Friday 22nd November 2024,
Pinguinoeconomico

Dal 2013 al 2014: STESSI PROBLEMI ED IDENTICHE BUGIE

Il 2013 è finito in cavalleria con botti e fuochi d’artificio sui mercati finanziari. Indici ai nuovi massimi storici e spread dei paesi periferici europei (Italia, Spagna ed Irlanda) ai livelli pre -crisi di metà 2011.

Un mondo fantastico quindi con grandi premesse per l’anno in corso. Purtroppo, mai lo scollamento tra il mondo finanziario e quello reale è stato così evidente. E’ quindi possibile che il primo dovrà prima o poi ridimensionarsi, sperando che la discesa od il crollo non impatti negativamente su molte economie già molto depresse, alcune delle quali hanno ripreso a crescere ma a tassi troppo deboli per innestare una ripresa virtuosa e strutturale.

L’economia mondiale è stata tenuta in vita dai miliardi spesi dai governi per fronteggiare la crisi e dai trilioni stampati dalle banche centrali. Il risultato è stato molto modesto. Entriamo nel sesto anno dall’inizio della recessione con debiti sovrani spaventosi, livelli di deficit ancora considerevoli e soprattutto una bolla gigantesca su quasi tutte le principali “assets class”: materie prime, azioni, obbligazioni e mercato immobiliare.

Nessuno ha vigilato ed anzi come era già successo nel 2006-2008 per lo scoppio della bolla immobiliare americana, le autorità monetarie preposte (FED) hanno contribuito alla creazione della bolla e del suo scoppio con le stesse politiche scriteriate (Greenspan), negando poi successivamente tutta la loro responsabilità.

E’ assurdo constatare che l’essere umano non impara mai dai propri errori. Anche questa volta siamo sullo stesso identico binario ma probabilmente ci siamo spinti ben oltre il dirupo e non riusciremo a tornare indietro senza farci del male.

L’economia di strada non si riconosce però nell’esuberanza dei mercati finanziari. La disoccupazione continua a crescere quasi ovunque penalizzando i consumi. Le attività e le aziende chiudono distruggendo redditi ed entrate fiscali. C’è anche nuovo fermento economico con voglia di ricominciare e buttarsi alle spalle questo periodo storico molto negativo, ma quello che si crea non compensa quasi mai ciò che è stato distrutto sia in termini di volumi che di prezzi (salari).

L’anno si è chiuso poi con lo spettro e la minaccia di entrare in una fase nuova che nessuno di noi viventi ha praticamente sperimentato: la deflazione. Lo scenario è reale in Europa ma anche negli USA, una beffa se pensiamo ai trilioni di dollari e di euro stampati dalla Fed e prestati a tassi zero alle banche europee dalla BCE.

Giappone, Cina, Europa e Stati Uniti sono sempre attanagliati dagli stessi problemi e nello specifico la deflazione, la crisi del sistema finanziario, i debiti pubblici in continua crescita e la disoccupazione ancora elevata.

I mercati emergenti emettono a turno segnali di allarme e nell’ultimo mese dell’anno il più pericoloso è arrivato dalla vicina Turchia.

 

STATI UNITI

Terza revisione del PIL terzo trimestre al +4,1% dal +3,6% della precedente. E’ l’incremento più elevato dal quarto trimestre 2011. Il dato è quasi il 50% in più rispetto alla prima uscita (2,8%).

Tasso di disoccupazione scende al 7% a novembre dal 7,3% di ottobre ed al 6,7% a dicembre, mese nel quale oltre 500k persone escono però dalla forza lavoro e nel quale sono stati creati solo +74k nuovi posti di lavoro, il livello più contenuto dal gennaio 2011.

Calano tuttavia i redditi personali del -0,1% ad ottobre rispetto ad una stima del +0,3%, peggiore discesa dal 2010 mentre la percentuale di risparmio scende al 4,8% dal 5,3% del mese precedente, segnale che i consumi continuano ad essere sostenuti dal debito e dal credito al consumo.

A novembre invece I redditi personali salgono del +0,2% con la componente salari in crescita del +0,4%. Nello stesso mese anche le spese accelerano con un +0,5%, rispetto al +0,4% del mese precedente. Scende ancora  invece  la percentuale di risparmio  che si abbassa al 4,2%.

Le nuove richieste di mutui calano del -66% dai massimi del 2013, tornando ai livelli del 2000.

Vendite natalizie +2,4%, il peggior incremento dal 2009.

 

CANADA

Prezzi al consumo a novembre -0,1% su ottobre e +1,1% sull’anno precedente.

Vendite al dettaglio di ottobre – 0,1%.

Disoccupazione a sorpresa sale al 7,2% a dicembre dal 6,9% di novembre con il numero di nuovi occupati negativo per -45k.

 

EUROPA (AREA EURO)

Draghi vede rischi al ribasso per la ripresa economica (16 dicembre) e manterrà un atteggiamento accomodante della politica economica.

Prezzi al consumo a novembre a -0,1% su mese e +0,9% su anno. A dicembre +0,8% sull’anno precedente, una conferma che il rischio deflazione (per ora solo disinflazione) è molto presente.

Disoccupazione ferma a dicembre al massimo storico del 12,2%.

 

GRECIA

La disoccupazione sale a settembre al 27,4% dal 27,3% dei due mesi precedenti e solo un decimo sotto il record di maggio (27,5%).

Il Governo estende il periodo di espropriazioni immobiliari contro il parere della Troika che voleva la reintroduzione del rispetto dei criteri previsti dalla legge bancaria.

Nessun accordo sul budget, sui tagli e sulle riforme tra la Grecia ed i suoi creditori. Continua lo stucchevole braccio di ferro ma ormai nessuno più se ne interessa.

 

ITALIA

Inflazione scende a novembre del -0,3% rispetto ad ottobre e al +0,7% sull’anno precedente, livello registrato nell’ottobre 2009.

