I quattro Paesi scandinavi si crogiolano nella tripla AAA di giudizio delle agenzie di rating. Tuttavia, il debito privato e l’ascesa dei prezzi immobiliari incominciano a preoccupare, malgrado la contenuta dimensione della regione.
La Finlandia, unico Paese della regione nell’euro, ha raddoppiato il debito pubblico, passando dal 34% al 60% del Pil, dal 2008 ad oggi. Per l’anno passato si prevede una decrescita del -0,65%, l’unica negativa nel nord Europa. Diversa è la situazione degli altri tre paesi nordici, accomunati però da un boom immobiliare e da una crisi bancaria piuttosto severa.
Chi sta peggio è la Danimarca, Paese nel quale la bolla immobiliare è scoppiata nel 2007-2008, parallelamente a quella di Irlanda, Spagna e Stati Uniti. Il sistema bancario ha dovuto spesare pesanti sofferenze e ha ridotto i prestiti alle imprese. Il governo ha deciso di non intervenire con fondi pubblici come in altri Paesi per non danneggiare la già debole ripresa economica. Ha favorito ed obbligato il consolidamento dei piccoli Istituti in difficoltà, tutelando i piccoli depositi e lasciando il peso della ristrutturazione sulle grandi banche e sui grandi depositi e risparmiatori. Un po’ il precursore di quello che sembra vorrebbe stabilire l’Unione bancaria europea.
L’economia ha ripreso a crescere ma a ritmi molto contenuti, i prezzi delle case sono crollati del 20% nell’ultimo quinquennio. mentre l’indebitamento privato è cresciuto a dismisura, raggiungendo a fine dello scorso anno il 321% del reddito disponibile: un record mondiale! La politica monetaria ultra espansiva delle banche centrali mondiali ha infatti prodotto danni anche nella regione scandinava. I tassi di interesse non hanno scoraggiato le popolazioni ad indebitarsi ed ora i debiti deprimono i consumi. L’indice di competitività della Danimarca nella classifica mondiale è sceso al 15esimo posto, dal terzo del 2008.
La Norvegia è un Paese praticamente ignorato, in quanto grande produttore di petrolio e con una economia che cresce in media del +3%. Il debito pubblico è sostanzialmente azzerato dalle disponibilità del fondo sovrano nazionale che investe in attività industriali (ha perso anche dei discreti soldini con Alitalia della quale deteneva il 2% un decennio fa) e finanziarie, al pari dei fondi sovrani di Singapore e degli Emirati Arabi. Oslo detiene il non invidiabile primato del costo del lavoro più elevato in Europa a 48.3 euro per ora nel 2012, rispetto ai 30.4 euro della Germania. Questo riduce la competitività e le prospettive future di crescita.
Il debito privato ha raggiunto il 200% del reddito disponibile, meno che in Danimarca ma a livelli ben superiori di quello statunitense (118%) e quello canadese (147%). Ciò che lascia invece stupefatti è l’incredibile ascesa dei prezzi immobiliari. raddoppiati nell’ultimo decennio, in un Paese poco abitato e dove i terreni per nuove costruzioni abbondano. La causa? Lp stesso disco ovunque: i tassi bassi hanno ingolosito i privati e la scarsa offerta ha fatto lievitare la domanda e le quotazioni. Solo nel 2013 i prezzi hanno iniziato a flettere, ma in misura ancora troppo contenuta, e sono destinati prima o poi ad un inevitabile crollo.
La Svezia è in una situazione simile alla Norvegia ed in ulteriore sovra riscaldamento. I prestiti ai privati continuano ad aumentare (+4,5% a dicembre), anche negli ultimi mesi. L’indebitamento rispetto al reddito disponibile ha raggiunto il 180%, uno dei più contenuti (!) della regione. Stoccolma ha anche un serio problema di deflazione con i prezzi al consumo intorno al +0,3%. La Banca centrale è ora in un vicolo cieco: non può infatti abbassare i tassi, peraltro già all’1%, per stimolare l’economia perché alimenterebbe ancor di più l’attuale bolla immobiliare. La crescita 2014 è prevista al +2,8%, un obiettivo temo irraggiungibile.
La Svezia è stata inoltre l’unico Paese europeo ad evitare la crisi bancaria nel 2008, grazie ad una politica molto avveduta della banca centrale, che aveva previsto gli effetti della bolla dei mutui subprime USA, obbligando in anticipo le banche ad alzare i coefficienti patrimoniali. Tuttavia, oggi il sistema bancario è nelle stesse condizioni delle altre economie occidentali: troppo esposto sul settore immobiliare. Stesso film anche per il Canada ed in parte per l’Australia ma lo vedremo in un’altra puntata. La crisi dei Paesi scandinavi non può lasciare indifferenti le economie mondiali, in particolare quelle europee.
Nella classifica delle interconnessioni economiche con gli altri Paesi, i primi nove Paesi sono tutti del vecchio continente con Gran Bretagna e Germania, nelle prime due posizioni, decisamente più esposte. Gli Stati Uniti, al decimo posto, sono il primo Paese extraeuropeo, sopravanzati persino da Lussemburgo e Irlanda e quindi rischiano molto meno da un eventuale collasso di queste economie. L’Italia è al settimo posto. ma con relazioni commerciali piuttosto modeste. La tripla AAA, peraltro del tutto immeritata, è diventata un boomerang per le economie della zona. Gli investitori non percepiscono infatti il rischio Paese ed acquistano bond governativi considerati un rifugio sicuro. I rendimenti sono ai minimi storici con tassi sui decennali ampiamente sotto il 2% (lo scorso anno il titolo danese ha reso fino a 20 basis points, meno del onnipotente bund tedesco).
Ma i campanelli d’allarme aumentano e stanno suonando. Non solo illustri economisti ne stanno parlando, ma anche il Fondo Monetario Internazionale ha ammonito Svezia e Norvegia, in particolare, sui rischi di uno scoppio della bolla immobiliare, senza ovviamente fornire alcuna soluzione.
Come intervenire non è semplice. Il buon senso suggerirebbe di alzare i tassi di interesse, ma la manovra potrebbe essere controproducente per Paesi già troppo indebitati, in crescente disinflazione (la discesa dell’inflazione ed anticamera della deflazione) e con crescita economica in rallentamento. Per ora si stanno limitando a rendere più restrittivi i criteri di erogazione dei mutui., ma non sarà sufficiente. Potrebbe essere pericoloso sottovalutare il problema perché le economie sono piccole, pensando ad un effetto contagio limitato.
Questo livello di debiti privati non è sostenibile ed i consumi nè saranno sicuramente colpiti negli anni futuri. La crescita prevista, superiore a quella sia dei Paesi euro che della UE, congiuntamente con un debito pubblico che è la metà di quello dei Paesi europei, non saranno sufficienti a garantire la stabilità economica, se non si riducono i debiti privati.