A poco più di un anno dal piano di salvataggio, la repubblica greca di Cipro è ancora alla ricerca di una identità economica.
L’economia dell’isola è ancora in convalescenza. Il Pil, già negativo nel 2012 (-2,4%), è calato del -5% e si manterrà su quel livello (-4,8%) anche nel 2014.
Peggio ancora per il tasso di disoccupazione, salito dal 6,3% del 2010 al 16% dello scorso dicembre. Le previsioni indicano il 19,2% per l’anno in corso ed una leggera flessione al 18,4% per l’anno prossimo.
Il 16 marzo è stato il primo anniversario del bail-in, salvataggio anche interno, delle banche domestiche. In quel weekend, l’Europa decise infatti un nuovo destino per l’isola greca. Gli attivi delle sue banche avevano infatti raggiunto il 700% del Pil, ed erano sul punto di fallire, a causa della loro forte esposizione sul debito greco, che era stato pesantemente ristrutturato con un « haircut » (taglio) dell’80%.
Per mantenere a galla l’economia era necessaria un’infusione di €17 miliardi. I partners europei accettarono, tuttavia, di prestare solo 10 miliardi, a condizione che il Paese trovasse altri 7 miliardi attraverso privatizzazioni, misure economiche e riforme strutturali, nonchè l’applicazione di una tassa straordinaria del 6,75% sui depositi bancari compresi tra €20k e 100k e del 9,9% su quelli superiori. Un progetto che i ciprioti respinsero vigorosamente, in quanto violava la sacralità dei depositi fino a €100k, garantita in tutta la zona euro. Il Governo si dimise ed il piano fu rivisto ed incentrato sul salvataggio delle due principali banche, una delle quali è stata liquidata, trasferendo tutti i depositi sotto i €100k alla Bank of Cyprus. Per ricapitalizzare questo Istituto di Credito, il Governo ha espropriato tutti i depositi superiori ai €100k, in gran parte di proprietà di oligarchi russi, convertendoli in azioni della banca. Infine è stato instaurato un severo controllo dei capitali per evitare la fuga di massa dei depositi alla riapertura delle banche, dopo sette giorni lavorativi di chiusura.
Questo piano fu una rivoluzione per l’Europa ed è stato poi esteso al piano di salvataggio bancario di tutta l’area euro, che prevede la partecipazione degli azionisti e creditori alle perdite della banca e, solo successivamente, anche dei depositanti. Questa soluzione ha però messo profondamente in crisi il modello economico dell’isola. Fino a quel momento, infatti, Cipro era un paradiso fiscale molto utilizzato dai russi, che apprezzavano la ridotta imposizione fiscale e soprattutto l’elevata remunerazione dei depositi.
Un anno dopo l’adozione del piano, il Paese non va poi così male, almeno in termini di Pil, che era previsto in ribasso intorno al -10% (-8,7% era la previsione della Troika). Tra gli altri dati macroeconomici, le vendite al dettaglio sono calate del -7,5%, rispetto allo scorso anno ed il costo del lavoro del -4,6%, dato che conferma la caduta del Paese in deflazione.
Il deficit è stabile intorno al 6% dal 2010, mentre il debito pubblico, nello stesso arco temporale, è raddoppiato in rapporto al Pil dal 61% al 125%. In compenso i russi non sono scappati ed il turismo non è crollato, agevolato anche dal calo dei prezzi ; le entrate sono cresciute del +8% nel 2013 ed il settore è diventato il principale pilastro dell’economia. Tuttavia, la vivacità di questo settore non è in grado di compensare la caduta dei depositi bancari.
Di fatto la società cipriota è ancora sotto choc ed il settore finanziario è ancora disastrato. Le sofferenze bancarie sono esplose per la scarsa liquidità del sistema, salendo fino al 36% nel 2013 e al 53% a fine marzo, a causa anche dell’esplosione della bolla immobiliare. Il totale dei depositi bancari è sceso del 15%, in meno di un anno, segno che i ciprioti ancora non si fidano dei propri governanti. Ciò significa che, malgrado le promesse di togliere il controllo dei capitali quanto prima, il divieto dovrà essere ancora mantenuto per evitare una ulteriore fuga dai depositi, che destabilizzerebbe il già sinistrato sistema finanziario.
La speranza di ripresa è appesa al settore energetico. Nel 2011 è stato scoperto un giacimento di gas naturale di 224 miliardi di metri cubi nelle acque territoriali, il cui valore è stimato in €100 miliardi. Ma prima di poterlo sfruttare è necessario risolvere le tensioni e la divisione con la parte nord, occupata dalla Turchia dal 1974 e che pretende diritti sullo sfruttamento del giacimento. In ogni caso l’isola non potrà iniziare ad incassare proventi, prima di 10-15 anni.
A questo proposito sono riprese le trattative per tentare una difficile riunificazione tra le parte greca e quella turca : partita non semplice e quattro ministri si sono dimessi lo scorso 27 febbraio, in disaccordo con la ripresa dei negoziati.
La strada per la ripresa economica è ancora lunga per Cipro. E’ vero che la depressione economica sembra più contenuta, rispetto alle tragiche previsioni della vigilia, ma la situazione del sistema finanziario è ancora molto problematica ed a rischio di nuovi interventi di salvataggio ed il mercato del lavoro è assai compromesso.
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