Sale la disoccupazione a dicembre al nuovo record storico del 12.7%, oltre le attese e rispetto al 12,5% di novembre.

Consumi petroliferi in calo nel 2013 del -9,6% rispetto all’anno precedente, quelli di gas  del -3,4% e quelli elettrici del -5,4%.

Impieghi alla imprese -4% a novembre sull’anno precedente, contro il -3,7% di ottobre ma raggiungono il -5,9% a dicembre.  Anche le sofferenze aumentano a 150mld a novembre dai 147 del mese di ottobre.

Le vendite al dettaglio in calo ad ottobre del -0,1% sul mese e del -1,6% su base annua. Nei primi dieci mesi dell’anno la discesa cumulata è del -2,2%. Il dato sembra confermare che la caduta stia rallentando, fenomeno riscontrato anche nelle vendite auto.  Ancora  prematuro invece prevedere un cambiamento di tendenza.

Riprende a scendere la fiducia dei consumatori a dicembre da 98,2 a 96,2 dopo alcuni mesi di modesto rialzo. Il dato è peggiore della aspettative che prevedevano un altro rialzo a 98,8.

Le vendite natalizie sono calate di oltre l’8% rispetto al 2012.

Dicembre registra un segno positivo (+1,4%) dopo oltre 40 negativi per le vendite auto. L’incremento è modestissimo ma dobbiamo comunque registrarlo.

Spread sotto i 200 punti rispetto al bund tedesco e rendimento del decennale al 3,9% ai livelli del maggio 2011. Il titolo a due anni è stato emesso sotto l’1%, un nuovo minimo storico.

 

PORTOGALLO

Prezzi al consumo calano a novembre del -0,2% rispetto ad ottobre.

Deficit/PIl primi nove mesi 2013 al 6,3%, contro il 6,1% di metà anno e ben al di sopra dell’obbiettivo stabilito del 5,5%.

Il Paese rifiuta un secondo pacchetto di aiuti confortato dalla discesa degli spread dei Paesi periferici. Tuttavia sta negoziando una linea di credito per fronteggiare eventuali emergenze.

Il Governo ha approvato nuovi pacchetti di austerità per 390mln che colpiranno le pensioni oltre i 1.300 euro mensili per non sforare dal budget concordato con la Troika.

 

IRLANDA

Prezzi al  consumo a novembre -0,2% sul mese precedente, stesso dato di ottobre. Su base annua il dato è in timido rialzo al +0,3%.

Ritorna sul mercato dei capitali con una emissione di un bond a dieci anni per 3mld: un vero successo con richieste per 10mld soddisfatte per 3,75mld al tasso del 3,54%.

L’euforia sembra fuori luogo ed assolutamente eccessiva. Il Paese quota solo 50 basis points più del titolo decennale statunitense e mette a segno un incredibile rimonta dal 14% raggiunto al picco della crisi.

Secondo i mercati nell’isola celtica non vi è più alcun rischio. La disoccupazione è scesa a dicembre per il 18esimo mese consecutivo (ma è comunque ancora al 12,4%), i prezzi delle case sono ripresi a salire (ma solo a Dublino grazie ad acquisti di investitori esteri).

I movimenti sono certo nella giusta direzione ma non da giustificare un premio al rischio così contenuto.

Il deficit viaggia al 7% del Pil con un debito che si attesta al 125%, il quarto in Europa in percentuale ma il primo al mondo pro-capite visto che gli irlandesi sono solo 4,4mln di abitanti.

 

 SPAGNA

Prezzi al consumo a novembre +0,2% sia sul mese che sull’anno precedente.

Cresce senza sosta il debito pubblico che raggiunge a fine settembre il 93,4% del Pil, superando l’obiettivo di fine anno (93%), già dopo nove mesi, rispetto al 93,2% di metà anno. Alla fine di questo anno il debito raggiungerà il trilione di euro dai 330mld del 2007, un incremento del +200%. Malgrado la discesa degli spreads, la Spagna emetterà nel 2014 6mld aggiuntivi di nuovo debito rispetto al 2013 per complessivi 294mld, pari ad oltre il 30% del debito.

Sofferenze bancarie al 13% ad ottobre dal 12,7% di settembre, ennesimo record storico.

Il consumo elettrico scende al livello del 2005, mentre il prezzo è salito nello stesso periodo del +70%.

Il deficit commerciale è sceso del -56% nei primi 10 mesi dell’anno rispetto al 2012 per il crollo delle importazioni ed un miglioramento dell’export. Ad ottobre l’export è salito del +6,2% mentre le importazioni si sono contratte del -2%.

Anno record per il turismo spagnolo che torna ad essere il terzo Paese più visitato al mondo, scavalcando la Cina.  Il numero di passeggeri in entrata è cresciuto nei primi 11 mesi del +5%, conseguendo già lo stesso risultato di tutto il 2012. In questo ha sicuramente contribuito la crisi politica egiziana, luogo di destinazione marittimo per molti turisti in inverno che hanno trovato nelle isole Canarie un valido sostituto.

 

BELGIO

La fiducia delle imprese riprende a scendere a dicembre dopo la leggera ripresa di novembre. Il Paese non riesce a beneficiare della fiducia in crescita nella confinante economia tedesca.

 

FRANCIA

Il Presidente Hollande ha deciso di intervenire militarmente nella Repubblica Centro Africana confermando l’approccio guerrafondaio della politica estera transalpina negli anni recentissimi tra Libia, Mali e RCA. I francesi sono stati inoltre uno dei principali sostenitori del mancato intervento militare in Siria a fine agosto.

Salari aumentano a novembre del +1,6% sull’anno precedente, unico caso in tutta Europa.

Indice Pmi servizi scende a 47,4 a dicembre (stima  49) dal 48 di novembre, al livello più basso da sei mesi. Anche l’indice manifatturiero cala a 47,1 (stima 49,1) da 48,4 del mese precedente.

