Crollano i rendimenti del decennale greco al 6,65%, minimo da ottobre 2010, a livelli pre-crisi. Il Governo ha approvato domenica 30 marzo una controversa manovra di austerità per ottenere una tranche di finanziamento di $8,3 miliardi, ma perde altri consensi e rimane con una maggioranza di due soli voti (152/300).
In aggiunta, le obbligazioni in scadenza a maggio ammontano a circa $12 miliardi. I conti pertanto non quadrano, ma vediamo quale sia la situazione economica.
Saldo primario e fabbisogno finanziario. Un punto fermo della ripresa greca nel 2013 è stato il raggiungimento di un budget primario positivo, un anno prima della scadenza prevista. Obiettivo conseguito attraverso un incremento delle tasse, tagli ai salari, pensioni, altre spese e lotta all’evasione.
Le stime preliminari si attestano oltre i €1.5 miliardi o lo 0.8% del Pil. Parte considerevole del surplus è dovuta ad eventi straordinari, non ripetibili, quali il ristorno dei profitti realizzati dalla UE sulla rivalutazione dei bond greci, acquistati ad inizio del piano di salvataggio. Inoltre altri tagli salariali ai dipendenti pubblici potrebbero essere cancellati in appello dalla Corte Suprema, come già avvenuto in Portogallo.
Nei termini previsti dal piano di “bailout”, il governo è autorizzato a spendere fino al 70% oltre il target previsto e raggiunto. L’esecutivo intende infatti con questa cifra cancellare alcuni tagli eseguiti verso le fasce più deboli della popolazione. Tuttavia, prima di effettuare qualsiasi extra spesa, il surplus primario dovrà essere certificato da Eurostat, l’agenzia statistica europea, non prima della fine di aprile.
Il Governo ha anticipato che il saldo primario salirà al 1,5% del Pil nel 2014 e poi progressivamente fino al 4% nel 2016 e oltre, un livello giudicato sostenibile.
Il deficit sarà pari al 4% nel 2013. Con i miglioramenti indicati, il budget raggiungerà il pareggio di bilancio già dal 2016. Tuttavia, anche in presenza di un surplus consistente, rimangono le preoccupazioni per la sostenibilità del debito greco, che già a fine 2013 supererà il 170% del Pil.
Un terzo piano di salvataggio? Il Piano di salvataggio prevede un target debito/Pil del 110% a fine 2022. Partendo dall’odierno 175%, l’obiettivo sembra impossibile. Per raggiungerlo si stima una crescita del 4% dal 2016 in avanti, evento improbabile, visto che nel 2014 le migliori previsioni parlano di un +0,6% ma Standard & Poor’s prevede un settimo anno di recessione, seppur marginale (-0,3%).
Alcuni economisti ritengono che la Grecia necessiti un terzo piano di salvataggio per sostenere la debole ripresa. Nell’ultima visita (luglio 2013), il Fondo Monetario Internazionale ha confermato che l’elevato livello di debito potrebbe incidere negativamente sulla domanda e sulla crescita economica. Tuttavia, sebbene siano tutti concordi sul livello elevato di debito, non c’è un consenso condiviso sui tempi e la dimensione della riduzione dello stesso.
Governo e Troika si sono dichiarati contrari ad una nuova ristrutturazione, in quanto potrebbe ulteriormente minare la già scarsa fiducia nel Paese ed interrompere il processo di ripresa in corso. Il Governo è peraltro consapevole che un ulteriore taglio del debito non sarà indolore, ma comprenderà misure addizionali di austerità, ormai non più digerite dalla popolazione. Infine, la proposta non sarebbe di facile attuazione, vista l’esigua maggioranza governativa.
Alcuni economisti propongono un allungamento delle scadenze da 30 a 50 anni, con una riduzione di mezzo punto di interessi. Nominalmente il debito rimarrebbe invariato, mentre in realtà il valore di mercato dello stesso diminuirebbe per l’allungamento delle scadenze. Anche in una forma così leggera, si tratterebbe però di “selected default” e soggetto quindi ad un abbassamento del rating sul debito, con tutte le negative conseguenze finanziarie, almeno nel breve periodo.
