Ottobre è stato uno dei mesi più intensi dell’anno sia dal punto di vista economico che finanziario.
Si registrano infatti numerosi accadimenti di rilievo che vanno dallo shutdown (link…)di inizio mese negli Stati Uniti al tormentone per l’innalzamento del debt ceiling sempre a Washington con il rischio di default per l’economia a stelle e strisce. Malgrado le tensioni invece i mercati azionari hanno stabilito nuovi record storici mentre le valute sono state investite da sensibili cambi di direzione (apprezzamento o svalutazione) nel tentativo di rincorrere l’evoluzione degli scenari economici.
Il denominatore comune resta sempre il solito: la massiccia iniezione di denaro da parte delle banche centrali per contrastare il declino economico.
Gli USA preferiscono mantenere un livello di consumi domestici elevato pompando denaro nel mercato immobiliare ed in quello azionario che hanno raggiunto livelli da vera bolla. Il Giappone tenta di invece di reflazionare l’economia svalutando lo yen (in realtà il deprezzamento si è già arrestato) per rilanciare l’export ed i consumi interni. La Cina invece deve gestire una crescente bolla immobiliare e le sofferenze bancarie correlate ai massicci investimenti pubblici dell’ultimo ventennio mentre le esportazioni, vero motore dell’economia cinese, iniziano a decrescere. Infine la povera Europa che dichiara la fine della recessione, almeno quella tecnica rappresentata da due trimestri consecutivi di crescita negativa, ma rimane impantanata in un mix di elevati debiti pubblici che continuano peraltro a crescere, deficit, bassa crescita, disoccupazione elevata, sofferenze bancarie solo per elencare i principali problemi tuttora irrisolti nel vecchio continente in assenza totale di strategie comuni per fermare la decadenza.
Prima o poi tutto ciò che sale cesserà di crescere e smetterà di alimentare il corollario di bolle che ha sostenuto finendo poi per distruggerle. La Fed e le altre banche centrali si stanno impegnando a fornire ulteriore credito ai mercati per tornare ad una situazione congiunturale che l’autorità monetaria giudica “normale”, Ma la realtà è molto differente. Anche il normale passato non era sostenibile guardando i livelli di debito mondiale (pubblici, privati e aziende) che continuano a crescere in modo indiscriminato.
STATI UNITI
I dati sono usciti con il contagocce per la chiusura parziale degli uffici amministrativi nella prima metà (16 giorni) del mese: lo shutdown (3 link…), evento che non si verificava dal secondo mandato di Bill Clinton (1996)
Beni durevoli salgono del +3,7% a settembre contro previsioni del +2,3%. In realtà se scorporiamo gli ordini di 127 aerei Boeing rispetto ai 16 di agosto il dato (ex-trasporti) è negativo del -0,1% verso una stima del +0,6%. Anche il risultato di agosto è stato rivisto al ribasso al -0,4%.
Indice manifatturiero scende ad ottobre a 51.1, sopra la soglia dei 50 punti ma al livello più basso da novembre 2009.
L’indice ISM di Chicago, che rappresenta però l’attività economica del solo Midwest, vola invece a sorpresa a 65,9 dai 55,7 di settembre. Si tratta del livello più alto dal 2004..!!
Continua a ridimensionarsi la ripresa immobiliare con la vendita di case esistenti in ribasso dell’1.9% a settembre e una crescita dei prezzi che si attenua rispetto all’impennata del 2012 (+12% rispetto al 2011). Crolla invece il numero dei contratti “pendings” (l’equivalente dei nostri preliminari) sottoscritti a livelli del 2004 lasciando temere che le vendite scenderanno ulteriormente nel mese di ottobre.
Fiducia dei consumatori precipita a 73.2 ad ottobre al livello di dicembre 2012.
Il tasso di inflazione si attenua al +1,7% a settembre (previsto +1,8%) sotto il livello atteso dalla FED al 2% mentre i salari crescono dello 0,9%, la metà del tasso di inflazione.
La disoccupazione scende al 7,2% ma i nuovi occupati (+140k) crescono meno rispetto alle previsioni (+180k) e per la prima volta in 29 mesi anche il settore della ristorazione ha un saldo negativo tra assunti e licenziati.
L’economia Americana è impantanata in una profonda voragine dalla quale uscirà solo tra diversi anni e solo se rinuncerà alla sua dipendenza costante dal debito. I consumi privati partecipano alla crescita economica tra il 68 e il 72% del totale ma ora sono in enorme difficoltà come testimoniano i seguenti dati:
- Credito al consumo raggiunge i $3.04 trilioni a fine del secondo trimestre, +22% nell’ultimo triennio
- Student loans (prestito allo studio) +66% sempre nello stesso arco temporale. La quantità di prestiti ha superato il trilione di dollari ben oltre il livello delle carte di credito
- Debiti privati a $13 trilioni, quasi al livello pre-crisi del 2007.
- Debito pubblico raggiunge i $17 trilioni a metà del mese.
- Il mercato immobiliare sembra si stia di nuovo sgonfiando in quanto drogato da fattori esterni come i tassi bassissimi raggiunti dai mutui e la presenza nel settore di investitori speculativi che hanno contribuito alla risalita delle quotazioni. Nel solo mese di settembre il loro contributo sul totale delle compravendite è salito al 14% dal 9% del mese precedente. Ma quello che preoccupa è il crollo dei nuovi mutui erogati che è sceso in doppia cifre nelle ultime settimane specularmente alla risalita dei tassi di interesse. Infine gli acquisti in contante rappresentano a settembre il 49% (!!) del totale delle compravendite in crescita rispetto al 40% di agosto e al 30% del settembre 2012.
CANADA
Segnali di forte surriscaldamento del mercato immobiliare si moltiplicano in diverse aree del Paese. Eccesso di offerta, prezzi in calo e apertura di nuovi cantieri in continua crescita preoccupano anche la Banca Centrale che ha smesso finalmente di negare l’esistenza del problema.
Le banche che hanno superato indenni la crisi del 2008 sono ora fortemente esposte verso il settore immobiliare e continuano a finanziarlo, malgrado I segnali di allarme evidenti, in virtù della domanda di credito molto sostenuta.
La politica della Banca Centrale prosegue in modo espansivo ma cercando di contenere la bolla immobiliare aumentando i criteri restrittivi sulla concessione di credito e dei finanziamenti ipotecari che però sono garantiti fino al 70% dall’Associazione dei mutui ed immobiliare. Ma la situazione non è così semplice da gestire quando export e salari non crescono in modo sufficiente da evitare che l’economia ricorra a stimoli esterni. La percentuale di debito privato rispetto al reddito continua a salire in modo preoccupante avendo raggiunto il 140% del reddito, superiore al 122% dei vicini americani che stanno cercando, anche se con modesto esito, di ridurla.