Riprende a salire la disoccupazione a novembre per la seconda volta in sei mesi registrando altri 17.800 nuovi iscritti. Il numero totale raggiunge i 3.293.000 con un incremento del 5.6% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Continuano i licenziamenti e le proteste  nelle grandi aziende. Stora Enso, la cartiera finlandese, chiuderà la produzione a giugno lasciando a casa 530 addetti mentre nello stabilimento GoodYear, da oltre un anno a rischio chiusura, gli operai hanno sequestrato due managers ed è dovuta intervenire la polizia per liberarli pacificamente.

Prezzi alla produzione a novembre +0,5% rispetto ad ottobre ma -0,6% sull’anno precedente.

Una doppia alluvione a metà del mese scorso ed a cavallo del fine anno ha messo completamente in ginocchio la Bretagna, regione a nord ovest del Paese.

Monta nel weekend lo scandalo sulla presunta amante del presidente. Vediamo quali implicazioni politiche ed economiche avrà nei prossimi giorni.

 

GERMANIA

L’indice ZEW  che misura la temperatura dell’attività imprenditoriale sale a 62 a dicembre dal 54,2 di novembre, massimo da aprile 2006.

Indice di fiducia delle imprese (IFO) sale a dicembre a 109,5, il livello più elevato da 18 mesi (giugno 2012).

Indice PMI del settore privato sale a dicembre a 55,4, massimo livello da due anni e mezzo rispetto ai 53,2 di ottobre. Disoccupazione stabile al 6,9% a dicembre.

L’indice dei prezzi al consumo ritorna a crescere a novembre +0,2% dopo il calo di ottobre (-0,3%). Su base annua l’inflazione sale al 1,3%, rispetto al +1,2% del mese precedente.

 

AUSTRIA

La Banca Centrale sostiene a dicembre che le banche austriache debbano rafforzare il capitale. La produzione industriale ad ottobre scende del -0,6% sull’anno precedente.

 

SLOVACCHIA

Scende il tasso di disoccupazione a novembre al 13,5% dal 13,7% di ottobre. Pil terzo trimestre a +0,2% sul precedente e +0,9% sul 2012.

 

SLOVENIA

Gli stress test sulla solvibilità bancaria usciti il 12 dicembre hanno confermato che il sistema finanziario necessita di 4,7mld di euro per ricapitalizzare i principali Istituti del Paese.  Il Governo ha dichiarato che il Paese farà fronte con proprie disponibilità alla ricapitalizzazione, evitando un salvataggio internazionale.

L’intervento dello Stato porterebbe il debito pubblico al 75% del PIL, stimato per il 2013 al 65%. Sembra tutto semplice come al solito ma non sarà facile per le banche rastrellare almeno 1,1mld di euro entro fine giugno (il resto lo metterà lo stato) e la Slovenia ha forti difficoltà ad emettere obbligazioni sui mercati internazionali senza dover pagare tassi troppo elevati.

 

CIPRO

La Banca di Cipro, principale Istituto di credito del Paese, registra 1,94mld di perdite nei primi nove mesi del 2013.

 

CROAZIA

Indice prezzi al consumo a novembre -0,2% sul mese precedente e +0,4% sul 2012.

Secondo la Banca Centrale l’economia crescerà del +0,7% nel 2014, un rimbalzo molto modesto dopo cinque anni di pesante recessione alternati a periodi di crescita insignificanti.

 

EUROPA EXTRA EURO

GRAN BRETAGNA

Prezzi al consumo continuano a calare anche in Inghilterra. A novembre il tasso di inflazione si attesta al +2,1%, livello minimo da quattro anni (novembre 2009).

Tasso di disoccupazione ad ottobre al 7,4% dal 7,6% del mese precedente, raggiunge il livello più basso da aprile 2009.

Prezzi degli immobili ancora in ascesa a novembre con Londra che registra un folle +12% sull’anno precedente ed il resto del Paese un +7,6%. Dicembre è il primo mese con una timida flessione.

La fiducia dei consumatori cala inaspettatamente per il terzo mese consecutivo confermando che le preoccupazioni del Governatore della banca centrale sulla sostenibilità della ripresa economica sono reali.

 

NORVEGIA

Tasso di disoccupazione scende nell’ultimo trimestre ad un 3,3%, meglio della stima prevista del 3,5%.

Incombe la deflazione con l’indice dei prezzi al consumo che a dicembre scende del -0,1% sul mese e sale solo del +0,2% su anno.

 

SVEZIA

Grattacapi per la banca Centrale con l’indice dei prezzi al consumo che scende a novembre del -0,1% rispetto ad ottobre ed è in marginale crescita del +0,1% sull’anno precedente. Sale anche la disoccupazione dal  7,3 al 7,5%.

Per contrastare il rallentamento dell’economia taglia i tassi  di 25bps allo 0,75%, un passo che potrebbe anche essere controproducente vista l’ormai nota bolla immobiliare pronta ad esplodere.

 

DANIMARCA

Pil cresce del +0,4% nel terzo trimestre sul precedente. Vendite al dettaglio +0,5% a novembre sull’anno scorso mentre l’indice di fiducia dei consumatori cala a dicembre.

                                                                                                                                                                                     

EUROPA ORIENTALE

POLONIA

La Banca Mondiale alza le stime di crescita del Paese dal +2% al +2,8% per il 2014.

Vendite al dettaglio salgono del +3,8% a novembre sull’anno precedente.

La disoccupazione a novembre è stabile al 13,2% rispetto ad ottobre.

