Tuesday 03rd December 2024,
Pinguinoeconomico

RUSSIA – LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DEL CROLLO DEL PETROLIO

Lo scorso anno diverse banche d’affari hanno ripetutamente sostenuto che un calo delle quotazioni petrolifere sarebbe stato benefico per la maggior parte dei consumatori mondiali. La realtà si è dimostrata assai diversa ed i risparmi sul carburante e sul riscaldamento della gente comune non si sono tradotti in nuovi consumi o perlomeno nella misura auspicata.

Coloro che, al contrario, risultano in forte sofferenza sono i produttori di petrolio ed in particolare quei Paesi che hanno, da diversi anni, impostato la loro economia sul continuo boom delle quotazioni del greggio o di altre materie prime.

Tra queste nazioni vi è la Russia, costretta a fronteggiare non solo il crollo delle quotazioni del greggio, ma anche le sanzioni economiche europee ed americane in seguito all’annessione della Crimea avvenuta nel 2014 ed al sostegno ai separatisti russi nell’Ucraina orientale.

Putin si è mosso per tempo e velocemente, rinforzando le amicizie con la Cina e migliorando quelle con India ed Iran. Recentemente è però entrato in grave conflitto con la Turchia, diventata ora uno dei principali nemici.

I problemi per la Russia sono iniziati già ben prima della discesa del prezzo a $50 al barile, livello sul quale è stato costruito il bilancio fiscale per l’anno in corso. Solo rispetto a quella precedente stima, con le quotazioni scese a $30 in pochi mesi, Mosca perde 200 milioni di dollari al giorno di mancate entrate, che equivalgono a 70 miliardi di buco nel solo 2016, rispetto alle previsioni.

Per una nazione che concentra sulla vendita delle materie prime oltre l’80% delle entrate fiscali, il crollo della principale fonte di reddito diventa un problema difficile da arginare, malgrado le abilità del suo condottiero politico nel minimizzare i problemi e trovare nuove alleanze.

IL CROLLO DEL RUBLO e L’INFLAZIONE

Rispetto ai massimi raggiunti dalle quotazioni del greggio a luglio 2014, a quota 110 dollari al barile, la perdita giornaliera per le casse dello stato ammonta a 900 milioni di dollari, una cifra impressionante.

Anche la Russia, oltre alla Cina, fa ora paura ed il mercato continua a vendere rubli spingendo la valuta in questo inizio anno oltre i nuovi minimi storici sia nei confronti del dollaro che dell’euro realizzati a dicembre 2014.

Il crollo della divisa provoca un rialzo significativo dei beni di importazione ed aumenta, di conseguenza, il tasso di inflazione. A fine 2015 l’inflazione dovrebbe aver raggiunto il picco del 13%, mentre già nel primo trimestre 2016 è stimata vicino all’8%, valore tuttavia poco attendibile.

CRESCITA ECONOMICA

La caduta del potere di acquisto (salari reali), pari al 9-10% circa, ha avuto un impatto negativo considerevole sui consumi interni. La stima più aggiornata si riferisce al terzo trimestre 2015, quando la spesa dei privati è calata tra l’8.7% ed il 8,9%. Anche in ottobre la discesa è proseguita con il fatturato delle vendite al dettaglio in discesa del 11,7%.

Il dato delle vendite di auto nuove a dicembre è ancora più sconfortante con un crollo degli acquisti del 45,7% sullo stesso mese dell’anno precedente.

Questi sono numeri non molto dissimili da quelli greci. La svalutazione ha sicuramente aiutato l’export, che si mantiene su livelli stabili negli ultimi due trimestri, per lo meno in volumi, ma non tale da compensare il pesante calo delle importazioni.

A livello di Pil, le previsioni della Banca Centrale russa si attestano ad un calo del 3.7 – 3.9% nel 2015 e tra l’1 – 2%. Si tratta di previsioni sicuramente molto ottimistiche che non contemplano l’ulteriore svalutazione del rublo di questi ultimi mesi. Alcuni analisti hanno infatti pubblicato cifre doppie rispetto a quelle governative.

Qualcosa si sta, tuttavia, muovendo ed alcune aziende trovano la Russia assai conveniente, a questi livello di cambio, a dispetto anche delle sanzioni economiche. Negli ultimi giorni una azienda francese farà costruire alcuni componenti dei suo elicotteri in Russia e Mc Donald’s, la prima catena al mondo di fast-food, aprirà altri 50 ristoranti, soddisfatta dall’andamento economico in questa nazione.

ASSET PRICES

Anche in questo ambito i guai non sono terminati. La Borsa di Mosca è rimasta sorprendentemente stabile nel 2015, ma è scesa del 9% nelle prime tre settimane di gennaio. Anche i prezzi delle case sono in leggero calo, malgrado l’inflazione elevata, ed il trend sembra proseguire anche questo mese, a causa della caduta del reddito disponibile.

COMMENTO

Difficile fare previsioni sul futuro economico della Russia. E’ indubbio, tuttavia, che il calo del prezzo del petrolio e del gas, qualora persista su questi livelli, sia un grosso ostacolo per una ripresa stabile, convincente e duratura.

Il rischio di ulteriore svalutazione del rublo e della creazione di una iperinflazione è ancora reale e molto temuto dai mercati che potrebbero mettere sotto ulteriore pressione la moneta, la Banca Centrale ed anche il Governo.

In queste condizioni, la Russia faticherà a rimborsare i finanziamenti in dollari, ma anche a rimanere competitiva con tassi di interesse all’11%, mentre il resto del mondo, compresi gran parte dei suoi vicini, hanno tassi a zero o negativi. Finanziarsi in valuta pregiata (dollari, euro, yen) sarà la prossima scommessa da vincere per Putin e soci.

 

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