EUROPA (AREA EURO)
In settembre l’inflazione si inabissa all’1,1% rispetto al 2,6% dell’anno precedente con punte minime dello 0,5% in Spagna, 0,3% in Portogallo e dell’1% in Grecia, Paesi gemellati dal crollo dei consumi privati. Ancora peggiore il dato di ottobre sceso a sorpresa allo 0,7% contro una stima del 1,1% , per la prima volta sotto l’1% da febbraio 2010 raggiungendo il livello di ottobre 2009 nel picco della grande recessione.
Indice PMI di ottobre a 51,5 da 52,2 di settembre (atteso 52,5). Prosegue il recupero più marcato nei servizi rispetto al manifatturiero con segnali di ripresa nella periferia e stabilizzazione nel centro Europa.
17 Paesi sono usciti dalla recessione ma la ripresa è debole, inesistente ed impercettbile per l’uomo della strada.
Disoccupazione al 12,2% a settembre, stabile rispetto ad agosto ma a livello record. Tuttavia nel mese l’Eurozona registra 60k nuovi disoccupati. La fascia giovanile supera il 50% in Spagna e Grecia (anche in Croazia che è però extra-euro). Solo in Austria e Germania rimane inferiore al 10% in questo segmento.
I debiti pubblici sono cresciuti al 93,4% del PIl a fine trimestre dal 92,3% di fine giugno e continuano a salire vertiginosamente mentre i prodotti lordi nominali calano. Nell’ultimo biennio (dati FMI) in Italia il rapporto debito/PIL è cresciuto dal 121 al 132% del PIL, in Spagna dal 70 al 94%, in Portogallo dal 108 al 124% ed in Irlanda dal 104 al 123% malgrado misure fiscali draconiane e surplus primari in quasi tuttii Paesi. La politica di severa austerità fine a sè stessa, non assistita da un parallelo stimolo fiscale e monetario, è per ora fallita. Il risultato è che i Paesi mediterranei sono entrati in un circolo di povertà e depressione senza fine mentre i Paesi del centro Europa sono in piena stagnazione.
GRECIA
Per un triennio gli economisti si riferivano al paese ellenico con il termine di Grexit indicando le percentuali di uscita del Paese dall’Euro. Ora invece si parla di Grecovery per esaltare la ripresa economica (recovery) sostenendo che il peggio è ormai alle spalle.
Dopo 5 anni di recessione devastante il Paese tornerà (forse) a crescere nel 2014. Il rimbalzo ci può anche stare dopo la perdita di un quarto di PIL in 6 anni e la retrocessione a Paese emergente ma sembra il classico “dead bounce cat” (il rimbalzo del gatto morto), espressione molto cara ai trader di Wall Street.
Anche la Borsa di Atene ci crede con un rimbalzo del +50% da luglio ma aveva perso il 91% dai massimi ed è ancora sotto dell’80% rispetto al record.
Nel secondo trimestre di quest’anno i salari reali sono crollati del -9,3% rispetto allo scorso anno mentre il tasso di risparmio scende del -8,7% nello stesso periodo.
Il debito pubblico vola al 169,1% ai livelli precedenti la seconda ristrutturazione.
Le vendite al dettaglio di agosto (ultimo dato disponibile) – 7,9% su anno precedente, dato fortemente negativo ma in miglioramento rispetto al -13,9% di luglio.
Un recente report di PWC (Price Waterhouse Coopers) sottolinea come il sistema bancario continui a generare sofferenze al ritmo impressionante di quasi 15mld l’anno. Secondo questa analisi il sistema finanziario si sarebbe già bruciato la ricapitalizzazione di 30mld effettuata nel 2012 e dovrà procedere ad altra iniezione di denaro (ovviamente il nostro europeo e non il loro perché sono già in bancarotta) per evitare fallimenti a catena.
Intanto una nota del ministero delle finanze rivela che il numero delle aziende che sono in arretrato con i pagamenti fiscali è triplicato a settembre (526.477) rispetto ad agosto (182.785). Molte società hanno già concordato piani di rientro in 12 mesi. Preoccupa la diminuzione della base imponibile con le imprese passate da 2,8 a 2,59 milioni sempre in un solo mese.
L’economia greca avrà bisogno di altri 10-15mld entro la metà del 2014 essendo ancora esclusa dai mercati dei capitali esteri e quindi si tratta di un terzo salvataggio.
Infine preoccupa l’escalation della violenza politica. Ad inizio ottobre il partito filo nazista di Alba Dorata, quarta forza in Parlamento con il 7%, è stato decapitato nei suoi effettivi per l’arresto di numerosi esponenti politici accusati dell’assassinio di un militante dell’estrema sinistra. Il primo di novembre due membri del partito sono stati uccisi davanti ad una loro sede ed un terzo ferito con una esecuzione spietata eseguita da professionisti. Non ha senso colpire un avversario che è già in difficoltà ma evidentemente c’è chi ha interesse ad alimentare la strategia della tensione. La Grecia vive una profonda crisi economica da diversi anni e ha avuto un passato politico di dittatura militare (il regime dei colonnelli negli anni ‘70), speriamo quindi che rimanga solo una scintilla e non scoppi l’incendio ….
ITALIA
Debito pubblico secondo trimestre a 133,3% del Pil da 130,3% del primo. Fiducia consumatori scende ad ottobre a 97,3 da 100,8 di settembre.
Salgono invece gli indici di fiducia delle imprese sia manifatturiere, ad ottobre al massimo da agosto 2011, che di servizi.
Pil 2013 rivisto al ribasso a -1,8%. Le previsioni per il prossimo sono state alzate al +1,1% dal Governo mentre la Banca d’Italia lo vede al +0,7% e una valutazione media di 20 economisti invece sostiene che non supererà il +0,5%.
Continua a salire la disoccupazione a settembre al 12,5% dal 12,4% di agosto (-80k occupati) e al 10,9% dell’anno precedente (-490k). Il numero dei disoccupati “ufficiali” sale a 3,2mln.
La manovra di svolta del Governo non c’è stata. Mancano i fondi ed i provvedimenti, anche quelli sostanzialmente corretti, non riescono ad incidere perché economicamente irrilevanti come la riduzione del cuneo fiscale con l’aumento di poche decine di euro nella busta paga mensile dei lavoratori dipendenti. Anche nel 2014 ci saranno 2,5mld di ulteriore spesa e 1,1mld di nuove tasse. Il numero delle aziende che chiudono i battenti non si ferma ed il Paese è sempre molto esposto ad una recrudescenza della crisi finanziaria con conseguenze sulla sostenibilità dell’enorme del debito, il terzo al mondo dopo Usa e Giappone. Preoccupa anche la costante diminuzione del credito bancario a favore di famiglie ed imprese ed il deterioramento della qualità dei crediti con l’aumento del livello di sofferenze.
PORTOGALLO (link..)
Obiettivo di deficit al 4,5% nel 2014 con altri tagli alla spesa pubblica per 4mld. Forte opposizione di imprenditori, sindacati e Corte Costituzionale che ha già respinto alcune manovre correttive giudicate troppo severe.