 

UCRAINA

L’accordo con la Russia garantirà all’Ucraina nuovi finanziamenti grazie all’acquisto russo di bond ucraini per 15 miliardi di dollari allontanando il rischio default a breve termine, uno scenario che era apparso sempre più probabile nelle settimane precedenti. Oltre all’acquisto del debito, la Russia ha concesso uno sconto sul prezzo del gas del 30%, pari ad un risparmio di 5 miliardi di dollari, e si è impegnata a rimuovere i vincoli doganali all’export ucraino. L’accordo consente all’Ucraina sia di finanziarsi senza tagliare i sussidi al prezzo del gas sia di svalutare la hryvnia, come chiedeva il FMI per concedere il salvataggio. Le opposizioni filo-europee hanno osteggiato l’intesa definendola lesiva della sovranità e degli interessi nazionali. Il rischio è una recrudescenza delle tensioni.

 

ROMANIA

Taglia il tasso di sconto al 3,75%, il minimo di sempre.

 

SERBIA

Banca Centrale taglia il tasso di sconto dal 10 al 9,5%, nel tentativo di rilanciare la crescita economica. Un taglio analogo di 50bps era già stato effettuato anche a novembre. I tassi rimangono tra i più alti di Europa mentre il Paese ha bisogno di liquidità perché rischia il default a metà del 2014.

 

BULGARIA

Persistono le proteste contro la corruzione. Il Paese è secondo in Europa in questa classifica solo alla Grecia mentre rimane in cima alla lista come il Paese più povero dell’Unione Europea.

 

ALBANIA

Pil terzo trimestre scende inaspettatamente del -2,3% abbassando le previsioni di crescita per il 2013 al +1,2%, contro il +1,7% del  2012 ed una stima del +2,1% nel 2014.

 

MEDIO ORIENTE

Montano i focolai di crisi, sia militari che politici ed economici.

TURCHIA

La disoccupazione sale a settembre al 9,9%. Crolla la lira turca al minimo storico contro dollaro e si trascina anche l’indice azionario. Il Paese vive una grave crisi politica con il partito di maggioranza del premier Erdogan coinvolto in un caso di corruzione che riguarda oltre 50 esponenti della coalizione di governo. A fine dicembre si sono dimessi 4 ministri ed uno ha invitato il primo ministro a fare altrettanto. Riprendono fiato i movimenti di protesta che erano stati repressi anche nel sangue lo scorso maggio ad Istanbul.

C’è molta preoccupazione per le sorti del Paese che rimane uno dei mercati emergenti più promettenti ma dal quale i capitali si stanno dileguando molto velocemente, già nell’ultimo anno. La crescita nel 2013 supererà a malapena il 4%, la metà di quanto conseguito nel triennio precedente. Il deprezzamento così  violento della divisa, qualora non fosse velocemente recuperato, avrà un impatto molto pesante sulla crescita economica nel 2014.

 

ISRAELE

Fiducia dei consumatori cala a novembre, prima discesa in sei mesi.

 

EGITTO

Record del mercato azionario il 18 dicembre (+22% in tre mesi) sull’approvazione di un secondo pacchetto di stimoli per 3,2mld dopo quello di agosto. L’inflazione vola però al 13%.

Riserve valutarie scendono a novembre a 17,8mld e cresce il mercato nero che ha fame di valuta pregiata. Per acquistare dollari uffcialmente si fanno infatti lunghe code agli sportelli bancari. La ripresa economica è penalizzata dalle difficoltà degl importatori egiziani a poter onorare i debiti valutari.  Il fenomeno è per ora ancora abbastanza circoscritto con il cambio illegale che si posiziona solo ad un +7% di spread rispetto a quello  ufficiale, differenza ancora marginale rispetto al 40% dell’Algeria, al 50% dell’Argentina, o al quasi 100% del Venezuela.

 

IRAQ

La diffusione dell’estremismo islamico militare nella parte centrale del Paese è preoccupante. Al  Qaida controlla ora una fascia di territorio molto vasta che va dallo Yemen alla Siria fino ad intere città dell’Iraq e continua ad estendersi anche nel continente africano.

 

AFRICA

I paesi nella fascia sahariana sono una polveriera con guerre tribali esplose, sostenute da idealismi religiosi ed alimentate dal fondamentalismo islamico sempre più radicato e violento (Al Qaida).

Sudan, Repubblica Centraficana , Mali sono in rivolta con decine di morti e migliaia di profughi. Negli ultimi due Paesi la Francia è intervenuta direttamente con forze militari proprie. Senza dimenticarci dei latenti conflitti nei Paesi del corno d’Africa: Etiopia, Somalia ed Eritrea, governati da dittatori sconosciuti spesso in guerra tra loro e devastati dalle bande islamiche.

Più a sud a fine anno è scoppiata una mini insurrezione anche in Congo, Paese da anni attraversato da lotte intestine alla frontiera orientale con Ruanda e Burundi, per il controllo dei grandi giacimenti di pietre preziose.

 

AMERICA LATINA

BRASILE

La Banca Centrale rivede ancora al ribasso le previsioni di crescita per il 2014 ad un modesto +2,3% dal +2,5% precedente.

Il tasso di inflazione salirà l’anno prossimo al 5,95%, per il quarto anno consecutivo sopra l’obiettivo del +4,5%.

Le vendite di auto nel 2013 calano del -0,9% rispetto allo scorso anno. Si tratta della prima discesa annuale in oltre 10 anni. Un segnale della debolezza dell’economia penalizzata dal’eccessivo debito privato e dalla stretta sul credito al consumo.

Dal Paese sono usciti dollari nel 2013 al massimo volume in oltre un decennio tra crescenti avversioni al rischio e spostamenti di capitali nel mercato globalizzato. Il deflusso di capitali è stato di 12,3mld rispetto all’afflusso di 16,8mld nel 2012 e la più grande uscita dal 2002 con il primo saldo negativo dal 2008 quando fu solo però di -0,9mld. Nel solo mese di dicembre sono stati prelevati dal Paese 8,8mld, una evidente conferma che il “tapering” della FED sarà molto penalizzante per i mercati emergenti.

