Lunedì 10 febbraio era prevista la riapertura del sistema produttivo domestico dopo la settimana di vacanza per il Capodanno lunare e la successiva settimana di estensione forzata per contenere il contagio del virus.
In realtà, il riavvio del Paese non è avvenuto nelle modalità che tutti si auspicavano, sia internamente che nel resto del mondo. In alcuni casi non è nemmeno iniziato mentre in altri si è attivato, ma a macchia di leopardo e non nelle zone più colpite dal virus, che sono anche le più produttive della prima economia asiatica.
In aggiunta, l’area di quarantena è stata estesa a nuove zone del Paese con alcune restrizioni importanti anche nelle città più importanti e popolose, quali Pechino e Shanghai, che hanno registrato nuovi casi di infezione e sono impegnate ad evitare che il contagio si sviluppi su larga scala.
Dopo tre settimane di parziale chiusura, nelle aziende che hanno riaperto manca parte del personale e rimane il rischio, già verificatosi, che una percentuale di esso si ammali per il maggiore contatto nei posti di lavoro.
LA “SUPPLY CHAIN”
La mancata riapertura totale del sistema produttivo incomincia a fasi sentire su diversi settori economici.
Le attività interne più colpite sono quelle del turismo e della ristorazione. Il traffico aereo domestico nella terza settimana è crollato del 83% sull’anno precedente e molti ristoranti sono chiusi o semi deserti.
Quasi metà della popolazione cinese è confinata in casa e di conseguenza ha ridotto i consumi al minimo necessario ed essenziale. Acquisti di auto ed immobili sono già crollati nel mese di gennaio e si teme un’ulteriore discesa a febbraio, visto il parziale congelamento di gran parte delle attività produttive.
Anche le grandi multinazionali stentano a ripartire. Molte di loro hanno cercato di riaprire, ma i veti e le restrizioni imposte dalle amministrazioni locali, oltre alla mancanza di parte delle maestranze, ha indotto molte di loro a posticipare il riavvio di almeno un’altra settimana.
Scuole e campionati sportivi rimangono sospesi almeno fino a fine aprile, mentre le merci si spostano dentro e fuori dal Paese molto più lentamente. Nel primo caso perchè gli autotrasportatori, quando raggiungono le città in quarantena, devono essere sottoposti a loro volta a periodi di osservazione, mentre nel secondo il traffico merci verso l’estero è rallentato dalla più lenta attività degli scali aeroportuali.
GLI SCENARI INTERNI
Scemata la speranza iniziale che tutte le attività riaprissero solo dopo due settimane di chiusura, banche, analisti ed istituzioni mondiali cominciano a snocciolare previsioni sull’impatto di questo prolungato stop sull’economia domestica.
Le stime sono molto diverse e si spostano sostanzialmente dallo scenario più ottimistico a quello più pessimistico ed addirittura catastrofico nel caso di una diffusione della pandemia a livello planetario.
Possiamo tentare di riclassificarli in cinque categorie:
- TENUE
- BRUTTO
- PESSIMO
- TERRIBILE
- IMPREVEDIBILE
Lo scenario tenue è quello che ancora crede che i disagi rientreranno velocemente. confidando nella laboriosità del popolo cinese. Tale contesto, che diventa oggi ormai superato o diventa sempre più irraggiungibile con metà del Paese parzialmente fermo, prevede una crescita del Pil nel trimestre corrente tra il 4,5% ed il 5%. rispetto al 6-6,3% inizialmente stimato.
Il secondo riduce le stime di crescita tra zero ed il due per cento, sempre nei primi tre mesi dell’anno, mentre passa in negativo sia nel terzo che nel quarto scenario, con punte di calo del Prodotto interno lordo fino al cinque per cento nel caso l’epidemia si prolungasse per diversi mesi nel Paese.
Infine, viene descritto anche lo scenario imprevedibile nel caso la pandemia si estenda anche al di fuori dei confini ed in misura significativa, ma in questo caso ogni previsione è assolutamente prematura.
USA, EUROPA e GIAPPONE
Più difficile misurare invece l’impatto sulle altre economie occidentali. L’Australia ha un interscambio importante con la Cina e di conseguenza potrebbe risentirne anche in misura considerevole, visto che il 22% delle sue esportazioni sono dirette in Cina, primo Paese per dimensione.
Gli Stati Uniti sono meno colpiti. per quanto importino molte merci dall’economia asiatica ed anche l’export è molto dipendente dall’economia cinese. Inoltre l’economia americana cresce ancora a ritmi intorno al 2% e potrebbe limitare l’impatto negativo a solo mezzo punto percentuale, sempre che la diffusione del virus sia contenuta in tempi brevi.
L’Europa è invece sicuramente più esposta, in quanto la crescita delle prime tre economie del continente rasenta lo zero, già dall’ultimo trimestre 2019. In aggiunta, la Germania è la più esposta tra i Paesi europei nell’esportazione di prodotti industriali (auto e meccanica di precisione) verso la Cina.
Infine sembra essere il Giappone il Paese più a rischio di contagio sia sanitario che economico dal virus cinese, partendo da una situazione già molto debole. Il Pil nipponico nel quarto trimestre 2019 è crollato del -6,3% su base annua e del -1,6% sul trimestre precedente.
I MERCATI FINANZIARI
Wall Street ed i mercati azionari europei hanno finora ignorato l’impatto del contagio del virus, continuando a macinare record sull’onda del numero di decessi ancora contenuto, delle speranze per una rapida risoluzione del problema e degli interventi delle Banche Centrali, che continuano ad iniettare liquidità nei sistemi finanziari di tutto il mondo, alimentando nuovi rialzi.
In questo contesto, le Borse hanno tremato solo lunedì 3 febbraio alla riapertura della Borsa di Shanghai dopo la lunga pausa festiva. Da quel giorno in poi è sempre stata festa.
Per il futuro l’ascesa parabolica di Wall Street degli ultimi quattro mesi preoccupa gli analisti, nel caso il virus dovesse impattare pesantemente sull’economia reale.
Le aziende giustamente resisteranno ancora per qualche settimana, ma qualora ordini e fatturati inizino a decrescere sensibilmente, saranno costrette non solo ad abbassare le stime di crescita, come già sta avvenendo, ma anche a licenziare personale.
Intanto il dollaro si è rafforzato ed anche i metalli preziosi sembrano pronti per un nuovo allungo, mentre il petrolio potrebbe riprendere a scendere dopo la pausa di questa settimana e bucare al ribasso la soglia psicologica dei 50 dollari al barile