Il debito pubblico è passato dal 107% del Pil al 131,3%. L’austerità severa ha impoverito il Paese e malgrado le smentite quasi settimanali, il Portogallo avrà bisogno di un secondo piano di salvataggio. Non è sufficiente infatti la crescita positiva, già registrata nel secondo trimestre (+1,1%), per riconquistare l’autonomia economica e tornare a finanziarsi sul mercato dei capitali. Il tasso di interesse del bond decennale è intorno al 6,7% ma soprattutto preoccupa la deflazione nella quale il Paese sta precipitando. A settembre i prezzi sono scesi del -0,3% su mese e del 1,1% su anno, una amara conferma che i consumi continuano a crollare.
IRLANDA
L’Irlanda dovrebbe essere il primo Paese tra quelli “salvati” ad uscire dalla procedura di assistenza nel prossimo dicembre. Non è ancora chiaro come questo possa avvenire e se il Paese sarà in grado di restituire parte dei fondi ricevuti. Altri economisti non sono invece così positivi e sostengono che invece l’Irlanda, come il Portogallo, avrà bisogno di un nuovo pacchetto di aiuti. Per il 2014 il Governo ha ottenuto uno sconto da Bruxelles che gli ha consentito una manovra fiscale di 2,5mld invece dei 3,1mld previsti.
SPAGNA (2 link…)
PIL cresce di un modesto +0,1% nel terzo trimestre. Si tratta comunque del primo segno positivo dopo nove trimestri consecutivi di calo.
Disoccupazione scende a settembre al 25,98% per il secondo trimestre consecutivo ma i nuovi occupati sono quasi tutti part—time e nel settore turistico. Continua invece il calo della popolazione attiva di altre 30.000 unità.
Vendite al dettaglio crescono a settembre del +2,2% per la prima volta da giugno 2010. In realtà il dato dovrà essere verificato nei prossimi mesi perché lo scorso settembre fu introdotto l’aumento dell’IVA dal 20 al 23% che penalizzò i consumi e quindi il raffronto non è ancora omogeneo.
Il deficit pubblico sale ad agosto al 4,8% e al 5,07% se si include, come sarebbe corretto, anche gli aiuti alle banche. Praticamente impossibile che venga rispettato il parametro al 6,5% per il 2013, peraltro già corretto al rialzo.
Indice di prezzo al consumo (tasso di inflazione) diventa negativo ad ottobre per la prima volta dal 2009
BELGIO
PIL cresce del +0,3% nel terzo trimestre rispetto al precedente.
OLANDA
Il paese mantiene la tripla AAA di rating, unico nell’area euro con Germania, Finlandia e Lussemburgo. Ma l’economia langue con crescita piatta ed un mercato immobiliare in decisa contrazione. L’Olanda è l’unico Paese nel quale tutti gli oneri finanziari sul mutuo sono interamente deducibili, fattore che con i bassi tassi di finanziamento ha alimentato una notevole bolla immobiliare.
FRANCIA
Il numero dei disoccupati è salito a settembre a 3,29mln nuovo record storico con un incremento di altri 10k unità nel bimestre passato. Continua la chiusura di grandi stabilimenti di aziende locali ma soprattutto multinazionali. Peugeot è in forte difficoltà e dovrebbe vendere il 30% ad un produttore cinese.
L’indice dell’attività manifatturiera è sceso ad ottobre a 49,2 dal 49,8 di settembre. Si tratta del 20esimo calo consecutivo ed il più marcato dallo scorso giugno. La domanda langue ed il settore industriale continua a licenziare in particolare nelle grandi aziende.
Il tasso di approvazione della politica economica del presidente Hollande è sceso sotto il 25%. Prosegue l’aumento dei consensi del Fronte National, partito di estrema destra anche xenofobo, che ha vinto nel mese di ottobre una elezione amministrativa nel sud della Francia e cresce nei sondaggi fino al 23%.
GERMANIA
Disoccupati in aumento di 2.000 unità a settembre ma il tasso di disoccupazione rimane al 6,9%, vicino ai minimi storici.
Nei giorni scorsi gli Usa hanno criticato i tedeschi perché sostengono le esportazioni a scapito dei consumi interni danneggiando i partner stranieri ma soprattutto i Paesi dell’area euro che non riescono ad esportare in Germania.
Dopo cinque settimane dal risultato delle elezioni politiche una intesa di coalizione tra la Merkel ed un altro partito di opposizione è ancora in alto mare. L’opposizione vuole un aumento della pressione fiscale chiaramente osteggiato dai cristiano democratici della cancelliera che sono andati ad un soffio dalla vittoria assoluta. E’ passato invece in secondo piano l’inatteso successo del partito anti-euro solo perché ha sfiorato la soglia necessaria del 5% per entrare nel Bundestag, la qual cosa sarebbe stato un elemento veramente destabilizzante.
ZEW e IFO, i due indici molto seguiti degli acquisti e della fiducia delle imprese sono leggermente calati ad ottobre mantenendosi su livelli sempre molto elevati.
SLOVACCHIA
Debito pubblico scende al 54,3% dal 58% del trimestre precedente. L’anno scorso si era fermato al 52,1%
SLOVENIA
L’inflazione scende ad ottobre al +1,1% sull’anno precedente. Sulle difficoltà del Paese e del suo sistema finanziario vi rimando all’articolo (link…) di ottobre sulla crisi economica dei Paesi della ex-Jugoslavia.
CIPRO
Dal 17 ottobre una legge federale autorizza l’abbassamento per un anno dei prezzi delle locazioni immobiliari sia per i privati che per i commercianti e le aziende in misura del 15% fino ad un determinato importo e del 20% per importi superiori ma con un tetto massimo. Il provvedimento è volto ad attenuare la morsa della crisi economica che attanaglia l’isola dal salvataggio dello scorso marzo. Dall’inizio di aprile i depositi bancari sono diminuiti di 8mld, pari al 40% del PIL. Cipro è al collasso ma sembra abbandonata a non si sa quale destino. La crescita sarà negativa ma in quale proporzione nessuno sembra sbilanciarsi. Parliamo però di numeri pesanti con un Pil che decrescerà tra il -8% e il -12% sia quest’anno che l’anno prossimo. L’euro di Cipro non ha poi più lo stesso valore di quello degli altri 16 membri visto le restrizioni valutarie che costringono i ciprioti a prelievi ancora contingentati.
Anche per il sistema finanziario valgono le stesse considerazioni già fatte per quello greco. Non esistono stime e non vengono prodotte sulla futura necessità di ricapitalizzazione delle banche nel prossimo biennio.
O forse pensano di fare un nuovo “bail in” azzerando quello che è rimasto dei già depredati deposti privati.
CROAZIA
Dovrà aumentare le tasse per ridurre il deficit che è stato del 7,8% nel 2011 e del 5% nel 2012.
EUROPA EXTRA EURO
GRAN BRETAGNA
Prezzi delle case in crescita a Londra del +1,8% in un mese e del +11% in un anno. Il trend è invece negativo a livello complessivo nel Paese ed in particolare a Nord ed a Ovest.
Pil terzo trimestre a +0,8% sul precedente, massima crescita dal secondo trimestre 2010 ed in rialzo rispetto al secondo trimestre dell’anno sul primo (+0,7%).