 

ARGENTINA

Inflazione sale al 26,8% a novembre rispetto al 10,5% ufficiale dichiarato dal Governo.

Il Paese ha fame di dollari per rimpolpare le proprie scarse riserve valutarie. Il nuovo governatore della banca centrale ha definito stimoli per alcune categorie di esportatori affinchè depositino  i loro dollari in banca invece di mantenerli all’estero in attesa di ulteriori rivalutazioni verso il peso, la divisa nazionale.

VENEZUELA

Il Paese è nel caos più assoluto. I supermercati hanno gli scaffali vuoti non tanto per la crisi ma per evitare di vendere ai prezzi imposti dal governo non remunerativi. Fiorisce pertanto il contrabbando con la Colombia dove vengono portati i beni di prima necessità.

Nei giorni scorsi tutti i ministri si sono dimessi per accelerare un rimpasto di governo. Cresce la criminalità ed il Paese è traumatizzato dall’uccisione di una ex miss nel corso di una rapina da parte di una banda di criminali organizzati.

 

PANAMA

Ad ottobre il Pil è in crescita del +8,2% rispetto al precedente anno. Ci sono grossi problemi invece per il cantiere dell’ampliamento del canale di Panama. Il consorzio europeo capitanato da una azienda spagnola che comprende anche l’italiana Impregilo contesta il lievitare dei costi e ha minacciato di tirarsi indietro. Il primo ministro panamense è in visita in Europa ed è riuscito a sbloccare una tranche di finanziamenti ma la situazione non è ancora del tutto risolta.

 

BARBADOS

Problemi anche in questo paradiso caraibico. Barbados licenzierà 3,000 persone nel settore pubblico entro marzo e congelerà I salari per contrastare l’esponenziale crescita del debito pubblico dopo gli allarmi lanciati dal Fondo Monetario Internazionale sulla necessità di rapidi “aggiustamenti”.

Il rapporto debito/PIl ha raggiunto a fine terzo trimestre il 94%, superando il 93% (I dati non sono comunque paragonabili) che spinse Cipro a chiedere il salvataggio all’Europa lo scorso marzo.

Il default, sempre più probabile per un Paese di soli 288.000 abitanti che vive di export e turismo, non sarebbe una novità nell’arcipelago caraibico. Dal 2003 infatti ce ne sono stati ben otto in sei Paesi tra i quali Belize, Grenada, Dominica, Giamaica e St. Kitts & Nevis. Anche la Repubblica Dominicana vi è andata molto vicino nell’ultimo decennio ed ora è Portorico in notevoli difficoltà.  L’economia di 3.7 miliardi di dollari di Barbados si contrarrà del -0,7% nel 2013 contro una crescita della zona caraibica del +1,3%, la metà di quella prevista nel continente sudamericano.

 

CILE

Mentre il Ministro delle finanze prevede crescita al +4,9% per il 2014, la Banca Centrale la vede sotto il 4%, a causa della debolezza del prezzo del rame, del quale il Paese è uno dei principali produttori mondiali, e dell’aumento dei tassi di interesse.

La crescita cilena è stata impressionante nell’ultimo trentennio con un +5,2% medio annuo, contribuendo ad alzare il reddito procapite a 19.100 dollari il più elevato dell’America Latina.  Rimangono tuttavia forti diseguaglianze che il primo ministro Bachelet, appena rieletta, cercherà di ridurre facendo tesoro della precedente esperienza politica di capo del Governo dal 2006 al 2010.

 

ASIA

La paventata crisi di alcune economie asiatiche sembra essersi risolta improvvisamente a settembre. La marcia indietro della FED sul tapering ha riportato inaspettati capitali in alcuni Paesi, India ed Indonesia in primis. Le divise nazionali hanno recuperato parte della svalutazione dei precedenti mesi. Tuttavia nulla è cambiato e l’applicazione del tapering  da gennaio riporterà a galla tutti i precedenti problemi.

Cina e Giappone sono due giganti dai piedi di argilla. La prima con la silente bolla immobiliare ma soprattutto il problema della solvibilità del sistema creditizio ormai sembra fuori controllo; la seconda ancorata alla speranza di rilanciare una economia ormai piatta e non competitiva con manovre monetarie eccessive ed ormai inutili e controproducenti.

 

GIAPPONE

Il Governo riduce le stime sulla crescita del 2014 dal +2,6% al +1,4%, a causa dell’incremento dell’imposizione fiscale con l’aumento dell’IVA dal  5 all’8% a regime dal primo aprile.

I dati macroeconomici sono molto contradditori. Il rapporto sulle condizioni di business delle imprese (Tankan) raggiunge il massimo da sei anni mentre l’indice manifatturiero scende al livello del marzo 2012. Ancora peggio quello dei servizi che disattende le stime per l’11esimo mese consecutivo.

Anche gli investimenti sono bassi mentre le aziende non alzano I salari che sono fondamentali per riavviare i consumi, sempre molto depressi.

La politica monetaria ultra espansiva rimane il fattore chiave della strategia politico-economica del governo e della banca centrale nei prossimi mesi. Tuttavia sembra che gli effetti e le speranze siano già svanite. La svalutazione dello yen inoltre contribuisce ad alimentare la speculazione (carry trade) sui mercati finanziari ed inasprire i rapporti con i partner commerciali (Cina, Corea, USA ed Europa) che la subiscono.

Il rischio, non così lontano, è che la divisa inizi a rivalutarsi smontando il castello di sabbia messo in piedi dal primo ministro ABE, con la complicità della banca centrale, nell’illusione di risolvere gli ultraventennali problemi di deflazione e bassa crescita del Paese.

L’inflazione sta lentamente salendo dopo 10 anni di prezzi negativi ma in misura inferiore alla crescita dei salari rischiando di deprimere ulteriormente i consumi.

