La Fed sta giocando pericolosamente con l’inflazione. L’indice di prezzi al consumo è sceso negli ultimi mesi al di sotto del tasso obiettivo della banca centrale americana, fissato al 2%. Questo autorizza l’autorità monetaria a continuare la folle espansione monetaria nel tentativo di creare inflazione e ridurre il tasso di disoccupazione. Sappiamo che questo tentativo si sta rivelando un disastro. Il tasso di inflazione (U3) è sceso al 6,7% dal 10% di inizio 2009, ma anche grazie alla uscita dal mondo del lavoro di milioni di lavoratori. Ora negli Stati Uniti ci sono quasi 92 milioni di persone uscite dalla forza lavoro perché pensionati o hanno smesso di cercare una occupazione, perché sfiduciati. Il tasso di partecipazione della forza lavoro è sceso ai livelli del 1978, pari al 62,8%, dal massimo del 67% di inizio secolo. Il tasso di disoccupazione reale (U6) è invece del 13,6%, che è comprensivo degli occupati part-time e dei lavoratori ad ore, che vorrebbero invece un lavoro a tempo pieno.
La politica monetaria americana ha già creato tre bolle finanziarie sul mercato domestico, che testimoniano che l’inflazione delle attività finanziarie è già presente: obbligazioni, azioni ed immobiliare. I tassi sui bond sono storicamente molto bassi, artificialmente controllati dagli acquisti di titoli della banca centrale. La Borsa è ai massimi storici, sempre per lo stesso motivo. Il denaro stampato passa dalla Fed, alle banche ed agli investitori che cercano alti rendimenti. Infine i bassi tassi di interesse hanno facilitato l’accesso ai mutui, provocando un nuovo rialzo dei prezzi degli immobili.
Ma l’incremento della massa monetaria sta facendo salire anche i prezzi dell’economia reale e negli ultimi mesi i segnali sono sempre più evidenti. Tra le principali voci dei consumi americani ci sono le spese sanitarie, quelle per la casa (affitto o acquisto) ed il cibo. Tutti questi generi o servizi sono aumentati considerevolmente. Nel settore alimentare i prezzi sono saliti in media di doppia cifra in un solo anno: tacchino +34%, pollo +11%, uva +13%, fragole +39%, pasta +8,4%. La situazione tenderà a peggiorare anche per fattori esogeni, quali la pesante siccità che colpisce da un triennio la California ed altri 10 Stati del sud ovest del Paese.
Nel settore immobiliare, invece, i prezzi stanno continuando a salire da anni. I prezzi degli appartamenti sono saliti ad una media superiore di oltre il 10% nell’ultimo biennio e la corsa non sembra fermarsi neanche nel 2014, con un incremento dell’indice di settore del +2,5% a gennaio sull’anno precedente, in ulteriore salita, rispetto al +2% tra il 2012 ed il 2011. Tassi di interesse ai minimi degli ultimi 30 anni hanno alimentato la ripresa, creando una bolla immobiliare in alcune aree della nazione. In California, nell’area di San Francisco, le quotazioni immobiliari hanno superato i valori del 2006-2007, al picco della precedente bolla e molti appartamenti sono diventati troppo cari per gran parte della popolazione residente.
Nel settore sanitario le polizze assicurative hanno registrato inaspettati aumenti, anche a causa dell’introduzione della riforma sanitaria obbligatoria (Obamacare). Migliaia di americani si sono trovati con polizze di importo raddoppiato od incrementi molto pesanti.
Aggiungerei anche il costo del carburante. Il prezzo al barile è salito oltre i $100 da inizio anno e la benzina per autotrazione non è mai stata così elevata in questo periodo dell’anno.
Anche in presenza di questi dati oggettivi, la Fed crede che l’inflazione sia troppo bassa; rimane “ottimista” sulla crescita economica e smentisce la creazione di bolle finanziarie. In base a questo credo continuerà a stampare denaro, fino al raggiungimento del tasso di inflazione programmato del +2%, mentre quello attuale è sceso al +1,2%. Altro denaro facile contribuirà ad alimentare le bolle finanziarie ed a far crescere anche l’inflazione. La deflazione non si gestisce, mentre l’inflazione non si controlla. Quando partì al rialzo in tutto il mondo agli inizi degli anni ’70, arrivò in pochi mesi oltre il 10%. La Nuova Zelanda ha alzato i tassi durante la settimana, primo Paese avanzato nell’ultimo lustro, un segno che forse qualcosa sta cambiando. La Fed, invece, sta ancora giocando con il fuoco: continua a preoccuparsi della deflazione, quando i segnali che l’inflazione sta ripartendo sono già evidenti.
Comments are closed.