Thursday 21st November 2024,
Pinguinoeconomico

MARIJUANA – LEGALIZZARLA E’ UN GRANDE BUSINESS.

Lo chiamano l’oro verde, la nuova frontiera del business dopo l’oro nero (petrolio) e l’oro azzurro (acqua).

Tutti pazzi per la marijuana negli Stati Uniti: Stati, consumatori, ma anche i titoli in Borsa nella solita euforia incontrollata.

Secondo un recente sondaggio, per la prima volta nella storia la maggioranza degli americani sono favorevoli alla legalizzazione della marijuana con una percentuale del 58%, rispetto al 12% del 1969, quando la stessa agenzia di ricerca fece l’inchiesta. Questo anche perché purtroppo il numero di consumatori illegali è drasticamente aumentato negli ultimi 50 anni e, come si vede dal grafico, con oltre 180 milioni di consumatori nel mondo la cannabis è la droga più consumata.

CANNABIS - CONSUMO

Gli Stati di Washington e del Colorado, nel nord ovest del Paese, sono stati i primi a legalizzarne l’uso per attività ricreativa. Altri 16 Stati l’hanno già adottato, ma solo per utilizzo medico. Sull’onda del successo emotivo, si prevede che diversi altri Stati, che ne hanno già fatto richiesta, tra i quali anche alcuni Stati del sud molto conservatori come l’Alabama, ne legalizzeranno l’uso già nel 2014.

Non si tratta del primo caso recente, anche fuori dai confini americani. A dicembre fece scalpore la decisione dell’Uruguay, che è diventato il primo Paese al mondo a liberalizzare non solo il consumo ma anche la coltivazione della cannabis, limitato però alla popolazione locale e non straniera.

Dietro a questo movimento ci sono come sempre interessi economici giganteschi. Secondo una stima del governo americano, la legalizzazione in tutto il Paese comporterebbe un risparmio di $600-700 milioni in attività repressive e carcerarie (mi sembra molto in difetto, considerando la vastità della popolazione e l’elevato consumo di droghe leggere) ma soprattutto introiti fiscali pari a $12-14 miliardi. La legalizzazione è stata accelerata solo negli ultimi anni, in quanto sempre osteggiata dalle lobby delle grandi società farmaceutiche che non vogliono l’utilizzo della pianta per uso terapeutic, perché diminuisce le vendite dei loro prodotti.

La “marijuana mania” è ormai scoppiata negli Stati Uniti e si cerca di sfruttare ogni lato del business. In Colorado si organizzano tour alle piantagioni che si pubblicizzano quasi più delle piste da sci di Denver o Vail. Il consumo, anche ricreativo dove autorizzato, rimane però vietato sotto i 21 anni e fuori dalle mura domestiche ed non è esportabile in altri Stati.

Ma c’è anche chi sta puntando sulle azioni di compagnie che operano nel settore della cannabis e che sono quotate in borsa. Secondo diversi analisti e ricerche, il comparto avrebbe un ampio margine di crescita ed entro il 2018 potrebbe rendere anche 10 miliardi all’anno. Per ora le società i cui titoli sono scambiati sull’ ”over the counter” (un mercato per le società che non hanno i requisiti per essere quotate al Nasdaq o al Nyse) sono piccole, ma dal primo gennaio sono state protagoniste di un poderoso rimbalzo che segue la generosa performance del 2013. I nomi da tenere d’occhio sono diversi. Si va da MediSwipe (ticker: MWIPD), gruppo che produce bevande a base di marijuana a GreenGro Technologies, che produce tecnologie per la coltivazione di cannabis. Poi c’è Medbox (MDBX) – produce macchinari per ospedali e per cure alternative a base di marijuana  ed ancora GW Pharmaceuticals (GWPRF), anch’essa attiva nel campo farmaceutico.

Si tratta di società ancora poco conosciute con un potenziale tutto da valutare, ma soggette a repentine oscillazioni delle quotazioni adatte solo a coloro i quali non soffrono di cuore. Come al solito c’è chi cerca la Apple del futuro. Qualcuno la troverà, forse, ma molti altri si scotteranno, invece, come sempre accade.

La solita follia, anche se in piccolo, già vista in altri tempi sui mercati azionari americani in diversi altri settori.

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