Infine nel budget 2014, approvato a fine anno, pochi si sono accorti che il primo ministro ha approvato una serie di misure che incrementano la spesa pubblica quando il debito pubblico ha raggiunto la soglia del 240% rispetto al PIL.

La filiale giapponese di McDonald’s, a causa dei deludenti risultati conseguiti a novembre con il quinto mese di calo consecutivo annualizzato dei ricavi, chiuderà 74 punti vendita nella arcipelago nipponico.

 

CINA

La vendita di beni di lusso crescerà del +2% nel 2013 rispetto al +7% dello scorso anno. Si tratta del dato più debole dal 2000. Le previsioni per quest’anno sono in linea con il 2013. Il calo si è verificato negli ultimi mesi dello scorso anno con l’introduzione della più severa legge anti corruzione.

A dicembre è riesploso il problema, già evidente, della solvibilità di alcuni Istituti di credito in crisi di liquidità sulle scadenze di fine anno. Dopo alcuni giorni di grosse tensioni con i tassi ad una settimana schizzati al 9%, la banca centrale è intervenuta per l’ennesima volta per evitare il disastro iniettando 50mld di dollari. Sicuro che il problema si ripeterà a breve e la banca centrale non potrà rimandare la pulizia del sistema bancario all’infinito.

Nel triennio 2010-2012 i debiti dei governi locali (regioni) sono quasi duplicati creando una bolla creditizia difficile da gestire in quanto una buona parte dei crediti sono scaduti ma soprattutto insolventi. Ecco perché la Cina è cresciuta a tassi oltre l’8% per un trentennio e come difficilmente manterrà il 7% nel 2014, dato peggiore degli ultimi 30 anni, qualora non manipoli i dati.

La banca centrale sta cercando di frenare questa bolla ma dopo qualche giorno consecutivo di tensione sui tassi è costretta ad intervenire per evitare una implosione del sistema finanziario.

I prezzi alla produzione crescono a novembre del +1,4%, si tratta del 22esimo calo consecutivo; mentre i prezzi al consumo (inflazione) registrano una discesa al +2,5% rispetto al +2,7% previsto e calano a livelli di setti  mesi fa.

 

TAIWAN

Produzione industriale a novembre scende del -0,1% sull’anno precedente mentre riprende a salire l’export (+0,8%) dopo il calo di ottobre.

 

INDIA

Tre mesi fa l’India era nel panico assoluto con la rupia che rotolava in una caduta che sembrava inarrestabile con il timore che il Paese sarebbe diventato il primo dei BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) a ricevere un declassamento del rating a “junk” (spazzatura).

A fine anno invece, l’indice borsistico ha raggiunto nuovi massimi storici come se il Paese fosse già emerso da una crisi che è strutturale e che coinvolge i problemi del Paese da sempre e non le consente di correre alla stessa velocità dell’altro gigante asiatico: la Cina.

Corruzione e mancanza di infrastrutture adeguate sono il principale deterrente alla crescita economica che si attesta intorno al 4%, troppo modesta per un Paese di oltre un miliardo di persone.

Ci sono poi eccessive aspettative per le elezioni politiche del prossimo maggio che una nuova maggioranza possa cambiare le sorti del declino del Paese.

La produzione industriale scende a dicembre del -2,1% sull’anno precedente rispetto ad una stima di crescita del +0,8%.

 

INDONESIA

Il governo mantiene elevate le previsioni di crescita per il corrente anno tra il 5,8 ed il 6,2%.

 

SINGAPORE

Pil quarto trimestre potrebbe chiudere in negativo per la prima volta da oltre un anno.

 

BANGLADESH e CAMBOGIA

Paesi diversi ma accomunati dalla crescente protesta degli operai del settore tessile per ottenere un salario decente.  Nel Paese mussulmano continuano i forti scontri anche per boicottare le prossime elezioni. Nell’ultimo weekend ci sono stati 18 morti. I lavoratori chiedono un aumento del salario minimo da 38 a 103 dollari al mese.

Nel paese indocinese si sono accese le stesse proteste e la polizia ha sparato sui dimostranti uccidendo quattro persone.

 

VIETNAM

Pil 2013 al +5,45%, meglio della stima al +5,3% e superiore anche al dato del 2012 (+5,2%), grazie al buon andamento del settore export ed alla crescita del +10% degli investimenti internazionali che prediligono il paese rispetto alla Cina, dove il costo della manodopera continua a salire e non è più competitivo.  L’indice della Borsa ringrazia con un +22% mentre la divisa locale si conferma molto stabile, al riparo dalle forti oscillazioni degli altri membri del sud est asiatico, con una variazione di solo un punto percentuale rispetto al dollaro.

Le Banca Mondiale ha lievemente abbassato le previsioni di crescita per il 2014 dal +5,8% al +5,4%, mentre l’inflazione, a dicembre al +6,05%, dovrebbe rimanere compresa in uno stretto corridoio tra il 6,5 ed il 7%.

 

TAILANDIA

Proseguono le proteste tra sostenitori della maggioranza e dell’opposizione che si confrontano anche in scontri violenti. Il Paese è spaccato in due fazioni e questo crea instabilità e fuga di capitali.

Le esportazioni scendono anche a novembre portando il deficit commerciale in negativo. Il  baht ha raggiunto il livello più basso contro dollaro da marzo 2010.

Vendite al dettaglio -1,2% a novembre sul mese precedente.

 

MATERIE PRIME

Oro:  –31% nel 2013, peggior performance in 32 anni e primo anno negativo dal 2000. Tuttavia la richiesta di monete d’oro è cresciuta del +66%, malgrado il crollo delle quotazioni del metallo giallo. E’ di alcuni giorni fa la notizia che la zecca britannica non riesce ad esaudire le crescenti richieste di monete d’oro nei tempi previsti.

Alcune banche centrali hanno proseguito anche nell’ultimo trimestre ad acquistare massicciamente oro incrementando anche considerevolmente le rispettive riserve. In testa la Cina, seguita da Russia, India e Turchia.

