Le dichiarazioni di politici e banchieri centrali sull’attuale stato di salute dell’economia europea sono alquanto confuse. Dapprima, comunicano che la crescita è scomparsa, successivamente che la ripresa è già avviata ed infine che la Banca Centrale invierà assegni ad ogni cittadino per combattere l’inflazione e stimolare la crescita.
Il calo di produttività, palese in gran parte del vecchio continente, è irreversibile in quanto causato da un continuo indebolimento della domanda la quale, anche massicciamente stimolata da politiche monetarie più o meno opportune ma necessarie, non mostra segnali evidenti di recupero.
L’unico modo per contrastare questo declino è investire in formazione, promuovere l’innovazione e rafforzare il livello di efficienza per colmare la differenza ancora presente con gli Stati Uniti.
Tornando alla crescita, l’output industriale ancora fatica a raggiungere i livelli pre crisi rallentando la crescita che ha raggiunto un modesto 1,5% lo scorso anno, mentre la BCE prevede un simile andamento (+1,4) anche per l’anno in corso. Sicuramente sono tassi di crescita positivi, rispetto alla contrazione registrata nel 2013, ma deludenti in presenza di un massiccio stimolo monetario, del favorevole tasso di cambio e del crollo delle materie prime.
Questa volta, l’austerità non è il principale responsabile, come lo fu nella lunga recessione che si è estesa dal 2010 al 2013 per diverse economie, in quanto le politiche fiscali sono state essenzialmente neutre nell’anno precedente. Parte del motivo del rallentamento è imputabile alla forte, da molti imprevista, crisi delle economie emergenti, pur se questi fattori riguardano anche Gran Bretagna e Svezia, due economie, invece, cresciute a tassi superiori al 2-3%. In verità, l’economia dell’eurozona manca di un effetto trazione che riesca a farla uscire dalla stagnazione. Malgrado un leggero aumento dei salari, per altro non esteso a tutti i Paesi membri, i privati sono riluttanti a spendere e le aziende ad investire.
La vera preoccupazione è l’incertezza sul futuro. In molti Paesi, gli effetti della recessione non si sono mai esauriti, la bassa inflazione accresce il livello dei debiti, ancora elevati, mentre la disoccupazione rimane così alta da limitare la fiducia. Da ultimo, la politica fiscale non è stata in grado di appianare le diseguaglianze che si sono, invece, ampliate.
Con lo spettro della deflazione, la Banca Centrale Europea ha dovuto attraversare il Rubicone adottando politiche monetarie ultra espansive, attraverso la riduzione dei tassi a zero e successivamente anche negativi, con l’obiettivo di far risalire i prezzi, un tentativo che sembra al momento ancora inefficace, malgrado l’attuazione di uno stimolo da cavallo che non si è ancora esaurito.
Infine l’eurozona sembra molto esposta ai rischi sistemici, quali una nuova crisi finanziaria o, più semplicemente, un rialzo dei tassi statunitensi od un severo rallentamento dell’economia cinese.
In simili scenari, la domanda si contrarrà ulteriormente e, con I governi ancora pesantemente indebitati, la spesa pubblica non potrà compensare il calo di quella privata, in memoria della crisi dei debiti sovrani del 2011. Nello stesso periodo, anche la BCE avrà ultimato il suo programma di “quantitative easing”.
Qualora una nuova recessione seguisse un periodo di debole recupero, I cittadini europei lo interpreterebbero come un ulteriore fallimento e diminuirebbero, probabilmente, anche il sostegno alla moneta unica, già vacillante.
Di fronte a questa prospettiva, la BCE potrebbe anche stampare denaro e inviarlo a tutti i cittadini, il cosiddetto “helicopter money” per rilanciare i consumi e spingere l’inflazione.
Questa ipotesi incontra, tuttavia, alcune forti opposizioni, in particolare nel governo tedesco che predilige, al contrario, una maggiore austerità fiscale e teme un allentamento delle politiche di riforme dei rispettivi Stati membri, i quali trasferirebbero denaro ai propri sudditi finanziato dalla Banca Centrale: una sorta di piano Juncker allargato.
Tuttavia, dopo il quantitative easing, diversi TLTRO di sostegno alle banche, l’acquisto di obbligazioni societarie e i tassi negativi la situazione economica rimane ancora molto stagnante. Aspettiamoci pertanto l’acquisto di junk bonds, di titoli azionari ed, infine, anche l’utilizzo di meccanismi estremi mai sperimentati per fronteggiare la prossima recessione.
14.04.2016