La Federal Reserve, quando fu creata nel 1913, scelse il nome “Federal” perchè volle che la banca fosse allineata alle politiche governative (Federal Government), mentre la parola “reserve” fu aggiunta per comunicare che l’Istituto avrebbe avuto risorse sufficienti per sostenere il sistema bancario e finanziario e che la Banca Centrale sarebbe stata un baluardo fondamentale nel prevenire ogni crisi economica.
Così non fu e bastarono pochi anni per confermarlo, con la più famosa crisi economica del mondo che si abbattè sull’economia americana: la Grande Depressione del 1929.
Oggi potremmo dire che la Fed persiste nella sua politica di “marketing”, quasi quotidianamente. Il “chairman” attraversa infatti il Paese ogni mese, tra audizioni al Congresso sullo stato di salute dell’economia, conferenze e commenti sui dati macroeconomici, che noiosamente e ripetutamente scandiscono la vita economica del Paese, praticamente tutti i giorni. In aggiunta, ed inframezzati a questi impegni istituzionali, ci sono poi i singoli membri del Board che commentano i dati e azzardano previsioni sui futuri scenari economici, spesso anche in contrasto tra loro ed anche con le decisioni della stessa Banca Centrale. In sintesi è praticamente impossibile passare una giornata sui mercati finanziari senza un commento della Fed o di un suo membro:una vera indigestione di informazioni inutili ed ormai sempre più manipolate. Il ruolo della banca centrale americana è diventato sempre più invasivo nelle scelte di politica economica negli ultimi trent’anni, ma è divenuta invece predominante, per non dire assoluta protagonista, dopo la crisi del 2008. Da allora, il governo centrale è stato completamente esautorato e “commissariato” dalla Fed, che ha iniziato l’applicazione di politiche monetarie ultra espansive, ultimo ed unico baluardo per sperare in una ripresa economica duratura, rivelatasi una pura chimera.
Non diversamente è accaduto in Europa, dove i Governi degli Stati, sia periferici che centrali, sono stati prima obbligati “obtorto collo” ad una cura dimagrante eccessiva e controproducente (austerità)ed ora affidano la solvibilità dei loro Stati e del loro sistema finanziario (banche) all’intervento della BCE, la Banca Centrale Europea.
Le banche sono poi il veicolo delle banche centrali, attraverso le quali far circolare il nuovo denaro (money printed), creato per cercare di disincagliare le economie mondiali dal fango nelle quali sono sprofondate. Gli istituti di credito sono sempre stati considerati il vero pilastro del capitalismo moderno, ma negli ultimi anni hanno dimostrato l’incapacità di assistere adeguatamente gli investimenti di imprese e privati. Hanno infatti privilegiato guadagni facili con operazioni finanziarie altamente speculative, che sono poi tragicamente finite con perdite devastanti per il sistema bancario e, di conseguenza, per le economie mondiali che hanno deciso di evitarne il collasso, lasciando invece morire l’economia reale, (industriale e manifatturiera).
Il capitalismo, anche nella sua accezione più pura, significa prendersi dei rischi per ottenere un risultato. Qualche volta il tentativo funziona, mentre altre volte fallisce.
Ma la Fed non crede in questo paradigma. Per la Fed questa regola non funziona per le grandi banche americane, che non possono fallire. Ci dicono così perché sono troppo importanti per la stabilià economica del Paese e quindi del mondo, ormai globalizzato.
Ma questa è una grossa bugia. In questo modo la banca centrale statunitense ha alimentato il solco della diseguaglianza sociale, già scavato agi inizi degli anni ’80 con la creazione della bolla creditizia. Negli ultimi sei anni, dall’evidente fallimento, le prime sei banche a “stelle e strisce” hanno registrato profitti mostruosi ed hanno arricchito i conti correnti dei soliti noti, grazie al denaro del salvataggio federale, quindi anche con i soldi del contribuente.
L’osannato “quantitative easing”, che i disperati governi degli Stati periferici, vorrebbero imporre anche alla BCE, negli Stati Uniti, invece, non ha creato posti di lavoro (o solo part-time e a basso reddito) e non ha migliorato le condizioni economiche del cittadino medio, che non ha azioni in Borsa e vive, – il 50% della popolazione .,con $20.000 dollari di salario medio annuo. Dopo tutto, qualora il QE fosse stata realmente la formula magica, la Fed non avrebbe dovuto lanciare anche QE2 e QE3.
E’ quindi evidente che il quantitative easing fosse stato pianificato per riempire di dollari le grandi banche del Paese. La Fed ha speso oltre $3 trilioni di dollari in questa operazione, una cifra enorme ed irragionevole, a conferma che questa manovra monetaria non c’entra nulla con il benessere dell’economia americana.
Qualcuno potrebbe anche credere che, riguardo al miglioramento della crescita economica, la Fed sia stata in passato la salvezza del Paese e l’ultimo salvagente al quale attaccarsi, quando la nave affondava. All’opposto, invece, si è rivelata un disastro nel prevedere, e perlomeno attenuarne, l’impatto delle crisi nell’ultimo ventennio: dalla “dot.com bubble” del 2000, alla bolla immobiliare del 2006-2008, a quella creditizia del 2008, alla crisi del debito europeo, solo per citare alcuni dei più grandi fallimenti della prima banca centrale al mondo nel gestire le crisi.
In sintesi, quello che ha fatto e sta facendo la Fed è quello di tenere in piedi un sistema finanziario, già in bancarotta, allungandone l’agonia. Creando nuove bolle finanziarie si distrae l’attenzione pubblica dal protrarsi eccessivo della ancora irrisolta ultima crisi economica, creando solo false illusioni di stabilità finanziaria.
L’Europa, dopo molte resistenze, sta purtroppo seguendo lo stesso percorso, ma il malato è ancora più grave e la medicina (QE) non avrà alcun effetto positivo, neanche nel breve periodo.