L’oro nero invece ha avuto un inizio di dicembre molto brillante tornando a sfiorare i 100$ (il WTI texano) al barile per poi ritracciare a 95 a fine dell’anno.

Rame stabile mentre continuano a scendere grano e mais.

 

VALUTE

Quelle dei mercati emergenti sono andate di nuovo sotto pressione dalla metà di dicembre in avanti dopo la decisone della FED di iniziare il tapering, la riduzione del quantitativo di acquisti di obbligazioni governative.  Lo spettro è variegato partendo dalle più bastonate a quelle che invece hanno retto meglio l’attacco speculativo: lira turca, rand sudafricano, baht tailandese, rupia indiana ed indonesiana  fino alla corona ucraina.

Lo yen ha continuato a svalutarsi e questo ha aiutato gli speculatori ed i traders che si finanziano in quella valuta a basso costo utilizzando il denaro per investimenti più remunerativi e più rischiosi.

L’euro è crollato contro dollaro fino a 1,38, livello sul quale poi è rimbalzato nei primi giorni dell’anno fino a 1,36.

La sterlina britannica, galvanizzata da una evidente accelerazione dell’economia interna, ha raggiunto il massimo da un anno contro euro.

 

MERCATI  FINANZIARI

Salgono rendimenti dei titoli decennali in tutti i principali Paesi mondiali nel mese di dicembre ad eccezione di Brasile, Grecia, Nuova Zelanda, Italia, Spagna e Sud Corea. In Gran Bretagna e Stati Uniti il rendimento del titolo decennale supera il 3% mentre si restringono gli spread spagnoli ed italiani sotto il 4% a cavallo dell’anno per la fame di rendimenti elevati da parte degli investitori.

Un breve accenno alla incredibile performance dei mercati mondiali. Nei mercati sviluppati il primato va al Giappone (+57%), seguito da Francoforte (+30%) e dagli  Stati Uniti (+26% il Dow Jones e +29% lo S&P500).

Nei mercati emergenti molti indici hanno finito l’anno ai massimi storici (Sud Africa ed India) o li hanno raggiunti a metà dell’anno per poi flettere leggermente (Filippine, Tailandia ed Indonesia). La peggiore performance resta quella del mercato cinese che è ancora ai livelli del 2008 ed ha chiuso negativo di oltre -10%.

L’oscar della follia va alla Borsa di Caracas che segna un impressionante +480%, in un Paese alla deriva e dove le azioni sono viste probabilmente come un bene rifugio contro l’impennata dell’inflazione che quest’anno raggiungerà le tre cifre (+100%).

L’ingegneria finanziaria è anch’essa ai massimi storici. I debiti contratti per acquistare azioni hanno superato i picchi del 2000 e del 2007 mentre le aziende quotate hanno ricomprato azioni proprie nel 2013  per 500mld, la metà della liquidità che la FED ha immesso lo scorso anno nel sistema finanziario e che avrebbe invece dovuto servire da volano alla crescita economica.  Molte aziende si sono indebitate per distribuire dividendi o ricomprarsi le azioni. I volumi del mercato azionario USA nel 2013 sono al sesto anno di discesa consecutivo. Le aziende trovano più semplice restituire i soldi agli azionisti invece di investire in nuovi progetti industriali, sicuramente più rischiosi e che potrebbero danneggiare le quotazioni.

Fatturati di molte aziende sono in continuo calo, negli USA ma in particolare in Europa ma le borse volano sorrette da una incrollabile fiducia.

Durerà ? Alla follia non c’è mai limite e dunque per ora si prosegue all’insù grazie allo stimolo monetario infinito e alla promessa, ormai solo quella, di mantenere i tassi a livello zero ancora per diversi anni.

Sulle conseguenze delle bolle speculative e distorsioni del mercato né ho già ampiamente trattato. Aspettiamo ora di vedere cosa succede ma dai livelli raggiunti e più facile scendere che salire, a meno che non si usi qualche ulteriore artifizio.

 

BANCHE

Anche in Europa i prestiti alle imprese sono calati del -2,4% lo scorso novembre rispetto all’anno precedente.

L’Unione Bancaria ha trovato una intesa di massima, ma le forti pressioni di Germania e Olanda, per evitare interferenze nei rispettivi sistemi bancari, ne hanno impoverito i contenuti.

L’accordo prevede che azionisti e obbligazionisti saranno chiamati a contribuire alla ristrutturazione tutte le volte in cui è stato perso fino all’8% degli attivi. Oltre a questo livello, ci si potrà rivolgere al futuro fondo di risoluzione per un ammontare fino al 5% degli attivi della banca. L’intesa, che entrerà in vigore nel 2016, deve ora essere confermata dai governi. Le norme verranno utilizzate dal futuro meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie, tuttora al centro di un negoziato tra i ventotto Paesi.

Anche Draghi esprime preoccupazione per questa proposta in quanto il sistema finanziario europeo così come è stato concepito non è controllato dall’Europa ma lascia invece troppa libertà ai singoli stati di prendere decisioni ancora completamente indipendenti, quali quelle di salvare una banca domestica contro il parere dell’Unione Europea.

Inoltre l’intesa ha assolutamente evitato di regolare uno dei meccanismi fondamentali: quello di rompere il circolo vizioso tra banche e titoli di stato sovrani.

L’altro grosso problema del 2014 sono i nuovi stress test bancari europei previsti nel corso dell’anno. Le banche stanno già disponendo contromisure aumentando la liquidità e accelerando il “deleverage” nei confronti dei propri clienti. Il risultato si è già visto nella diminuzione del credito negli ultimi mesi a favore di famiglie ed imprese, ovviamente più accelerata nei Paesi periferici dove la situazione bancaria è molto più deteriorata.

