Thursday 21st November 2024,
Pinguinoeconomico

GUERRA COMMERCIALE – L’IMPATTO DEL FALLIMENTO

Il Presidente Trump ha mantenuto fede alle sue minacce ed ha aumentato i dazi sulle importazioni cinesi dal 10% al 25% con decorrenza dallo scorso venerdì su 200 miliardi di valore di merci, in scia al fallimento temporaneo o definitivo dei colloqui bilaterali indirizzati a trovare una soluzione meno indolore.

I mercati azionari mondiali hanno reagito negativamente alla notizia, cancellando oltre tre trilioni di dollari di capitalizzazione, in poche sedute, suddivisi tra i principali listini:  quello di Shanghai è il più penalizzato in misura percentuale.

Per tutta risposta, Pechino ha imposto per ritorsione nuovi dazi sulle importazioni di prodotti americani su 60 miliardi di beni.

Sin dall’inizio delle reciproche tensioni, scoppiate ormai da un anno, è apparso evidente che sia il Presidente statunitense ad avere nella tenzone il coltello dalla parte del manico, sebbene non sia ancora chiaro la convenienza economica o il grado di penalizzazione subito dall’economia a stelle strisce in virtù dell’inasprimento delle reciproche sanzioni.

Secondo le proiezioni di un primo impatto macro economico, Gli Stati Uniti perderebbero tra i 62 e i 100 miliardi di dollari di Pil nello scenario più soft o più pesante e tra i duecentomila ed  i trecentosessantamiloccupati in uno dei due casi

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IL SUPPORTO DOMESTICO

Trump è sostenuto dal suo elettorato, ad esclusione degli agricoltori in grande difficoltà economiche che il Presidente ha promesso di aiutare, nel mantenere un atteggiamento di sfida nei confronti del partner

In realtà, il presidente americano rivendica tutte le mancate promesse, ormai ultra decennali, di Pechino nel rispettare gli impegni presi per diminuire il deficit commerciale verso la Cina ed in particolare:

– il dominio cinese nella catena dell’offerta

– il supporto incondizionato di Pechino al settore privato

– l’enorme deficit commerciale verso la Cina

– lo spionaggio commerciale cinese nel settore tecnologico

A queste domande, il governo cinese non è in stato in grado di dare risposte concrete in mesi di negoziati, suscitando la crescente irritazione di Washington.

 

L’IMPATTO DEL FALLIMENTO

Il pugno di ferro presidenziale nei confronti della minaccia potrebbe essere inizialmente positivo per Trump, per acquisire consensi per la rielezione.

In realtà, le ricadute del mancato accordo peseranno sulla crescita economica già dai prossimi mesi e su diversi settori, in relazione all’esposizione verso l’economia asiatica.

Secondo alcune stime, il Pil americano potrebbe avere un impatto negativo tra il quarto e mezzo punto percentuale, mentre quello cinese addirittura di un punto e mezzo, nel caso che nelle prossime settimane non solo non venga realizzata alcun tipo di tregua, ma ci fosse anche una ulteriore escalation del conflitto commerciale.

 

CONCLUSIONI

In questo contesto incerto, i mercati azionari potrebbero subire qualche turbolenza prima di assestarsi e digerire il nuovo scenario.

Nel dettaglio i settori più minacciati dall’incremento delle tariffe sembrano essere i seguenti:

  • Metalli e produttori di acciaio. La Cina rappresenta il mercato più importante per la domanda di metalli a livello globale ed un calo della domanda delle importazioni cinesi potrebbe avere un impatto significativo sui prezzi del rame, del ferro e dell’acciaio.
  • Beni di lusso. Il paese asiatico è un mercato chiave, in virtù della presenza sempre più numerosa di consumatori sempre più agiati, per tutte le principali “maisons” e per ora in ottima tenuta, malgrado il rallentamento dell’economia locale.
  • Auto. La domanda di veicoli in Cina è in calo, colpita non solo dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, ma anche da un rallentamento dell’economia nazionale. I potenziali acquirenti di auto nel Paese sono anche in attesa di possibili incentivi governativi per rilanciare il mercato.
  • Semiconduttori. La Cina è una parte essenziale della catena di approvvigionamento per le aziende che producono i chip che sono inseriti negli smartphone, nelle auto ed in molti altri prodotti.
  • Prodotti chimici e farmaceutici. La Cina rimane un mercato chiave per la crescita dell’industria farmaceutica mondiale, perchè i principali produttori americani ed europei  vi esportano oltre il 10% del loro fatturato.

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