Pessimismo od ottimismo per l’economia mondiale nel prossimo anno devono lasciare il passo ad una cruda analisi di tutti i focolai aperti, non ancora risolti e fonti di potenziali nuove crisi. Seguiamo il sorgere del sole partendo da oriente.
– Mercati Emergenti: Diversi scricchiolii da maggio in avanti con deflusso di capitali, svalutazioni massicce delle valute locali, aumento del deficit delle partite correnti e turbolenze anche politiche. Tailandia ed Indonesia sono sicuramente i Paesi più a rischio come lo furono nella precedente crisi regionale del 1997. Ora c’è grossa tensione anche in Turchia. Alla pressione sulla lira turca, si è aggiunta anche una crisi politica con diversi scandali per corruzione che coinvolgono larga parte del partito politico al Governo. Valuta locale in picchiata (-18% contro dollaro nel 2013), tassi di interesse del titolo a due anni che salgono all’11% e borsa che crolla al livello del luglio 2012.
– BRIC: Acronimo che sta per Brasile, Russia, India e Cina. Il Paese latino americano è in forte decrescita con Pil previsto al +2,3% nel 2014, inflazione al 5,5% e tassi di interesse al 10% che penalizzano la crescita. Bolla immobiliare e timori che si ripetano le oceaniche proteste di piazza in occasione dei prossimi mondiali di calcio preoccupano gli investitori nel Paese carioca.
– La Russia è un invece un Paese sempre troppo dipendente dall’esportazioni di materie prime, petrolio e gas. Qualora i prezzi dovessero scendere l’economia né risentirebbe in misura significativa.
– Per l’India i problemi sono gli stessi di Indonesia e Tailandia con la rupia che sta cercando di recuperare parte del terreno (-16%) perso quest’anno contro dollaro. Diminuiscono gli investimenti stranieri dei quali il Paese ha grande necessità per migliorare le proprie infrastrutture. Pil inferiore al +5% nel 2013, per la prima volta in 20 anni, e prossime elezioni politiche sono un’altra grossa incognita sulla futura crescita economica del gigante asiatico.
– CINA: della tensione sui tassi di interesse a breve, in parte rientrata solo grazie al continuo intervento della banca centrale, alla bolla immobiliare e creditizia creata in 30 anni di sviluppo senza freni e che nell’ultimo triennio è stato ulteriormente accelerato per sostenere un rallentamento molto evidente e ben più marcato rispetto a quanto viene comunicato. In ogni caso anche il +7,6% di crescita che il governo sostiene verrà raggiunto quest’anno rappresenta il peggior risultato degli ultimi 30 anni.
– GIAPPONE: Ormai all’ultima spiaggia. La ABENOMICS ha inondato di liquidità il mercato domestico a dosi da cavallo (60mld di dollari al mese) nel tentativo di far uscire il Paese da 20 anni di deflazione e bassa crescita. Alcuni segnali sono confortanti con la prima crescita dei prezzi registrata ad ottobre e novembre da oltre 10 anni. Lo yen si è però svalutato di oltre il 25% verso il dollaro creando forti malumori tra i partner commerciali (USA, Cina e Sud Corea). Il Paese è da anni a rischio default con il rapporto debito/PIL più alto al mondo (oltre il 230%) ma mascherato dai tassi a zero (il decennale rende lo 0,70%) e dalla continua monetizzazione (acquisto) dello stock di debito da parte della banca centrale. Questa politica è molto pericolosa e può essere sostenuta solo per poco tempo e non per due decenni come finora avvenuto. Ergo: anche per il Giappone la resa dei conti si avvicina.
