E’ stata la settimana della turbolenza sui mercati emergenti, del mini-crollo degli indici azionari e della Federal Reserve.
MERCATI FINANZIARI
Gli indici europei segnano il primo calo mensile da agosto, peggior gennaio dal 2010. Il Dow Jones, invece, chiude gennaio con -5%, la peggiore performance dal 2009 ed il secondo peggiore gennaio dal 1990. La chiusura mensile negativa è la più forte da agosto 2012. Gli indici azionari sono ora al test di importanti supporti. Il “mood” rimane ancora positivo ed ogni rimbalzo è considerato una occasione per rientrare sul mercato. Tuttavia lo scenario mondiale si è molto complicato e la crisi dei mercati emergenti non si risolverà in qualche settimana, ma avrà pesanti ripercussioni anche sull’andamento dei mercati azionari nei prossimi mesi.
Prosegue il “flight to quality” verso bund, gilt (UK) e Tresuary (USA) con rendimenti in deciso ribasso. Il bund tedesco torna al 1,57%, livello toccato lo scorso agosto.
Tengono invece le obbligazioni governative dei Paesi periferici, dopo un iniziale sbandamento sui più a rischio (Grecia e Portogallo).
MERCATI EMERGENTI
TURCHIA: Crollo della lira fino a 2,39 contro USD e banca centrale che interviene alzando i tassi di interesse dal 7,75% al 12%. Valuta che risale a 2,16 ma poi riprende la discesa fino a 2,30. Tagliate le stime sulla crescita 2014 dal 2,5% al 1,9%.
UCRAINA: la valuta locale ed il valore delle obbligazioni governative si inabissano, mentre la Russia minaccia di ritirare gli aiuti economici qualora il governo filo-sovietico si dimetta. Il Paese è a rischio di guerra civile con incidenti e proteste sempre più violenti.
TAILANDIA: nel weekend ci sono le elezioni politiche, boicottate dalle opposizioni. Prosegue la protesta anche violenta con scontri mortali tra le opposte fazioni e le forze di polizia.
ARGENTINA: la crisi più acuta con quella turca ma anche quella meno considerata. Tuttavia i numeri del Paese sudamericano lasciano presagire una prossima bancarotta. Inflazione stimata da analisti indipendenti tra il 4 ed il 6% mensile a gennaio, rendimenti del bond scadenza 2015 balzati al 19%, tassi di interesse saliti dal 5 al 26%, peso argentino oltre gli 8$, già svalutato del 20%, ma ancora lontanissimo dalla valutazione di 13$ al mercato nero. Le riserve sono sempre più ridotte(28mld circa) e sembra si riducano al ritmo di 180mln al giorno. Il governo ha introdotto controlli sui prezzi per evitare una ulteriore impennata dell’inflazione, manovra solo demagogica già adottata inutilmente in Venezuela.
VENEZUELA: il caos continua. Mancano generi alimentari ed anche la benzina.
EUROPA
L’indice dei prezzi al consumo sale solo dello 0,7% a gennaio, meno del previsto. Continua la discesa dell’inflazione che in alcuni Paesi è già prossima allo zero o negativa. Si attende la risposta della BCE nella prossima seduta del 6 febbraio: riduzione tassi allo 0,1% (ora 0,25%), QE all’americana o nuovo LTRO (finanziamento banche) ?
FRANCIA: Disoccupazione sale al nuovo record del 10,9% con ben 3,03 milioni di senza lavoro.
GERMANIA: Disoccupazione ferma al 6,9% ma vendite al dettaglio che crollano a dicembre, inaspettatamente del -2,4%.
SPAGNA: Pil quarto trimestre +0,3% sul trimestre precedente ma ancora negativo (-1,3) per il 2013.
GRECIA: Finalmente un dato positivo. Le vendite al dettaglio salgono a novembre del +2,9%, prima volta dopo quattro anni.
USA: Dati macroeconomici deboli, dall’immobiliare alla fiducia dei consumatori. Salgono le spese ma a scapito dei redditi rimasti invariati. Il consumatore americano mantiene a fatica un elevato livello di consumi, ma riducendo ancora i risparmi.
Positiva, invece, la prima proiezione del Pil a +3,2% contro il 3% previsto.
TRIMESTRALI USA: Molte aziende confermano cali di fatturato rispetto allo scorso anno. Per contrastare la contrazione delle vendite, nel tentativo di mantenere inalterati i margini di guadagno, le aziende riprendono a licenziare personale. Sotto pressione ancora il settore della grande distribuzione. Best Buy chiude altri punti vendita, questa volta in Canada, mentre Walmart lancia un mezzo allarme utili. Male Amazon che perde l’11% a causa di una crescita in calo nel quarto trimestre, non solo rispetto allo scorso anno ma anche verso i due trimestri precedenti.
Ancora bene una parte del settore tecnologico che beneficia anche dell’euforia intorno al Nadsaq. Facebook e Google registrano nuovi massimi storici. Delude invece Yahoo che ancora stenta a spostare parte dei suoi ricavi sulla telefonia mobile.
FED/TAPERING: Come nelle aspettative, il QE è stato ridotto di altri 10mld di dollari da febbraio. L’intervento rimane ancora massiccio (65mld mensili), ma l’ulteriore riduzione ha provocato una crisi di liquidità ed una fuga di capitali dai mercati emergenti, peraltro già in corso.
VALUTE
Degli emergenti ho in parte già parlato. Va aggiunta la crisi del rand sudafricano che scende ai massimi da 6 anni contro dollaro. La banca centrale alza i tassi dal 5 al 5,5% nel tentativo di fermare la svalutazione. Anche l’India alza i tassi all’8% mentre la rupia scende ai livelli di novembre. Difficoltà anche per il fiorino ungherese che torna ai livelli della crisi del debito sovrano (estate 2011).
Malissimo anche il rublo russo che sfonda 40 contro USD, livello raggiunto nel 2008. Anche qui la banca centrale si è dichiarata disposta ad interventi illimitati per difendere la valuta. Soffrono anche il lev bulgaro ed il leu rumeno, anch’essi in parte difesi dalle rispettive autorità monetarie.
Si indebolisce l’euro nell’ultima seduta della settimana contro il biglietto verde da 1,37 a 1,35, dopo il dato sui prezzi al consumo di gennaio che conferma il grosso rischio di deflazione che aleggia sul vecchio continente.
Lo YEN ha continuato ad oscillare sul dollaro in una forchetta ristretta. Il cambio è stato difeso a 102, livello sotto il quale scatterebbero le ricoperture sul cambio e le vendite sui mercati azionari.
CINA: Rallenta l’indice degli acquisti che scende ai livelli degli ultimi sei mesi. La Banca centrale ha evitato il fallimento del trust, ma la tensione sui tassi a breve riapparirà molto presto.
EURIBOR: invariato dal 0,30% al 0,298%.