcata recessione ed in alcuni Paesi qualcosa di simile ad una depressione dimostra che le difficoltà statunitensi non sono la conseguenza della rivalutazione del dollaro, ma della domanda in calo per i beni produttivi, che sta penalizzando tutte le principali economie.

E’ auspicabile, ma non prevedibile nel breve periodo, una inversione di tendenza, che possa rilanciare il settore industriale mondiale, prima che piombi in una severa depressione.

Tuttavia, la deflazione mondiale riduce i margini delle aziende e non agevola, purtroppo, la ripresa.

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