Anche la Bank of England continua con la sua politica monetaria espansiva non convenzionale (QE) da qualche anno ma forse solo ora si intravedono qualche refolo anche sull’economia reale.
NORVEGIA
Il mercato immobiliare sta rallentando molto più del previsto secondo l’ultima relazione della banca Centrale norvegese.
SVEZIA
Aumenta l’indebitamento delle famiglie svedesi a settembre del +4,8% rispetto all0’anno precedente, dato in linea con il rialzo di agosto. Con il 170% del debito privato sul reddito disponibile la Svezia risulta uno dei paesi al mondo con la percentuale più elevata la qual cosa è causa di forti mal di testa per la Banca Centrale. I prezzi delle case sono alle stelle nelle grandi città a causa, come quasi ovunque, dei bassi tassi di interesse sui mutui.
DANIMARCA
Crescita piatta con tassi d interesse contenuti. Il Paese mantiene la tripla AAA malgrado le banche siano piene di sofferenze immobiliari ed i prezzi continuino a scendere.
EUROPA ORIENTALE
POLONIA
Si attenua il miracolo economico anche se la crescita rimane positiva.
RUSSIA
FMI ammonisce la Russia per l’aumento del debito privato e del credito bancario che raggiungono livelli elevati in un contesto di crescita stagnante prevista al +1,5% per il 2013, la più modesta da 4 anni.
La Russia rimane un Paese troppo dipendente dalla produzione petrolifera e la crescita dei consumi privati non può essere alimentata solo dallo sviluppo del credito al consumo in mancanza di crescita dei salari reali. La banca centrale ha ammonito le banche troppo esposte nel credito a provvedere con adeguati accantonamenti in caso di deterioramento della qualità dei prestiti.
I crediti non garantiti sono cresciuti a settembre del 37% rispetto al 53% di gennaio in completa controtendenza all’andamento economico del terzo trimestre che è quasi piatto.
UNGHERIA
Crescita piatta nel Paese magiaro agevolata dal progressivo ribasso dei tassi di interesse scesi al 3,5% dal 7,5% dell’anno precedente e dal fiorino che si è deprezzato rispetto all’euro. Da monitorare l’impatto sull’inflazione nei prossimi mesi.
SERBIA
Timori di una nuova recessione per il budget di austerità minacciato dal governo per fronteggiare il debito.
ALBANIA
Tagli draconiani alla spesa pubblica per abbassare il deficit che quest’anno raggiunge il 6,2% del PIL dal 3,5% dello scorso anno. La causa di tale impennata sono i numerosi anni di crisi economica dei suoi principali “partners” commerciali: Italia e Grecia. Il Pil crescerà nel 2013 solo del +1,3% e del 1,6% l’anno prossimo contro una media del +6% nel decennio passato dopo la caduta del regime comunista. Evasione fiscale massiccia e calo delle entrate fiscali del 10% hanno ulteriormente aggravato il bilancio pubblico.
ROMANIA
Entrate fiscali sono in calo rispetto alle previsioni e il Governo stima di dover tagliare la spesa per rispettare gli obiettivi di budget del 2013.
MEDIO ORIENTE e NORD AFRICA
TURCHIA
La Turchia ha risentito delle turbolenze politiche interne pre-estive che hanno provocato una sensibile fuga di capitali dal Paese.
Dopo un decennio di forte crescita economica l’economia turca si è apprezzata solo del +2,2% nel 2012 e le previsioni per quest’anno sono del +3%. La Turchia ha però la metà della popolazione sotto i 30 anni ed ha bisogno di almeno il 4% di salita del PIL per assorbire tutti i nuovi arrivati sul mercato del lavoro. La lira turca si è svalutata pesantemente, in linea con le altre valute emergenti, da giugno in avanti quando sembrava che la FED avrebbe iniziato il « tapering «.
Un’altra debolezza strutturale dell’economia turca è il tasso di risparmio privato che è sceso al 12%, la metà rispetto ad altri Paesi emergenti.
L’inflazione per l’anno in corso è stata rivista al rialzo al 6,8% dal 6,2% della stima precedente a causa dell’indebolimento della divisa nazionale che rende le importazioni più costose. Le previsioni al 5,3% per il 2014 sembrano troppo ottimistiche.
ISRAELE
Prezzi immobiliari alle stelle e crescita economica sotto le stime sono ben note agli investitori internazionali.
EGITTO
L’esercito sembra avere ancora in mano la situazione dopo il colpo di stato del 2 luglio ed il sostegno della maggioranza della popolazione. L’economia è ancora ferma (link….) e ad inizio mese ci sono stati altri incidenti tra le due opposte fazioni. Il clima di tensione non favorisce la crescita economica con il turismo depresso ed il Paese che vive con il sostegno finanziario dei Paesi amici.
IRAQ
Ottobre è stato il mese più cruento dall’aprile 2008. In questi cinque anni e mezzo non vi è stato alcun miglioramento della sicurezza interna ma la situazione è ulteriormente peggiorata. Nessuno parla di guerra civile ormai latente tra le fazioni sunnite che si riconducono all’ex dittatore Saddam Hussein e quelle sciite di matrice più radicale ed iraniana. Oltre 1.000 persone sono morte in Iraq nel mese scorso, la maggior parte dei quali civili inermi coinvolti in attentati suicidi con oltre 1.600 feriti. Gli Stati Uniti se ne sono andati già da qualche anno dopo una disastrosa e costosissima campagna militare lasciandosi alle spalle una scia di morti ed un Paese lacerato da bande rivali infiltrate da Al Qaida.
La lezione è stata esemplare ma lo stesso errore è stato fatto in Libia dove bande armate incontrollabili presidiano ora la gran parte dei terminali petroliferi.
ARABIA SAUDITA
Diventato il miglior alleato del governo militare egiziano il Paese saudita è in disaccordo, per non dire in rotta, con gli Stati Uniti per l’ambigua politica americana tenuta sul caso siriano. A fine estate infatti sembrava imminente un intervento militare, appoggiato pienamente dagli arabi per motivi politici ma soprattutto economici, per estromettere l’attuale dittatore Assad. L’inaspettata e del tutto imprevista marcia indietro di Obama non è stata gradita dall’alleato medio orientale che restituirà il torto subito alla prima occasione.
AMERICA LATINA
BRASILE
E’ finita la luna di miele decennale tra la popolazione ed i governi progressisti e populisti di Lula e della Rousseff (link ….). Ci sono infatti manifestazioni quasi quotidiane di protesta in tutto il Paese che reclamano servizi sociali, infrastrutture e lotta alla corruzione. ,
La Banca Centrale ha alzato i tassi di interesse per la quinta volta nell’anno fino al 9,5% per contrastare il crollo del real (la peggior valuta nel 2013 con la rupia indiana) e combattere l’inflazione che non accenna a rallentare.
