Lo S&P500 ha appena chiuso uno delle sue migliori partenze da inizio anno, la quarta in valore assoluto. In molte delle precedenti occasioni, l’esponenziale salita nei primi mesi dell’anno non è poi stata confermata a fine dicembre, ma in questa occasione è presente il paracadute della Federal Reserve, che potrebbe fare la differenza.
Ad alimentare il rialzo ha contribuito anche la stagione delle trimestrali, che ha lanciato lo S&P500 ed il Nasdaq verso i nuovi massimi storici, superando quelli dello scorso settembre e mettendo fine alla correzione partita lo scorso novembre, che aveva raggiunto un ribasso di quasi il 20%, in soli due mesi.
Il focus delle trimestrali si concentra sempre sul settore tecnologico ed in particolare su quei pochi titoli che hanno fatto la fortuna degli indici, proiettandoli negli anni sempre verso nuovi massimi storici.
A fine aprile, quando quasi tutte le principali società dello S&P500 avevano già pubblicato i dati, oltre il 78% aveva battuto le attese, superando la media storica del 67%.
In realtà, le stime per il 2019 ed il 2020 erano state drammaticamente abbassate nei mesi precedenti, sull’onda dei timori per la guerra commerciale cino-americana, ed è stato facile per molte società superare una così bassa asticella.
Indipendentemente dall’apprezzamento del mercato, che è soggetto a diversi parametri, non ultimo i piani di buybacks annunciati o la revisione di una guidance futura, i dati delle principali società tecnologiche hanno evidenziato lo spartiacque tra chi continua a crescere a ritmi da start-up e chi, invece, inizia a diventare una “value stock”.
Nel primo gruppo ha sorpreso la tenuta di un gigante come Microsoft, ancora capace di crescere in un settore già molto maturo come quello del software.
Anche il re dei social network, Facebook, si butta alle spalle tutti i recenti scandali e consolida la sua posizione di leader indiscusso nel settore, in virtù della continua ascesa delle entrate pubblicitarie.
Tra le società che, invece, hanno dato un segnale di rallentamento della crescita, almeno per il trimestre appena concluso, ci sono tre pesi massimi quali Amazon, Apple e Google, sebbene con risvolti diversi. Solo Apple ha evidenziato, infatti, un calo sia delle vendite che dei profitti. Al contrario, Amazon continua a crescere a ritmi vertiginosi, ma faticherà a mantenere questi ritmi nei prossimi trimestri a causa dell’intensa concorrenza. Il leader delle vendite online sta cercando di espandere la sua attività in business satelliti (logistica e spedizioni) al suo tradizionale core business.
Google, infine, ha evidenziato un calo nelle entrate pubblicitarie ed un tasso di crescita ben superiore allo scorso anno, ma inferiore di oltre un miliardo di dollari rispetto alle previsioni.
Tra le delusioni del trimestre una citazione a parte va ad Intel ed a tutto il settore dei semi conduttori, che desta qualche preoccupazione per il sensibile calo delle vendite nel primo trimestre, pari al 15,5% rispetto al precedente. Nei confronti del picco dello scorso ottobre, la discesa dei ricavi dell’intero comparto si aggira al 25%, la peggiore dalla crisi finanziaria del 2008 quando raggiunse il 39%. Le vendite del settore sono tornate ai livelli dell’aprile 2017, punto di partenza di un lungo rally, che ha sorpreso molti analisti. Nel 2001, il calo raggiunse addirittura il -45%, dopo un arretramento di 11 mesi consecutivi in scia allo scoppio della bolla delle dot.com.
Sicuramente questo recente calo è stato influenzato dalle incertezze per la guerra commerciale tra le due super potenze e dalle difficoltà congiunturali di alcuni comparti quali l’automotive, i personal computers e le cripto valute, che sembrano meno di moda nell’ultimo anno.
Tale momento di smarrimento del settore si protrarrà probabilmente anche per i prossimi due trimestri, secondo gli outlook dichiarati dalle principali società di semi conduttori. L’andamento dei titoli del comparto sarà invece influenzato anche dagli altri titoli tecnologici che continuano, invece, a spingere il Nasdaq verso nuovi record storici.