Il primo mese dell’anno si sta chiudendo in modo molto brillante su quasi tutte le Piazze borsistiche mondiali, malgrado notizie economiche poco rassicuranti sulle prospettive della crescita mondiale nel corrente anno.
Molti Paesi hanno pubblicato nelle ultime tre settimane dati che confermano le stime di un rallentamento generalizzato, già peraltro annunciato anche dal Fondo Monetario Internazionale.
In primis, la Cina ha comunicato che l’aumento del Pil del 2018, pari al +6,4%, è risultato il più modesto degli ultimi 30 anni. In aggiunta, le vendite di auto nella prima economia asiatica hanno registrato un calo lo scorso anno per la prima volta da inizio millennio.
Trasferendoci nel Vecchio Continente, anche la locomotiva tedesca denuncia segnali di stanchezza con modesta crescita sia di Pil che delle esportazioni e calo della produzione industriale.
Passando alla Francia, è ancora difficile quantificare l’impatto negativo del movimento di protesta dei “giubbotti gialli” sull’economia domestica, mentre la Gran Bretagna è paralizzata dall’impasse sulla Brexit con conseguente diminuzione della fiducia dei consumatori e crollo delle vendite al dettaglio nel mese di dicembre.
La carrellata europea termina con le previsioni di crescita dell’Italia, per il 2019 sensibilmente riviste al ribasso fino ad un +0,6%, passando attraverso una probabile recessione tecnica degli ultimi triestri dello scorso anno.
Qualche segnale di rallentamento si intravede anche negli Stati Uniti i quali, comunque, continueranno a crescere ad un ritmo probabilmente superiore al due per cento, malgrado i riflessi negativi della guerra commerciale con la Cina e lo Shutdown, solo congelato per le prossime tre settimane.
LA RIPRESA DEI MERCATI AZIONARI
La forte discesa di Wall Street tra novembre e dicembre ha costretto la Federal Reserve a modificare il suo atteggiamento di politica monetaria da restrittivo a neutrale per evitare un avvitamento degli indici in territorio di “bear market”, vale a dire con una discesa superiore al 20%.
Tale scenario si presenta normalmente solo in periodi di recessione economica, i cui segnali non sono ancora emersi nell’economia a stelle e strisce.
La ripresa degli indici è legata, oltre ad un veemente rimbalzo tecnico, anche alla ripresa dei colloqui bilaterali tra Stati Uniti e Cina per smussare le controversie sui dazi doganali, che hanno già in precedenza creato turbolenze sui mercati azionari mondiali.
In realtà, ciò che non dispiace agli investitori è la posizione della Banca Centrale statunitense che vigilerà con estrema attenzione sull’andamento volatile dei mercati ed ha già comunicato che prevede di ridurre il programma di “Quantitative tightening” prima del previsto.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Dalla seduta del 24 dicembre, lo S&P500 è risalito del 16%, compreso il +5% della giornata di Santo Stefano.
Dopo tre settimane di violento rimbalzo, l’indice ha chiuso la quarta in sostanziale pareggio (-0,1%). Dopo aver superato la media a 50 giorni a 2.614 punti, il listino americano si è fermato ancora lontano dall’attacco delle due successive: la 100 a 2.721 e la 200 a 2.741 circa.
Il superamento delle ulteriori resistenze tecniche, congiuntamente con i nuovi colloqui tra Usa e Cina, sarà il leitmotiv sicuramente di questa settimana ed anche di quella successiva nella speranza che l’atteggiamento della Fed continui ad essere conciliante, almeno a parole.