La OGX, la seconda società petrolifera del Paese controllata dal magnate Batista solo un anno fa il settimo uomo più ricco del mondo, ha dichiarato bancarotta sotto un debito stimato di 5,1mld di dollari. Si tratta del più consistente fallimento aziendale nella storia dell’America Latina che azzera una capitalizzazione di Borsa che solo tre anni fa raggiunse i 34mld di dollari.
ARGENTINA
Peso a 10 dollari al mercato nero, picco da 5 mesi e mezzo. L’inflazione reale, non quella dichiarata dal Governo, sfiora il 30% tagliando drasticamente il già misero potere di acquisto di una larga fetta di popolazione.
Nelle elezioni di medio termine per il rinnovo del Parlamento la presidente Kirchner, fuori gioco per un intervento al cervello, è stata sconfitta dalla minoranza interna nel suo stesso partito meno populista e più conservatrice aprendo molti dubbi su una possibile sua rielezione.
MESSICO
Crescita stimata ad un modesto +1,3% nel 2013 contro il 3,8% dello scorso anno. La Banca centrale taglia il tasso di sconto al 3,5% per la terza volta da inizio anno. La fiducia dei consumatori crolla ad ottobre al minimo da due anni riflettendo la debolezza registrata negli Stati Uniti, principale partner commerciale per il Paese.
PERU’
Fitch alza rating sul debito sovrano del Paese che è cresciuto nell’ultimo triennio oltre il 6% medio annuo.
ECUADOR
Pil nel secondo trimestre cresce del +3,5% nel secondo trimestre trainato da turismo, costruzioni e settore petrolifero ma in misura decrescente rispetto allo scorso anno (+5,5%).
ASIA
Il solito quadro in chiaro-scuro con alcune economie emergenti a rischio di surriscaldamento (Filippine, Indonesia e Tailandia), i due giganti India e Cina che rallentano vistosamente (la prima più velocemente rispetto alla seconda), la Corea che resiste invece molto bene pur sostenuta da un eccesso (chiamiamola anche bolla) di credito ed il solito Giappone il quale, malgrado le ventennali politiche fiscali e monetarie applicate, stenta a ripartire.
GIAPPONE
Per il 15esimo mese consecutivo l’economia del sol levante registra ad ottobre un deficit commerciale con un aumento delle importazioni del 16,5% e dell’export di solo l’11,5% rispetto ad ottobre 2012. Le vendite al dettaglio sono invece salite del +3,5% su anno per la maggiore fiducia dei privati dopo l’impennata del marcato azionario dell’80% nell’ultimo anno e l’anticipo degli acquisti prima dell’incremento dell’aliquota IVA dal 5 all’8% previsto da aprile 2014.
La svalutazione dello YEN di circa il 25% indotta dalla politica monetaria aggressiva del Governo e della Banca centrale si è fermata e non produce gli effetti desiderati sull’aumento delle esportazioni mentre le importazioni lievitano per la componente petrolifera in ascesa dal disastro nucleare di Fukushima con conseguente chiusura di quasi tutte le centrali nucleari.
I salari reali diminuiscono dello 0,3% anche a settembre per il 16 mese consecutivo ulteriore conferma della difficoltà della ABENOMICS (così è chiamata la politica fiscale e monetaria del primo ministro ABE) di reflazionare (creare inflazione con la ripresa) l’economia. Le aziende non sono così sicure che la ripresa sarà duratura e rimandano la decisione di alzare gli stipendi.
L’inflazione rialza finalmente la testa (+0,7% su anno ad ottobre) dopo un ventennio di pesante deflazione ma è tutta generata dall’aumento dei prezzi petroliferi e dalla componente alimentare.
La politica monetaria rimane espansiva con acquisto di titoli per circa 700mld di dollari anno (70 trilioni di yen). Il debito pubblico ha superato già a metà anno il quadrilione di yen (10 trilioni di dollari) ed è il secondo al mondo in valore assoluto ed il primo in relazione al PIL (230%).
CINA
Il Paese dovrebbe centrare l’obiettivo di crescita del +7,5% per il corrente anno. Se così fosse si tratterebbe comunque della peggiore performance da 23 anni. Fiumi di inchiostro si sprecano per confermare o denigrare la validità e la consistenza reale della crescita cinese.
Rimango molto scettico quando vedo che le esportazioni sono addirittura calate a settembre del +0,3% dopo alcuni mesi di lenta decrescita e dai risultati trimestrali di alcune grosse aziende americane che registrano cospicui cali di fatturato proprio in Cina (IBM ad esempio nel terzo trimestre ha venduto il 22% in meno rispetto all’anno precedente) per non parlare dei consumi elettrici che da mesi ormai non collimano con i ritmi di salita del PIL dichiarati.
Anche se i dati non fossero manipolati (lo sono anche in altri Paesi insospettabili come gli Stati Uniti) la pressione per mantenere un ritmo accelerato rimane molto forte. Investimenti pubblici in infrastrutture, immobili e costruzioni sono stati il fulcro dello sviluppo per oltre un trentennio.
Secondo il primo ministro LI, il paese deve mantenere un tasso di crescita di almeno il 7,2% per creare 10mln di posti di lavoro ogni anno ed evitare che la disoccupazione nelle grandi aree urbane superi il 4%.
Congiuntamente però il governo non può eccedere in politiche monetarie troppo espansive per il rischio inflazione sempre latente con la massa monetaria in circolazione già pari a 100 trilioni di yuan, vale a dire il doppio del PIL. Infine troppo denaro stampato mantiene elevato il rischio di credito e di bolla immobiliare.
I prezzi delle case continuano a salire nelle grandi città con una media del +9% a settembre sull’anno precedente e punte di +16-17% a Pechino e Shanghai dove ci sono scarsità di immobili residenziali. Per contro in altre regioni del Paese a nord e a ovest interi condomini nuovi sono completamente disabitati (città fantasma).
Aumentano anche le sofferenze bancarie per gli eccessivi investimenti che ora non hanno più un ritorno finanziario adeguato o che addirittura falliscono lasciando solo il debito da ripagare.
La strada è ancora molto lunga per diventare una moderna economia ma i passi della nomenclatura sono corretti anche se non facili perché coinvolgono una comunità di oltre 1,3mld di persone.
Finalmente il governo centrale, dopo anni di voluta svalutazione, è favorevole ad apprezzare lo yuan la divisa nazionale; con una moneta forte si rafforzerebbero i consumi interni perché le importazioni diventano meno care e anche la capacità di spesa dei cinesi all’estero godrebbe di un maggiore “effetto ricchezza”. Dopo anni di sostegno governativo la maggior parte delle aziende cinesi può competere nel mondo anche con una valuta più competitiva.
Le tensioni sull’eccesso di credito sono rispuntate anche nell’ultima settimana di ottobre con la Banca centrale che ha evitato di intervenire sul mercato con iniezioni di liquidità per 3-4 sedute. I tassi a breve sono schizzati fino al 5,4% molto meno rispetto al 12% raggiunto a giugno quando l’autorità monetaria ha voluto lanciare un preciso avvertimento alle banche meno solide a non esagerare con il credito facile.
