La divisa cinese e le riserve in dollari del Paese sono andate a braccetto, dal 2006 fino a metà 2014, entrambe al rialzo. La valuta si rafforzava ed i forzieri della Banca Centrale continuavano a riempirsi di dollari utilizzati per acquistare titoli di stato statunitensi.
Improvvisamente, dalla metà del 2014, la clessidra si è del tutto capovolta e le stesse due variabili hanno continuato a marciare, sempre allineate, ma prendendo la direzione del ribasso. In aggiunta, il deprezzamento della divisa locale ha generato una crescente fuga di capitali dalla prima economia asiatica. Tale esodo è stato combattuto difendendo il cambio, vale a dire comprando yuan e vendendo dollari, un’attività che depaupera progressivamente le riserve in valuta.
La svalutazione del cambio cinese, congiuntamente alla riduzione delle riserve valutarie, ha nell’ultimo biennio provocato forti turbolenze sui mercati finanziari anche se solo per brevi periodi.
Il grafico sottostante rappresenta la correlazione tra il cambio dollaro/yuan ed il VIX, l’indice di Volatilità dello S&P500. Durante i tre recenti precedenti, la svalutazione dello yuan ha sempre provocato un’impennata della volatilità, evento che non si è invece ripetuto dall’elezione di Trump che ha presentato, al contrario, una netta divergenza tra i due asset, rispetto ai picchi di volatilità registrati ad agosto 2015 e gennaio 2016.
Tuttavia, l’effetto della caduta del VIX potrebbe essere solo temporaneo anche in virtù della difficoltà dello yuan di rompere il supporto a 6,90, rispetto al biglietto verde, che potrebbe portare la divisa velocemente verso nuovi minimi del 2008 a quota 7 e 7.20, obiettivo giudicato possibile dagli analisti già entro la prima metà del 2017.
La valuta orientale ha beneficiato infatti del “rally Trump” che ha oscurato le debolezze strutturali del sistema finanziario cinese, appesantito dai non performing loans, in particolare delle aziende statali.
Non sembra, infatti, che né il governo né la Banca Centrale siano in grado di interrompere il deflusso di capitali dal Paese, indirizzato principalmente verso il settore immobiliare nord americano, sia statunitense che canadese.
In questo contesto, il rialzo dei rendimenti americani e le aspettative di ulteriori inasprimenti da parte della Federal Reserve porteranno a nuove pressioni al ribasso sulla valuta cinese, presumibilmente già da inizio gennaio ed a probabili nuove turbolenze sui mercati finanziari.