Il recente exploit di Netflix o la débacle di IBM ci portano ad una serie di riflessioni che riguardano sia lo sviluppo che il settore di riferimento, ma anche l’evoluzione dello stato patrimoniale delle società in questione.
IBM e Netflix sono due aziende agli antipodi. La prima con oltre cinquant’anni di storia e la seconda, al contrario, con poco più di dieci. IBM è ormai una società considerata quasi “old economy”, malgrado sia tecnologicamente sempre molto avanzata. E’ ormai “value” con crescita bassa e stagnante, mentre Netflix è una società “growth” che si sviluppa a ritmi mirabolanti. Quest’ultima è molto più ambita dal mercato, malgrado brucerà quasi quattro miliardi di dollari di cassa nel 2018 ed abbia un bilancio in profondo rosso, mentre IBM continua a macinare utili importanti. In comune hanno entrambe debiti in continua crescita, ma mentre la società che produce hardware e software li ha generati quasi esclusivamente per ragioni finanziarie (dividendi e buybacks), Netflix li ha accumulati per crescere a doppia cifra. E’ anche per questa ragione che il mercato la premia, mentre penalizza IBM.
Passando invece alle aziende estremamente liquide, è noto che molte delle aziende americane, ed in particolare quelle attive nel settore tecnologico, abbiano accumulato da inizio millennio una cassa notevole, molta della quale detenuta all’estero per evitare il pagamento delle tasse sui profitti realizzati in patria.
Sommando il denaro detenuto in conto corrente da cinque pionieri della tecnologica a stelle e strisce quali Apple, Microsoft, Oracle, Intel e Cisco, il totale supera il trilione di dollari.
Tuttavia, questi colossi multinazionali hanno anche significativamente aumentato il livello di indebitamento in un rapporto superiore, in percentuale, rispetto alla crescita degli assets.
Negli ultimi cinque anni, l’aumento medio dei debiti è pari al 22,9%, quasi raddoppiato (+12,5%) rispetto alla crescita della liquidità.
In valore assoluto, il livello dei debiti di queste società non è preoccupante, ma va sottolineata la sua crescita più che proporzionale rispetto agli assets dalla bolla delle “dot.com” di inizio millennio e non solo nelle principali aziende quotate.
La fotografia dello stato patrimoniale vede il rapporto tra i debiti e la liquidità raddoppiare dal 30% di metà 2014 al 65% di fine 2017. In definitiva, se la liquidità di queste cinque aziende high tech ha superato il trilione di dollari, i debiti hanno superato i $650 miliardi.
Per esplicitare meglio la situazione prendiamo l’esempio di Apple, una delle icone tecnologiche mondiali ed autrice di una fase di sviluppo memorabile negli ultimi vent’anni.
Anch’essa ha visto la propria liquidità salire vertiginosamente nell’ultimo lustro, ma ben altrettanto i propri debiti, costituiti per pagare dividendi e riacquistarsi le proprie azioni.
Ciò non significa che Apple sia in una situazione di stress finanziario, ma il peso del debito e degli oneri finanziari dovrà essere bilanciato in futuro da una crescita sempre sostenuta o viceversa essere decurtato provvedendo ad una riduzione della leva.
Questa descritta è anche una delle principali differenze con la bolla delle dot.com quando le società tecnologiche si finanziavano per crescere, ricorrendo alla quotazione o emettendo nuove azioni, mentre ora accedono al mercato del credito principalmente per riacquistarsi le proprie azioni, molte delle quali vengono poi assegnate ai manager dell’azienda.
L’analisi è concentrata su queste cinque icone della tecnologia presenti sul mercato da almeno un ventennio con un quadro patrimoniale particolarmente brillante. Per la loro giovane età non sono state incluse Facebook e Google, che hanno fatto la storia e continuano a svolgere un ruolo di leader nel settore tecnologico, ma non sono comparabili a quelle sopra analizzate.
SINTESI
Come già abbiamo spiegato per Apple, l’aumento del debito non è preoccupante fino a quando queste società continuano ad avere un cash flow così impressionante. Tuttavia, i debiti attuali e futuri saranno rinegoziati a tassi in crescita con un aumento degli oneri finanziari.
Qualora queste società siano costrette a contenere la crescita dei debiti, questo evento potrebbe anche avere un impatto sui mercati azionari con una riduzione dei piani di buybacks. Per ora non si nota alcun segnale allarmante, almeno per le grandi società tecnologiche, ma l’aumento dei debiti resta un indicatore da monitorare.