La Cina è diventata il primo importatore al mondo di petrolio superando gli Stati Uniti ma il flusso di investimenti esteri è cresciuto a settembre solo del +6,2% sull’anno precedente accendendo un altro campanello di allarme.
La Cina realizza la sua crescita economica sugli investimenti per circa il 50% e se non riprende ad attirare risorse dall’estero a livelli molto più massicci il problema si espande anche ad altre economie. Inoltre se gli investimenti esteri decrescono significa che :
– Il costo del lavoro in Cina non è più così a buon mercato. Infatti molte multinazionali hanno aperto anche in Vietnam e sperano di entrare tra poco anche nella ex Birmania, chiusa da diversi decenni al capitalismo occidentale.
– Non è così facile fare business nel Paese, sia per il costo del lavoro in aumento ma in particolare per le difficoltà di partnership con aziende locali in un Paese dove le regole non ci sono o non vengono rispettate.
Se i consumi interni decollassero e le regole economiche fossero rispettate anche nei confronti degli stranieri assisteremmo presto ad un rimbalzo degli investimenti esteri nel Paese.
Infine l’inquinamento atmosferico, sempre negato dal governo centrale, sta diventando un vero problema. Sono state pubblicate le foto di Herbin, città a nord-est del Paese con diversi milioni di abitanti dove lo smog riduceva la visibilità a 20 metri. La prima mossa è stata quella di ridurre il tetto di nuove auto vendute dal 2014, un provvedimento che è passato inosservato ma che impatterà sui produttori di auto stranieri che fanno grande affidamento su questo mercato in grande espansione per compensare il crollo delle vendite europee.
INDIA
L’inflazione riprende a correre con la crescita dei prezzi alimentari del 11,4% a settembre ed un tasso al dettaglio che sfiora il 10% (9,8%) dal 9,5% di agosto e dopo che nei primi mesi dell’anno era sceso coltivando aspettative di ulteriore calo.
Le cipolle che compongono il pasto principale per centinaia di milioni di indiani sono cresciute del +320% in un anno. Un chilo di questo ortaggio costa ora 1,24$ quanto 300 milioni di indiani 1,25$ utilizzano quotidianamente per sopravvivere.
Anche la benzina ed altri costi energetici sono saliti per il sensibile indebolimento della rupia che è arrivata a svalutarsi del 22% da inizio anno contro il dollaro raggiungendo il cambio minimo da 40 anni. Dopo la decisione della Fed di metà settembre di accantonare il “tapering” la divisa locale ha recuperato solo un terzo delle perdite annuali attualmente ancora al 14% verso il biglietto verde.
La RBI (banca centrale indiana) ha alzato il 29 ottobre I tassi al 7,75% per il secondo mese consecutivo per difendere la rupia e combattere l’inflazione che rischia di sfondare la soglia del 10% mettendo in ulteriori difficoltà 800mln di indiani che vivono con una media di 2$ al giorno.
Tuttavia i margini di manovra sono esigui. La crescita è prevista quest’anno al 5%, uno dei livelli più bassi dal 1991 e la sfiducia internazionale aumenta con oltre 11 MLD di euro usciti tra giugno ed agosto dal Paese.
Ma come sempre ultimamente accade quando le cose vanno male, le Borse salgono e l’indice di Nuova Delhi ha segnato il nuovo massimo storico il 31 ottobre.
INDONESIA
Nel terzo trimestre la banca centrale ha ripetutamente alzato I tassi di 150 basis points fino al 7.25% per contrastare la fuga di capitali e l’indebolimento della rupia che è passata da 9.700 di maggio agli attuali 11.300 contro dollaro.
La decisione influirà sulla crescita prevista al 5,1% nel trimestre contro una media superiore al 6% nel precedente triennio.
SRI LANKA
Inflazione risale ad ottobre al 6,8% dal 6,2% di settembre ma si attenua la spinta dei prezzi rispetto al picco di maggio +8,8%.
TAILANDIA
Export in rialzo dell’1% nel 2013, dato rivisto in ribasso rispetto alle previsioni di luglio (+4%). PIL al +3,7% (stima precedente +4,2%). Nel 2014 +4,8% contro stima luglio +5%. Pesa sulla crescita la debolezza della domanda interna.
AUSTRALIA
Economia che risente del calo degli investimenti nel settore minerario che non sono compensati da aumenti in altri settori economici. Il Pil è previsto al +2,5% contro il +3,6% dello scorso anno. La Banca centrale ha abbassato i tassi ben otto volte dal 2011 al minimo storico del 2,5%. Economia mai in recessione negli ultimi 22 anni. Tassi bassi hanno anche qui alimentato una bolla immobiliare di notevoli dimensioni.
NUOVA ZELANDA
L’agenzia di rating Moody’s mette sotto osservazione il rating di tripla AAA del Paese per un probabile declassamento.
MATERIE PRIME
L’oro è in corsa per registrare il primo calo delle quotazioni in 13 anni (dal 2000). La domanda di oro fisico però non si placa sia a livelli di consumi privati in molti Paesi emergenti sia da parte delle banche centrali che hanno aumentato gli acquisti del metallo giallo nell’ultimo trimestre in parallelo con le turbolenze monetarie per il tormentone della Fed sulle modalità del “tapering”. Cina, Russia e Turchia sono stati i principali acquirenti con la prima che ne ha rastrellato un quantitativo significativo vendendo a compensazione titoli di stato USA.
Il petrolio è sceso dai massimi di agosto in area 104 (mi riferisco al WTI americano) ai 95$ di fine mese. Tra le motivazioni del calo le tensioni scemate sulla possibilità di un intervento militare in Siria e gli scambi di cortesie tra l’amministrazione USA e il nuovo presidente iraniano ma anche la domanda di greggio che è in continuo calo. Inoltre gli americani continuano ad aumentare la produzione e diventeranno presto ad essere autonomi dal punto di vista energetico.
Proprio l’Iran potrebbe ritornare in gioco con un alleggerimento delle sanzioni in essere da inizio 2012. Il petrolio esportato andrà ad aumentare l’offerta e potrebbe compensare il calo di produzione della Libia.
VALUTE
Ottobre ha segnato il recupero di molte divise emergenti sul dollaro ed euro grazie alla decisione della FED del 18 settembre di rimandare ai prossimi mesi, o forse all’infinito, il rallentamento del “quantitative easing”. Flussi di denaro sono tornati sui mercati che garantiscono un rendimento elevato grazie al fenomeno del “carry trade” (indebitarsi in valute a basso rendimento/costo come lo yen per investire in rupie indiane ed indonesiane, rand sudafricani, real brasiliani, lira turca, etc…).
