Quando si pensa a dove scoppierà la prossima crisi, l’America Latina viene spesso depennata da tutte le possibili liste di contagio. Questo perché il continente sudamericano rimane, inconsapevolmente, ampiamente sopravvalutato. La ragione di tale considerazione credo sia riconducibile ad almeno due fattori: le enormi potenzialità, quasi sempre inespresse, delle nazioni che vi sono comprese, ma soprattutto la crescita del Brasile durante quasi tutta la presidenza Lula, (due mandati dal 2002 al 2010), che ha illuso molti osservatori ed economisti che l’economia carioca potesse fare da volano e traino per tutto il continente.
Così non è stato, invece, a causa di un mix di populismo eccessivo che pervade quasi tutti i governi sudamericani da inizio millennio. Ne sono coinvolti praticamente tutti i Paesi, con l’eccezione dell’Uruguay, del Costa Rica, del Cile ed in parte della Colombia. Il resto del continente, invece, non fa alcuna eccezione partendo dai casi estremi di Venezuela, Argentina e Bolivia, Nicaragua e Salvador, fino a quelli un po’ più moderati di Brasile, Perù ed Ecuador. La stessa Colombia ed il Messico sono da oltre un ventennio scosse da movimenti anarchici insurrezionali violenti, che si nascondono dietro il controllo del narco traffico mondiale. Anche il Perù aveva attraversato lo stesso problema negli anni ’90, ma i movimenti terroristici dei Tupamaros e di Sendero Luminoso, responsabili di eccidi sanguinari e di colpi clamorosi (assalto all’ambasciata giapponese di Lima nel 1992), si sono poi dissolti, dopo aver perso il consenso anche della popolazione più povera. La crescita economica ha in parte contribuito ad accelerare il processo democratico di queste economie a fine secolo, mentre da inizio millennio, il quadro generale è tornato a deteriorarsi, a partire dal populismo sfrenato del Chavez venezuelano e dal default argentino del 2001.
Fatta questa premessa geopolitica, la sintesi economica è, tuttavia, nella stragrande dei casi, disarmante. Nel suo complesso, infatti, le economie del continente centro e sudamericano cresceranno nel 2014 del +1,1%, il livello più modesto degli ultimi cinque anni. Nello specifico, l’Argentina vedrà la propria crescita economica calare del -0,2% quest’anno, il Venezuela del -3%, mentre il Brasile, la prima economia del continente, salirà del +0,2%. In questi numeri impietosi c’è la conferma della fine della cosiddetta “decade d’oro” dell’economia latino-americana, trainata, in larga misura dal boom delle materie prime che abbondano nel sottosuolo di molti Paesi.
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha confermato le stesse stime per la regione: +1,3% per il corrente anno e +2,2% per il 2015. L’anno scorso la crescita complessiva fu, invece, del +2,7%, esattamente doppia rispetto a quella corrente. Le economie latino americane hanno davanti una grande sfida: rivitalizzare la domanda domestica, migliorare la produttività e competitività per attrarre nuovi investimenti, di nuovo in calo, anche in un delicato contesto economico mondiale.
Gli investimenti nel continente sudamericano sono in calo, già dal 2011, e dovrebbero scendere del -3,5% anche nel 2014, a causa della debolezza dell’economie europee e del rallentamento cinese.
E’ necessaria inoltre una maggior integrazione tra i diversi Paesi della regione per accelerare la crescita della produttività e della domanda, ma soprattutto per rafforzare la capacità di affrontare nuovi shock esterni.
Nella regione, il quadro è molto diversificato con Paesi in forte crisi, altri a crescita zero ed alcuni che ancora riescono a crescere a tassi del 4-5% annuo.
I Paesi del centro America, Haiti e i Caraibi spagnoli prevedono di chiudere l’anno con un rialzo complessivo del +3,7%, mentre il sud America crescerà solo ad un modesto +0,7%.
Per il 2015, invece, le previsioni crescono al + 4,1% per l’America Centrale, Haiti, ed i Caraibi di madre lingua spagnola; + 1,8% in sud America e +2,2% nei Caraibi di madre lingua inglese.
Sempre l’anno prossimo, le economie più brillanti saranno Panama con un +7% di Pil, la Bolivia +5,5% e la Repubblica Dominicana +5%. In Brasile, la settima economia del mondo, le previsioni della associazione latino Americana prevedono una crescita del Pil del +1,3%, ben al di sopra di quelle del FMI, tra zero e 1%, e di BNP Paribas, che prevede, invece, una crescita zero.
Le più solide economie del continente dovrebbero proseguire con una crescita superiore alla media: Mexico +3,2%, Cile +3% e Colombia +4,3%. Anche in questo caso sembrano troppo ottimistiche. Il Messico è scosso anche da proteste contro la corruzione e la violenza dei narcotrafficanti, mentre il Cile risentirà pesantemente del crollo del prezzo del rame, materia prima del quale è uno dei principali produttori mondiali. Delude, anche quest’anno, l’economia cubana che cresce ad un modestissimo +1,3%, dimezzata rispetto ad una previsione del +2,7%. Nel 2015 lo scenario è previsto in miglioramento al +2,2%.
Molte economie, tra quelle indicate, continueranno a soffrire, anche nel 2015, del calo delle esportazioni, ma mentre il Messico e la Repubblica Dominicana beneficeranno della stabilizzazione dell’economia statunitense, il sud America, invece, continuerà a soffrire del crollo dei prezzi delle materie prime e della difficoltà dei loro partner commerciali, Europa e Cina in primis.
Infine, ciò che viene volontariamente omesso è la grave crisi finanziaria di due importanti economie del sud continente: Venezuela ed Argentina.
La prima è vicina al default a causa del crollo del prezzo del petrolio che rappresenta il 95% dell’export ed il 70% dell’entrate fiscali del Paese. Il tasso di interesse sul titolo decennale è schizzato al 31%, nuovo massimo storico. L’inflazione ha superato il 100% su base annua e nei negozi non si trovano gran parte dei beni di prima necessità.
L’Argentina è in preda ad una nuova crisi economica, a seguito dell’ennesima svalutazione del peso ad inizio anno. Di conseguenza l’inflazione sale al ritmo del +3-4% su base mensile, livello che sta erodendo il potere d’acquisto degli argentini, i quali rivendicano aumenti salariali.
Un quadro pertanto con luci (poche) e diverse ombre, alcune molto fosche. Questa parte del pianeta è spesso dimenticata, mentre va ricordato che diverse crisi economiche mondiali sono scaturite proprio dai focolai, spesso sempre accesi, in alcune importanti economie del continente centro sudamericano.