Lo scoppio della bolla immobiliare statunitense dal 2008 è stata la causa scatenante della crisi finanziaria con le insolvenze dei mutui “subprime” che hanno poi provocato il collasso di alcune banche di affari nei mesi successivi quali Bearn Sterns e Lehman Brothers, il salvataggio di un’altra storica icona della finanza come Merryl Lynch (comprata da Bank of America) e dei due Istituti pubblici che erogano mutui Fannie Mae e Freddie Mac.
Nel 2005-2006, al picco della bolla immobiliare, negli USA si sono vendute poco più di 2mln di case ed il settore immobiliare e delle costruzioni insieme avevano una incidenza sul Pil dell’11% (in Cina siamo ora al 20% mentre in Spagna nel picco pre-crisi sono arrivati al 18%). Nel 2009, l’anno dello scoppio della bolla, le compravendite sono scese sotto le 700.000 con un incidenza del settore sul Pil crollata al 2%. Nel 2012 sono risalite a 920.000 con una partecipazione al Pil del 4% mentre i prezzi delle case sono cresciuti in media del 12% rispetto all’anno precedente, un rialzo record e sospetto che sarà di seguito approfondito.
La modesta ripresa del settore immobiliare (siamo ancora a -60% rispetto ai numeri del 2006) è stata agevolata dall’intervento monetario della FED che ha indotto una voluta e sensibile riduzione dei tassi sui mutui ipotecari. Il tasso fisso trentennale di finanziamento ipotecario è calato fino al 3,35% non più di sei mesi fa contro una media ben superiore al 6% nell’ultimo decennio.
Inoltre dalla metà del 2010 le banche hanno volutamente diminuito il numero di abitazioni espropriate messe all’asta per “stimolare” una artificiale ripresa delle quotazioni che aiutasse sia il loro portafoglio immobiliare, già molto pesante, che nuove operazioni ipotecarie o di rifinanziamento indotte dalla scarsità di immobili sul mercato. Il rifinanziamento del mutuo è una prassi molto comune negli Stati Uniti alquanto attraente con tassi in sensibile discesa alla quale possono accedere solo coloro che hanno un “capitale positivo” quando il valore dell’immobile è ancora superiore al residuo debito. In caso contrario il mutuo è definito “underwater”. Questi ultimi sono ancora il 23,5% del totale, un numero astronomico e solo in parte diminuito rispetto al record del 29% del 2011. Il progresso è infatti molto modesto se pensiamo al massiccio stimolo sia monetario che fiscale messo in campo dalla Banca Centrale e dal Governo per rivitalizzare il settore.
Infine dalla metà 2011 sono entrati sul mercato immobiliare anche fondi speculativi specializzati nel settore che hanno fatto incetta di interi condomini a prezzi da saldo per metterli a reddito. I prezzi delle locazioni sono infatti saliti in misura esponenziale nell’ultimo triennio. Chi è rimasto senza casa ma ha ancora disponibilità economiche cerca di affittare ma le abitazioni disponibili sono diminuite.
Ci sono infatti alcuni segnali di completa controtendenza che possono portare alla scoppio della seconda bolla immobiliare solo dopo un lustro dalla precedente. Dopo il recente rialzo dei tassi le domande di mutui sia nuove ma soprattutto di rifinanziamento sono diminuite del 40%. In alcuni Stati (ad es il Massachussets e la città di Boston) dove le banche hanno aumentato l’offerta di immobili i prezzi hanno ricominciato a scendere anche a doppia cifra. Inoltre il 25% dei mutui rinegoziati (sono stati più di tre milioni dallo scoppio della crisi) sono di nuovo in default già dopo 90gg.
Pertanto quando è venuto meno il contributo fondamentale della finanza con i tassi agevolati sui mutui il sistema immobiliare ha evidenziato ancora tutte le sue debolezze. Temo che sia l’inizio di un nuovo declino o forse anche di una ben più rovinosa caduta.