La Troika si oppone inoltre ad un nuovo taglio nel timore che la Grecia possa rallentare la velocità di riformare il Paese, vale a dire che si possa rilassare in presenza di continui e massici interventi esterni. Il Governo greco è infatti molto indietro nel raggiungimento di alcuni obiettivi del piano ed in particolare nella ristrutturazione della pubblica amministrazione, che deve tagliare ancora migliaia di addetti.
Per questa ragione, Governo e Troika preferirebbero continuare con l’attuale piano di salvataggio, verificando i miglioramenti e facendo gli opportuni aggiustamenti, strada facendo.
L’evidente necessità di reperire fondi per far fronte alle prossime scadenze, potrà essere raggiunta attraverso una combinazione di allungamento delle scadenze, nuovi fondi disponibili dalla UE, tagli di bilancio e miglioramenti delle entrate. La Troika potrebbe inoltre prevedere specifici finanziamenti a fronte di progetti che possano migliorare la competitività del Paese (es: ammodernamento delle infrastrutture). Il ritorno sul mercato dei capitali nel secondo semestre potrebbe risolvere gran parte del problema.
Attuali negoziazioni. Il Governo greco deve fronteggiare un fabbisogno finanziario stimato in €4-€5 miliardi nel 2014 ed €6-€7 miliardi nel 2015. €9 miliardi ($12.5 miliardi) di debito sono in scadenza a fine maggio. Domenica 30 marzo il parlamento ha approvato una serie di riforme, gradite alla Troika, per sbloccare una tranche di pagamento di $8,4 miliardi.
Situazione politica. La coalizione al Governo, guidata dal partito conservatore Nuova Democrazia, aveva una maggioranza risicata di tre seggi (153/300), prima della seduta di domenica scorsa, durante la quale c’è stata almeno una defezione evidente ed altri mal di pancia, tra i quali quello più clamoroso dell’ex primo ministro George Papandreu, che si è astenuto su alcuni punti della votazione e la cui posizione mette in seria difficoltà il suo stesso partito, i socialisti del Pasok, secondo membro della coalizione. Lo scorso giugno era uscito dal Governo il terzo partito della coalizione con circa 15 seggi, la Sinistra Democratica, dopo la chiusura della televisione di stato, che valuta la propria posizione responsabilmente ad ogni votazione. La minaccia maggiore per Nuova Democrazia è il partito di sinistra Syriza, che ha incrementato i propri consensi nell’ultimo biennio, tra coloro che si oppongono al duro piani di austerità della Troika, pur volendo mantenere l’appartenenza alla divisa unica. Si teme che alle prossime elezioni europee questo partito possa ottenere la maggioranza relativa. Un’altra minaccia, ancora più pericolosa, è il partito di estrema destra di stampo filo-nazista, Alba Dorata, che trova consensi tra i disoccupati e tra coloro che vogliono una alternativa dura alla politica ambigua del Governo verso l’immigrazione. Attualmente è la quarta forza politica del Paese con previsioni di voti tra il 5 ed il 7%, quali quelli ottenuti nelle ultime elezioni politiche del 2012. Negli ultimi mesi il suo leader è stato arrestato con l’accusa di avere ucciso un militante dell’estrema sinistra insieme ad altri militanti. Malgrado la testa del partito sia stata decapitata ed il Primo Ministro ne abbia chiesto la sua radiazione, Alba Dorata supererà la soglia del 5%.
Un nuovo partito (To Potami), il Fiume, è stato fondato da un giornalista televisivo e dal nulla raggiunge il 7,5% nelle intenzioni di voto. Il suo leader rifiuta etichette di destra o di sinistra, ma la sua base appare spostata a sinistra. La Grecia terrà elezioni amministrative il 18 maggio, il weekend prima di quelle europee, quando si terranno anche gli eventuali ballottaggi. Qualora le elezioni europee evidenziassero un forte successo dell’opposizione, la stessa potrebbe spingere il Paese verso nuove elezioni a marzo 2015, un anno prima della scadenza parlamentare. Questo risultato non è così scontato, in quanto i recenti miglioramenti economici potrebbero invece rafforzare la coalizione al Governo.