Il dollaro è crollato a 1,38 sull’euro ai minimi da due anni verso la valuta europea e sembrava diretto verso 1,4 zavorrato dall’eccesso di moneta stampato dalla banca centrale americana. Ma anche l’Europa, a differenza di quello che ci viene strombazzato, non ha risolto i suoi problemi. Le banche europee devono restituire il prestito alla BCE tra novembre 2014 e febbraio 2015 e molte non avranno la liquidità per rimborsarlo o dovranno vendere i titoli pubblici che hanno acquistato con quella agevolazione. La Banca centrale europea ha dichiarato che è pronto un terzo prestito sostanzialmente per evitare una altra crisi di liquidità per le banche più in difficoltà. Così l’euro si è indebolito ed in due sedute è tornato a 1,35 anche sulle aspettative di un calo dei tassi europei.
Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna adottano qualsiasi misura lecita e subdola per svalutare le loro valute mentre L’Europa subisce invece passivamente lasciando che l’euro si rafforzi. L’export non è la panacea di ogni crisi ma aiuta e con una divisa debole è più facile esportare. Paesi come l’Italia e la Spagna ne avrebbero sicuramente un gran beneficio.
E’ una battaglia tra due grandi malati euro e dollaro che rappresentano due potenze economiche in grande declino. E’ probabile che entrambe ne usciranno sconfitti. Il dollaro subirà la crisi di sfiducia, peraltro già avviata, dei Paesi che detengono il suo debito pubblico (Cina e Giappone in primis) e la svalutazione per l’eccesso di moneta stampata. L’euro, malgrado le ostentazioni positive dei politici europei, si disgregherà molto presto quando uno dei Paesi mediterranei alzerà bandiera bianca contro una austerità insostenibile ed ormai inutile e chiederà di tornare alla propria moneta.
MERCATI FINANZIARI
Ottobre ha registrato la migliore performance per lo S&P500 dopo quella di gennaio. L’indice americano ha guadagnato da inizio anno il 23% ed è in corsa per registrare la miglior stagione dal 1997. Siamo ormai al 56esimo mese di un trend rialzista incredibile con un +180% dai minimi del marzo 2009. Da allora però la FED ha gonfiato il proprio stato patrimoniale immettendo nel sistema finanziario liquidità per oltre 3mld, una somma senza precedenti che in misura significativa è stata presa a prestito dagli investitori a tassi di interesse insignificanti e reinvestita anche nei mercati azionari invece di essere erogata alla economia di strada attraverso prestiti alle famiglie ed alle imprese.
Si parla quindi di bolla gigantesca ed in particolare nel settore tecnologico con indici che continuano a salire con volumi decrescenti (non è un bel segnale) sfidando la forza di gravità e lanciati verso lo spazio dall’effetto viagra della FED in una sorta di nuovo “panic buying” che avrà, come il passato dimostra, conseguenze disastrose.
Ottobre è stato il terzo mese di afflusso di fondi sul mercato azionario USA della storia ed il più significativo di deflusso da quello obbligazionario dal 2000. Gli hedge fund stanno riducendo le posizioni mentre sono i privati ad entrare copiosamente sul mercato attratti dalla salita senza sosta degli indici. Un “dejà vu” molto pericoloso.
I fondamentali (ma c’è ancora qualcuno che li guarda ??) sono completamente staccati dalla realtà. Ci sono valutazioni di titoli che ricordano la bolla internet del 2000. Facebook era carissima quando è stata quotata a 38$, poi è crollata a 18$ ed ora a 50$ ci sono analisti che hanno un target a 65$. Tutto questo in 15 mesi..!! Nei prossimi giorni ci sarà l’IPO (offerta pubblica di vendita) del suo principale concorrente: TWITTER. Valutazione della società di 14,1mld di dollari per una azienda che dopo 7 anni ancora perde denaro (!!).
Lasciando i social network e tornando all’economia più reale le trimestrali del terzo trimestre sono state molto deludenti con diversi titoli che hanno registrato cali sensibili di fatturato anche se battono la stima dell’EPS (utile per azione), parametro drogato dal continuo riacquisto (buyback) di azioni per sostenere il titolo.
Due colossi mondiali come Caterpillar (vedi link…) e IBM, leader in settori tradizionali e tecnologici, registrano preoccupanti cali del volume di affari in diverse aree geografiche del mondo.
Sono convinto che siamo alla fine di un incredibile ciclo positivo all’interno di un bear market. L’orso è stato bravissimo a convincere i tori che il mercato azionario è il posto più sicuro dove investire i propri risparmi assolutamente come il plantigrado desidera quando decide che è arrivato il tempo per il mercato di scendere.
Mancano altri pilastri che possano sostenere ancora a lungo la salita verticale. Rame e petrolio stanno scendendo già da un paio di mesi, i volumi scambiati sono in calo ormai ogni mese a conferma che le mani forti sono fuori da questo mercato ed i risultati economici evidenziano che le aziende hanno od incominciano ad avere difficoltà a mantenere la crescita mentre la spesa privata si indebolisce per il calo dei redditi e la modesta ripresa del mercato del lavoro.
I mercati europei sono in bolla speculare di quello Usa e scimmiottano l’indice americano. Italia e Spagna hanno recuperato una minima parte del disavanzo rispetto al centro Europa solo grazie alla risalita dei titoli finanziari che avevano perso anche il 90% da inizio crisi.
I tassi di interesse proseguiranno nella loro risalita e quindi bisogna stare lontani dalle obbligazioni con scadenza superiore ai due anni. Attenzione anche alla qualità del soggetto emittente sia corporate ma anche governativi che potrebbero velocemente ritornare nella bufera.
BANCHE
Partiamo dagli Stati Uniti dove l’aumento dei tassi di 100 basis point in un trimestre ha creato un mezzo cataclisma. Nel settore immobiliare i mutui erogati, tra nuovi e rifinanziati, sono crollati del 40% in poche settimane e le principali banche hanno già licenziato migliaia di dipendenti. Poi ci sono stati gli accantonamenti per le cause che le stesse hanno in corso con i clienti per procedure non corrette nelle espropriazioni immobiliari. Solo JPMorgan ha spesato 9mld di dollari nel trimestre scorso e sta cercando un accordo con l’associazione bancaria per altri 5mld sul problema immobiliare.
Negli USA il denaro a costo zero ha nascosto i problemi del settore finanziario permettendo al sistema di realizzare nel triennio scorso profitti immensi grazie al settore immobiliare, alimentato artificialmente dai tassi ai minimi storici, e alla bolla dei marcati finanziari (azioni, obbligazioni e materie prime). Ora i nodi stanno però tornando al pettine.
L’Europa sta ancora peggio. Nei Paesi mediterranei, i più colpiti dalla crisi, il credito continua a diminuire mese dopo mese per il doppio deleveraging (riduzione dei debiti) sia dal lato dell’offerta (banche) che da quello della domanda (imprese e privati).
Le banche europee hanno in bilancio sofferenze per 1,2 trilioni di euro, con un incremento di 100mld solo nell’ultimo trimestre. Considerando l’adeguamento ai criteri contabili di Basilea III ed il prossimo stress test previsto nel 2014 molti Istituti saranno costretti a portare a perdite diversi miliardi di questi crediti inesigibili con un impatto sul capitale molto pesante. Il livello di leva finanziario è ancora troppo elevato rispetto alle concorrenti americane.