– EUROPA: è il malato cronico con febbre in discesa ma ancora lontano da una difficile guarigione. Molti Paesi torneranno a crescere nel 2014 ma sarà il cosiddetto “dead bounce cat” (rimbalzo del gatto morto) come dicono a Wall Street. I Pil riprenderanno forse a salire ma anche la disoccupazione ed il rimbalzo sarà effimero e non strutturale. Grecia, Portogallo, Irlanda sono date già fuori dalla crisi con grande approssimazione visto che hanno debito e deficit a livelli ancora stratosferici. La Francia è poi il nuovo grande malato che potrebbe essere oggetto del prossimo attacco speculativo in caso di nuove tensioni sui mercati. Continuano a chiudere grandi aziende ed il Paese perde posizioni competitive anche nell’export. Giudizio negativo anche per l’Olanda, che al pari della Francia, ha perso quest’anno la tripla AAA di rating e al di fuori dell’euro per Svezia e Norvegia, due piccoli Pesi scandinavi nei quali si è formata una gigantesca bolla immobiliare.Fuori dall’Euro c’è anche la Gran Bretagna con una crescita che si avvicina all’1% nel 2013, una delle migliori in Europa ma un con un debito complessivo (privato, business e pubblico) che è tra i più alti al mondo (900% del PIL). Sotto gli occhi di tutti è l’evidente bolla immobiliare della capitale londinese.
A sud l’Italia è in stato comatoso e non riesce in alcun modo ad alleviare il peso della recessione, molto pesante anche nel 2013, mentre la Spagna è data invece in ripresa anche se disoccupazione e sofferenze bancarie sono a livelli intollerabili e non sostenibili a lungo. L’unica differenza è la presa di coscienza degli spagnoli di aver toccato il fondo e di intravedere un rimbalzo dagli abissi diversamente dall’Italia dove la fiducia è molto bassa e si percepisce un sentimento di depressione e rassegnazione.
– MEDIO ORIENTE ed Africa : la solita polveriera. In Israele sono riprese delle minime scaramucce con i palestinesi che potrebbero portare ad un inasprimento del conflitto. Il Nord Africa, dall’Egitto alla Tunisia, passando attraverso Libia ed Algeria, è sempre molto a rischio di infiltrazioni terroristiche di natura islamica (AL Qaida). In Egitto sono iniziati gli attentati e temo che il Paese si possa trasformare in un nuovo IRAK.
– AMERICA LATINA: Oltre al Brasile, in forte rallentamento, le due mine vaganti del continente sono il Venezuela e l’Argentina dove i problemi sono molto simili anche se più accentuati e pronti a deflagrare nel primo Paese in un prossimo futuro. Nel Paese amazzonico l’inflazione ha superato il 60%, mancano i generi di prima necessità nei grandi magazzini e si cerca di acquistare dollari al mercato nero con una partià anche dieci volte superiore a quella del cambio ufficiale, quest’ultimo ormai completamente disallineato dalla realtà. Ormai il Paese non riesce più ad indebitarsi sui mercati internazionali a tassi superiori al 13% ma lo fa indirettamente attraverso la compagnia petrolifera statale. In Argentina l’inflazione reale sfiora invece il 30% e ci sono stati recenti violenti saccheggi nei negozi di Cordoba, la seconda città del paese con 1,3mln di abitanti, approfittando di uno sciopero della polizia che rivendicava aumenti salariali.
– CANADA e AUSTRALIA: le metto insieme perché hanno molto in comune pur trovandosi geograficamente agli antipodi. Hanno la stessa cultura anglosassone, una popolazione poco superiore ai 40ml dispersa in un territorio vastissimo ma con zone molto inospitali (deserto e ghiacci). Entrambe hanno avuto una crescita sostenuta negli ultimi anni e l’Australia è in territorio positivo dal 1991 con un solo trimestre negativo nel 2008. Tuttavia sono Paesi nei quali è stata montata una considerevole bolla immobiliare, il cui scoppio, potrebbe mettere in ginocchio i rispettivi sistemi bancari.
– STATI UNITI: Finiamo con il malato vero con un debito di 17.260 miliardi, quasi raddoppiato nell’ultimo lustro, ed un sistema economico che è ormai completamente dipendente dal quantitative easing e dalla droga monetaria del credito facile. Una economia che vive tra immensi debiti, personali, federali e societari che alimentano una crescita artificiale tra nuove bolle sui mercati finanziari mentre nell’economia di strada la situazione continua peggiorare con poveri in aumento (da 22 a 47 mln negli ultimi 6 anni) e sempre più persone che vivono con sussidi statali (147mln pari al 47% dell’intera popolazione).
Un quadro quindi molto complesso; difficile pensare che tutti i focolai vengano spenti e che nessun incendio si scateni e si diffonda data la globalizzazione attuale dell’economia mondiale
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