Da mesi non è più in discussione l’ipotesi che l’economia a stelle e strisce decresca o possa anche scendere in territorio negativo, ma quando ed in quale entità il fenomeno si manifesterà è ancora molto difficile prevederlo.
La portata del rallentamento non è indifferente, non solo per l’importanza e l’effetto di trascinamento che l’economia americana riflette sul resto del pianeta, ma per l’impatto più interessante sul futuro andamento del mercato azionario domestico che, come vedremo, è influenzato dal verificarsi di ciascuno dei due possibili scenari.
Il mercato azionario americano è crollato da inizio secolo due volte, sempre e solo congiuntamente a severe recessioni, come nel 2001-03 e nel 2008-09.
Nel primo caso, la crisi è stata generata dagli eccessivi investimenti nelle dot.com e dal timore per il passaggio elettronico del millennio, mentre nel secondo da una bolla immobiliare che ha provocato in pochi mesi una crisi mondiale con ricadute pesanti su tutto il pianeta, rivelandosi la peggiore recessione non solo dalla fine della seconda guerra mondiale ma anche dalla Grande Depressione del 1929.
Il Nasdaq nel 2001-03 ha perso in meno di un anno l’80% del suo valore e lo S&P500 oltre il 60% nel 2008-09, prima del massiccio intervento della Fed, attraverso uno stimolo monetario senza precedenti, noto come Quantitative Easing.
Diverso è invece stato il comportamento di Wall Street durante le fasi di rallentamento economico sia domestico che esterno. Sia nel 2011 che nel 2015, 2016 e nel 2018, il mercato ha corretto non oltre il 10% rispetto ai massimi e nei mesi successivi ha frantumato i precedenti record.
Le ragioni di tali discese furono diverse, dal downgrade sul debito pubblico (2011) alla improvvisa svalutazione dello yuan (2015) fino ai timori per la crescita domestica negli ultimi due casi (2016 e 2018), ma mai di entità tali da compromettere il trend rialzista.
LA SITUAZIONE ATTUALE
I segnali di una recessione interna, per quanto temuti, non sono ancora per nulla evidenti, mentre il rallentamento economico è significativo, in quanto la crescita tenderà a dimezzarsi rispetto ai valori della parte centrale del 2018, da oltre quattro punti percentuali a poco più del due per cento e forse anche meno, a causa del persistere dello Shutdown.
Ad accelerare la discesa del Pil contribuiscono l’effetto svanito della riforma fiscale, la disputa commerciale con la Cina, il generale rallentamento mondiale, la posizione incerta della Fed, la diminuzione degli utili aziendali ed il prolungarsi dello Shutdown.
Il mercato azionario domestico sembra aver temuto questi incroci pericolosi ed ha tentato un affondo ribassista tra novembre e dicembre, ma il ribasso è stato contrastato con successo sia da Trump che da Powell proprio sul punto di tramutarsi in “Bear Market”.
Il rimbalzo è stato così violento, il terzo della storia per intensità di recupero, da far pensare al ripetersi di una situazione simile alle quattro precedenti, dal 2011 al 2018.
Qualsiasi scenario è ora assolutamente possibile. Lo S&P500 dopo aver superato con successo la media mobile a 50 giorni è atteso dal superamento di quella a 200, l’asticella che dichiarerebbe chiusa la fase di correzione e spingerebbe l’indice verso un nuovo record a 3.000 punti.