A fine agosto le banche italiane dichiaravano titoli di stato in portafoglio per 397mld (402mld è il record di giugno) praticamente il doppio rispetto a fine 2011 a conferma che i 255mld del LTRO ricevuti dalla BCE tra il 2011 e l’inizio 2012 sono stati utilizzati (per l’80%) per finanziare l’acquisto dei titoli governativi mentre avrebbero dovuto essere trasferiti all’economia reale attraverso nuovi prestiti.
Molto più facile invece occultare i problemi strutturali del sistema con questo ennesimo “carry trade”. L’Europa è piena di cosiddette banche zombie tenute in vita solo dai fondi della BCE essendo il mercato interbancario ormai paralizzato dal 2009.
Si parla già di un terzo LTRO per evitare pericolose ristrutturazioni. Intanto Liikanen, membro della BCE, ha dichiarato il 31 ottobre che lasceranno fallire anche banche importanti qualora in difficoltà dimostrino di non avere una strategia di recupero sostenibile.
128 banche saranno controllate dalla BCE dalla metà del 2014, di cui 15 italiane. Saranno monitorati i livelli di crediti deteriorati e la quantità di titoli di stato in portafoglio e tossici. La decisone è importante ma deludente perché non è stata definita l’asticella vale a dire quanto sia il limite massimo di questi specifici assets consentito. Le banche italiane potrebbero essere avvantaggiate dall’unione bancaria in quanto i criteri di Banca Italia sono sempre stati tra i più restrittivi in Europa con la conseguenza di evitare shock al sistema finanziario anche se hanno contribuito ad un maggiore “credit cruch” in quanto le banche hanno ridotto i loro impieghi per rispettare i parametri del nostro organo di controllo.
La BCE ha dichiarato che la crescita della massa monetaria nell’area euro è diminuita anche a settembre al tasso annuale del +2,1% – il più basso tasso di incremento da gennaio 2012 – molto al di sotto dell’obbiettivo BCE del +4,5%. Guardando ai singoli Paesi il risultato è molto variegato. Mentre il settore corporate francese è molto resistente al “credit crunch”, il totale dei crediti erogati alle aziende crolla del 4,9% in Italia, del 7% in Portogallo e di un allarmante 19,9% in Spagna. Indubbiamente la debolezza nella concessione del credito metterà pressione sulla BCE che potrà decidere di allentare ulteriormente la politica monetaria. Ma ciò non sarà sufficiente.
Temo infatti che un ulteriore taglio dei tassi, da alcuni previsto nella prossima riunione del 7 novembre, confermi una addizionale debolezza nella crescita europea e nelle aspettative di inflazione.
Quello che invece rilevo è che il flusso di credito rimane negativo che conferma che il forte recupero negli investimenti che molti si aspettano non si verificherà, almeno nei prossimi sei/nove mesi.
SINTESI
Il grafico sottostante riporta la progressione del debito pubblico statunitense dalla presidenza Kennedy a quella di Obama ed i relativi tassi percentuali di crescita. Più che la colonna di destra che evidenzia il debito pro-capite per ogni cittadino che oggi ha raggiunto i 54k dollari vorrei invece sottolineare che quando Kennedy venne assassinato il debito aveva da poco superato il mezzo trilione (600mld) di dollari mentre ora è stato sfondato il muro dei 17 trilioni con una progressione di circa 30 volte. Anche il Pil è cresciuto e si è mantenuto per anni numericamente al di sopra del debito fino a superarlo negli ultimi due anni (108%). Nel ventennio compreso tra la presidenze Kennedy e Carter il debito pro-capite, tolta l’inflazione, è addirittura diminuito. Dalla presidenza Reagan è partita la bolla creditizia che non si è mai fermata creando negli anni altre bolle gigantesche sui mercati finanziari, immobiliari, delle materie prime nelle principali economie sia sviluppate che emergenti. Quando Obama divenne presidente degli Stati Uniti il debito pubblico era pari a 9,5 trilioni ed al 55% del Pil. In 5 anni è praticamente raddoppiato come in Italia in 20 anni (dal 1990 al 2012 da uno a due trilioni di euro) mentre in Spagna è triplicato in 7 anni (dal 2007 al 2014 il debito passerà da 340mld ad un trilione..!!)
Gli eccessi sono evidenti. Anche questa volta i mercati stanno ripercorrendo gli stessi errori fatti in passato e la deflagrazione potrebbe essere molto rumorosa.
In caso di nuovo shock finanziario siamo però a corto di munizioni. La politica monetaria ordinaria ha le armi spuntate essendo ormai I tassi a breve a zero o prossimi a quel livello in quasi tutti i Paesi mondiali mentre quella non convenzionale, il QE o gli ormoni della FED, ha dimostrato la sua inefficacia nel rilanciare la crescita economica ed è ormai diventata indispensabile per evitare il collasso finanziario prima ed economico di conseguenza.
Stampare denaro e monetizzare (comprare) il debito per spostare in avanti il problema è l’unica strategia ormai utilizzata dalle banche centrali per guadagnare ancora tempo. Ma il tempo non lavora a nostro favore (link…) se ogni giorno creiamo nuovo debito. Persino gli spendaccioni americani hanno iniziato a preoccuparsi da almeno un biennio del lievitare esponenziale del loro debito e cercano di correre ai ripari.
Proseguendo con questo ritmo non ci sarà possibilità di evitare una nuova crisi finanziaria anche peggiore della precedente per lo scoppio della bolla creditizia. Il dubbio rimane solo sulla tempistica della nuova depressione che sarà imminente se i livelli di credito saranno velocemente ridotti o futura ma forse ancora più devastante se le banche centrali proseguiranno a curare il malato agonizzante in astinenza di credito con la stessa medicina: altro credito al quale è ormai “addicted” (assuefatto). E’ evidente che tanto più la bolla si gonfia e tanto più lo scoppio sarà doloroso.
La FED ha manipolato la realtà mantenendo I tassi di interesse ad un livello artificiosamente basso per un periodo troppo lungo con risultati molto modesti ed effetti collaterali nefasti dei quali è ben consapevole ma non sa come uscire da questa trappola della liquidità come accademicamente viene definita questa politica monetaria nella quale quantità di denaro (money supply) vengono immesse nel circuito economico ma non producono gli effetti sperati sulla crescita che segna il passo.
Quando le fondamenta dell’economia vengono così manipolate non ha più importanza quanto denaro viene pompato nel sistema finanziario dalle banche centrali che sperano di creare un temporaneo ed illusorio effetto ricchezza nel breve periodo aumentando il valore di immobili, obbligazioni ed azioni.
Queste manovre estemporanee e disperate confermano che ci sono molti scheletri negli armadi delle banche e dei conti pubblici che ci vengono tenuti nascosti.
La conseguenza è che le economie peggioreranno ancora nel medio termine e che la creazione di nuovo denaro continuerà forse all’infinito ed i mercati tenteranno di continuare a ballare anche con la musica già spenta.
Come disse John Maynard Keynes: “The market can stay irrational a lot longer than you can stay solvent.”