Falliscono, uno dietro l’altro, gli ultimi maldestri tentativi di salvare i mercati azionari mondiali dal crollo orchestrati, ancora una volta, dalle principali Banche Centrali mondiali. Con la Federal Reserve, ormai defilata, Francoforte, Pechino e Tokyo sono le più irriducibili nel contrastare una caduta, che ormai appare incontenibile.
Solo nell’ultima settimana, infatti, Tokyo ha abbassato i tassi a negativi, mentre Pechino ha rafforzato lo yuan prima della chiusura del Paese per la festività del Capodanno lunare ed infine la BCE ha ripetuto che interverrà ancora il prossimo marzo, implementando anch’essa i tassi negativi nel disperato disegno di rialzare il tasso di inflazione anche nelle economie europee.
I mercati azionari sono stati piuttosto riluttanti a scendere dopo quasi sette anni di salita, praticamente incontrastata. Tuttavia, l’inizio d’anno ha confermato il detto che la velocità di caduta degli indici è assai più veloce della lentezza della salita. In sostanza, come dicono gli operatori, sono sufficienti poche settimane per cancellare i rialzi di mesi o di anni.
Molte delle certezze radicate negli ultimi anni sono infatti svanite nel tempo di un mese e la convinzione che le Banche Centrali possano sempre salvare il mondo ed i mercati azionari sta velocemente lasciando la scena al ritorno alla normalità dell’alternanza tra periodi di rialzo ad altri di ribasso, in relazione ai fondamentali societari ed agli andamenti macroeconomici. In realtà, quello che dovrebbe essere la base della teoria del mercato azionario è stata completamente stravolta negli ultimi sette anni, a causa dell’eccessivo e continuo intervento delle Banche Centrali, che lo hanno inondato di liquidità, alterando le valutazioni e creando una bolla gigantesca. Ora, anche questo esteso ed infinito paracadute sembra essere venuto meno o, in ogni caso, i suoi benefici sono alquanto sfumati, per non dire nulli. Il re è ormai nudo e gli indici crollano come pere marce ripetendo, scenari già visti nel 2000, nel 2003 e nel 2008.
Il mercato è come un atleta che deve competere con gli avversari con le stesse armi e con i propri mezzi. Il doping, l’ingegneria finanziaria ancora concessa attraverso il meccanismo di riacquisto delle azioni proprie (buyback), ha solo allungato il rialzo dei listini facendo pensare che questa volta fosse eterno.
Il brusco risveglio è invece arrivato, in quanto il mercato azionario è sempre un precursore dell’andamento economico e prevede una crisi con almeno 6-9 mesi di anticipo.
Un’altra peculiarità degli indici è quella di mettere, per ragioni di opportunità, tutto insieme, soprattutto le brutte notizie, che al momento abbondano. Crollo delle materie prime, drammatiche svalutazioni di alcune divise nei Paesi emergenti, bolle immobiliari, rallentamento della crescita cinese e caduta del commercio mondiale sono solo alcuni dei materiali ignifughi, che alimentano l’incendio ormai sviluppato. Oggi, si aggiunge anche una nuova crisi bancaria planetaria ed il perenne tormentone sul default della Grecia, che ritorna in auge con frequenza almeno semestrale.
E’ evidente che ora manca il pompiere. Le banche Centrali sono in silenzio, del tutto impotenti di fronte al crollo, anzi timorose che ogni ulteriore loro iniziativa possa essere interpretata dai mercati come un atto disperato, come è accaduto la scorsa settimana con la Banca Centrale giapponese, il cui nuovo bazooka dei tassi negativi è stato completamente spiazzato dalla rivalutazione dello yen.
Questa è la situazione alla quale ci ha condotto il dissennato comportamento delle banche centrali mondiali, che ha generato un esagerato incremento della domanda di credito a tassi bassi, in particolare in Cina. La seconda economia cinese sta vivendo, infatti, una bolla creditizia epocale che sta diventando un boomerang per la sua futura crescita economica. Il Paese sta, di conseguenza, bruciando riserve valutarie ad un ritmo di 100 miliardi di dollari al mese per difendere lo yuan, la divisa nazionale, ed evitare una brusca svalutazione, un ritmo non sostenibile a lungo.
Di fronte a tale scenario negativo, anche gli investitori più ottimisti hanno gettato la maschera e, come sempre accade, sono fuggiti molto velocemente, lasciando il cerino in mano al povero risparmiatore ignaro delle sirene che ormai suonavano già da diversi mesi e blandito dalle rassicurazioni di coloro che sostenevano che il mercato non sarebbe mai crollato.
Al detto “buy on dips” (compra su debolezze) si è sostituito il più realista “sell the rally” (vendi su ogni rimbalzo) e la mattanza dei piccoli risparmiatori è andata in onda anche questa volta.
E’ possibile, ma non così scontato, che in questa nuova crisi finanziaria non assisteremo ad uno “shocking event” come il collasso della banca d’affari Lehman Brother, in quanto le autorità monetarie faranno di tutto per evitarlo. Tuttavia, la discesa degli indici sarà molto profonda come nel 2008/09 e la risalita dagli inferi assai più lunga, in presenza di armi completamente spuntate da parte di Governi (debiti pubblici sempre più elevati e nuova recessione) e delle Banche Centrali (tassi a zero o addirittura negativi).