Ma in questo contesto di precario equilibrio gli stress test rischiano di essere l’ennesima bufala con i parametri che saranno allentati per evitare un inasprimento del “credit crunch” attuale per permettere alle solite banche di continuare a nascondere le rispettive perdite sommerse, lasciando il sistema bancario europeo nell’ennesima palude da oltre un quinquennio.

L’Unione Bancaria ha dichiarato la fine dei salvataggi illimitati delle banche europee. Ma questa non era certo una novità ed è solo la conferma del pasticcio di Cipro nella quale i correntisti hanno perso fino al 40% dei loro depositi. E’ palese che investitori e creditori ed infine anche i correntisti sopporteranno rischi sempre maggiori in caso di fallimenti bancari.

Il nuovo corso del Tapering della Fed apre inoltre nuovi scenari inquietanti sulla tenuta dei sistemi finanziari mondiali. Le banche americane stanno subendo una forte contrazione nei nuovi mutui concessi per l’innalzamento dei tassi di interesse. Le aziende si sono indebitate molto negli ultimi anni ma in larga misura non per finanziare investimenti ma per distribuire dividendi e ricomprarsi le proprie azioni. Questi nuovi debiti dovranno poi essere rifinanziati alla scadenza a tassi di interesse più elevati.

La salita dei tassi rischia di peggiorare la qualità dei crediti sia ipotecari che al consumo (auto e carte di credito) con ricadute sull’incremento dei tassi di default e quindi sui bilanci bancari.

Nei Paesi emergenti il deflusso dei capitali è già in atto da maggio con alcuni “stop and go” dovuti all’imprevista marcia indietro della FED a settembre sui tempi di attuazione del tapering. Ma gli effetti negativi sono già molto evidenti in alcuni Paesi come abbiamo visto ed il peggio deve ancora arrivare.

Infine la Cina, della cui debolezza del sistema bancario abbiamo già ampiamente parlato. L’espansione creditizia è fuori controllo e la banca centrale è costretta ad iniettare liquidità ogni volta che i tassi a breve schizzano verso l’alto. Una situazione tampone che non potrà perdurare a lungo e che esploderà in una crisi finanziaria con risvolti planetari.

 

SINTESI

“Things are not as they should be, far from it.”

Continuano a parlare di ripresa ma i dati, quelli veri, sono ancora molto preoccupanti. Anche Draghi ha confermato che la ripresa europea sarà molto debole.

Le economie faranno molta fatica a crescere quando i cittadini hanno sempre meno soldi da spendere, vessati da aumenti di tasse, mancanza di credito e diminuzione o perdita totale dei redditi. Una equazione semplice che conferma che la crisi si estenderà anche al 2014, per il sesto anno consecutivo.

Segnali di inversione non se ne vedono e i burocrati ci illudono che la ripresa della finanza, creativa e non, si rifletta anche sull’economia di strada.

Il mix di politiche di austerità e monetarie aggressive continua a provocare profonde distorsioni e diseguaglianze nel ciclo economico: nuovi poveri che non sono in grado di consumare e pochi ricchi che continuano ad accrescere i loro patrimoni. Ma mente i primi spendono tutto il loro reddito per sopravvivere, i secondi invece lo risparmiano in gran parte e non lo reinseriscono nel ciclo economico. Assistiamo in questi giorni alle trimestrali molto negative di alcuni colossi della grande distribuzione americana che sono costretti a chiudere nuovi punti vendita e ad abbassare pesantemente i prezzi – contribuendo così alla spirale deflazionista già in atto – nel tentativo di limitare la crescente emorragia dei consumi,  anche in un Paese con le mani bucate come gli Stati Uniti.

Vendite immobiliari, di auto e di beni di consumo sono in continua contrazione da dioversi anni in quasi tutto il pianeta. Difficile pensare ad una ripresa definitiva se
le tasche sono vuote e i depositi bancari si alleggeriscono. I consumi sono ancora in lieve crescita solo nei Paesi nei quali il credito è ancora molto sostenuto, Stati Uniti in primis.

L’ingegneria finanziaria ha raggiunto il suo apice: il decennale irlandese al 3,5%, quello portoghese al 5,35% e quello spagnolo al 3,85%. Per non parlare della Grecia che al 7,85% ha l’arroganza di pensare di tornare sul mercato dei capitali. Non escludo che lo faccia senza alcun senso come il Portogallo, visto che entrambi i Paesi sono tecnicamente falliti se non fosse per gli aiuti europei.

Bisognerebbe invece essere contenti del successo di queste emissioni e del gradimento degli investitori, qualora ci fosse però qualche segnale di miglioramento nelle economie massacrate dalla crisi. L’incremento  dell’export portoghese, del turismo verso Spagna e Grecia e la riduzione della disoccupazione irlandese sono segnali troppo timidi per essere ottimisti almeno per il corrente anno.

Malgrado la positiva compressione degli spreads, i livelli di deficit calano a fatica ed i debiti continuano a lievitare invece a livelli impressionanti, diventando sempre più insostenibili mentre i problemi strutturali alla base della crisi non sono stati risolti ma perennemente rimandati.

La crescita  americana rimane molto tiepida rispetto agli standard post-recessione con il tasso di disoccupazione che scende ma con la qualità dei nuovi posti di lavoro creati molto modesta, l’inflazione vicina ai minimi storici ed utili aziendali sostenuti dalla compressione dei margini piuttosto che dall’incremento delle vendite. La ripresa immobiliare è debole ed i tassi sul trentennale, ai massimi da metà 2011, non aiuteranno la sottoscrizione di nuovi contratti di mutuo.

Se la ripresa si materializzerà, incomincio a temere anche che prosegua il segno negativo per molti Paesi, sarà il classico “dead bounce cat” (rimbalzo del gatto morto), espressione molto nota ai trader americani per identificare un rimbalzino in Borsa, seguito poi dalla continuazione del calo precedente.

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